Per Roberto Cingolani, ministro della transizione ecologica, “non esiste una motivazione tecnica per cui questi carburanti siano così costosi” e “siamo in presenza di una colossale truffa”. Al riguardo è stata aperta anche (almeno) un’indagine. Ma arriverà a qualcosa? E chi specula? E come nasce e come si muove il prezzo della benzina e del gasolio? Mentre il Governo ha finalmente deciso un taglio temporaneo delle accise (le imposte che assieme all’Iva costituiscono più della metà del prezzo alla pompa), abbiamo chiesto tutto questo e altro a uno che da anni e anni si occupa in prima linea di queste faccende, il segretario nazionale della Fegica (Federazione Italiana Gestori Carburanti e Affini), Alessandro Zavalloni.
Partiamo da una domanda che molti si pongono: che rapporto c’è tra le quotazioni del petrolio e i movimenti del prezzo del carburante alla pompa?
Il punto fondamentale che andrebbe chiarito, a differenza di quello che viene comunemente riferito anche dalla grande comunicazione, è che il rapporto tra prezzo alla pompa e le quotazioni del cosiddetto greggio (il Brent, il petrolio per intendersi) non è così diretto. Il punto di riferimento che più si avvicina alle dinamiche del prezzo alla pompa è il Platts, una quotazione internazionale. Il Platts è stato messo sotto accusa ripetutamente, una decina di anni fa soprattutto, persino dal G20. Al Parlamento europeo ci fu persino una censura rispetto a questa quotazione, perché non si tratta di un indice di Borsa né di un dato di un ente pubblico. Si tratta sostanzialmente di un’elaborazione da parte di una rivista edita a Londra, dal gruppo McGraw Hill, pubblicata quotidianamente sulla base di informazioni acquisite direttamente sul mercato. Quindi si tratta di una quotazione dei cosiddetti prodotti finiti, già raffinati. Il Platts è il punto di riferimento assunto internazionalmente e senza discussione dagli operatori. Gli scambi vengono fatti sulla base di quella quotazione, alla quale fanno riferimento per esempio anche il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero della transizione ecologica. Facciamo tutti riferimento a quello, anche se è una quotazione del tutto virtuale.
E oltre al Platts? Cosa determina il prezzo?
Le componenti del prezzo sono il costo internazionale del prodotto (che è appunto la quotazione Platts), il margine industriale lordo (il margine delle compagnie petrolifere passando dalla logistica fino alla distribuzione finale alla pompa) e le accise. Sul totale di questo poi viene applicata l’Iva al 22%.
Ma i tempi di reazione nel cambio del prezzo? Il prodotto non verrà acquistato tutto il giorno stesso, o sì?
Bisogna distinguere tra il fornitore (una compagnia petrolifera o un broker, c’è di tutto in giro) e il distributore. Chi è prima nella filiera è probabile che abbia acquistato a prezzi del tutto differenti. Il Platts non è affatto detto che sia il valore a cui ha acquistato, anche se tutti vi fanno riferimento per convenzione. È giusto farsi la domanda, ma come si fa a scoprirlo? Nemmeno la guardia di finanza potrebbe entrare e dire cosa? Sono le regole del commercio. Non ci sono regole che impediscano di vendere a un determinato prezzo (anche se noi di recente per questa fase avevamo proposto i prezzi amministrati, venendo spernacchiati). C’è un cartello? Va dimostrato tramite prove, e non è facile, anzi, considerando che si tratta di un indice internazionale e che nemmeno l’Antitrust europea nel 2013 non è riuscita ad arrivare a nulla.
La credenza diffusa è che i prezzi alla pompa salgano immediatamente quando sale il petrolio, mentre invece siano molto più restii a scendere in caso di inversione di tendenza…
Potrebbe pure essere che discenda più lentamente, ma la difficoltà è scoprire se è davvero così, fino a che punto è vero e, anche se fosse, che si fa? Non c’è una norma che lo impedisce, non c’è un prezzo sorvegliato o regolamentato. C’è un prezzo libero che viene fatto sul mercato. Si può polemizzare ma c’è una grandissima difficoltà ad andare dentro il meccanismo. Un conto però sono le grandi compagnie petrolifere e i broker, altro conto sono i distributori. Il distributore per speculare dovrebbe avere molte cisterne (che di solito invece non sono di sua proprietà), e questo può essere eventualmente in autostrada (dove di norma ci sono più cisterne), e soprattutto deve avere i soldi per poter comprare il prodotto: i benzinai comprano al 65-70% con assegno circolare alla consegna, pagano il prodotto quando glielo scaricano e devono avere denaro sufficiente. In tempo di pace diecimila litri costano circa 15.000 euro al benzinaio, che quindi cerca di vendere il prodotto giorno per giorno e non avere giacenza, perché serve avere liquidità. Quindi per la speculazione c’è un grandissimo spazio a livello internazionale (anche se le indagini europee per esempio non hanno sortito particolari effetti), a livello nazionale è possibile che qualcosa scappi (ma stiamo parlando di qualcosa di infinitesimale), mentre al distributore è praticamente nulla. È molto complicato riuscire a orientarsi e dare colpe, e una volta date colpe far rispondere qualcuno. C’è un meccanismo che è fuori controllo, sia delle norme che degli organi ispettivi. E il fatto che gli organi ispettivi quando si scatena la polemica mediatica finiscano sul distributore la dice lunga. Se finiscono sul distributore, e loro lo sanno, il risultato è un nulla di fatto. È evidente che si fa perché non c’è un’altra maniera e non si sa dove mettere le mani. Fintanto che tutto procede più o meno bene, col gasolio a 1,49 e la benzina a 1,61 va be’, mentre quando poi la situazione va fuori controllo (ed era già fuori controllo prima della guerra, con il Platts che in sei mesi è aumentato praticamente di mezzo euro al litro, sostanzialmente la differenza riscontrata anche alla pompa, per quanto ci sarebbe da fare delle considerazioni sulla velocità con cui ciò avviene) partono i controlli della finanza agli impianti. Ma poi che succede? Nulla. Perché non si possono mandare i bersaglieri in Bahrain. Non è una cosa semplice e il colpevole non si trova.
Anche il ministro che urla alle speculazioni ma senza dire da parte di chi, dunque…
Per questo non lo specifica, perché non sa da che parte prendere la cosa, che è fuori controllo, letteralmente fuori controllo, ma non solo per l’Italia. Poi all’interno, a caduta, chi può “zazza”, a tutti i livelli, ma il punto è vero è che è l’apice a non essere sotto controllo, in alcuna maniera. Manco il G20 è riuscito a mettere la mani su una cosa del genere. È un problema serio e alla fine che potrebbe o dovrebbe metterci le mani non ce le mette, perché non sa dove metterle. Ed è un peccato che poi un ministro della Repubblica faccia delle dichiarazioni così generiche parlando di truffa, dando l’idea di non sapere di cosa stia parlando e non pesando l’effetto che provoca. E poi abbiamo la notizia della Procura che apre un’inchiesta, ma non avremo mai la notizia della chiusura. Il rischio è che appaia solo una cosa per mettersi in mostra e farsi notare. C’è dell’opacità. Ma il fatto è che la questione non è nazionale, è sovranazionale.
E la concorrenza?
Il margine industriale è del 10% (in tempo di pace, ora anche meno). Farsi concorrenza a colpi di euro quando il margine industriale lordo Iva compresa dell’intera filiera è di 15 centesimi è difficile. Senza Iva siamo a 12 centesimi lordi, con cui ci devi pagare da quando il prodotto esce dalla raffineria fino al distributore finale (logistica primaria, secondaria, trasporto, deposito…). Il gestore benzinaio prende 3 centesimi al litro, vuol dire che tutto il resto della filiera si divide 9 centesimi. Se c’è qualcuno che riesce a fare 10 centesimi in meno vuol dire che c’è un problema, tant’è vero che in Italia il 30% del prodotto è clandestino (secondo le stime fatte dal procuratore capo di Trento che lo ha dichiarato in audizione alla commissione parlamentare), quindi senza che si paghi né l’Iva né l’accisa. Spesso arriva dalla Slovenia. In passato arrivavano persino navi cisterna dell’Isis. C’è una grande fetta di illegalità in questo settore in Italia: quando uno vede prezzi particolarmente bassi deve interrogarsi sul fatto di star finanziando la criminalità più o meno organizzata. Anche in questo caso agire non è semplice. E anche l’idea del cartello… può essere, ma comunque non sposterebbe, perché il corpaccione della speculazione è altrove, ed è talmente fuori dalla portata che agire su queste cose è un problema. Ecco perché quando non fa notizia la politica non si occupa di questo settore e la criminalità organizzata fiorisce. Quando poi fa notizia la politica è costretta a fare dichiarazioni generiche. E la gente sente e cosa fa? Con chi se la deve prendere? Se la prende col benzinaio. Perché alla pompa non c’è né l’amministratore della compagnia petrolifera né il direttore del Platts.
E il benzinaio non ha colpe?
Secondo gli accordi collettivi il benzinaio ha un guadagno medio di 3,5 centesimi al litro, sia che la benzina sia a 1 euro sia che sia a 10. Non è un discorso percentuale, quindi più si alza il prezzo del carburante più è un danno per il benzinaio: un danno economico perché si vende di meno e un danno finanziario perché per acquistare il prodotto bisogna esporsi maggiormente. In sei mesi il prezzo è aumentato di mezzo euro, quindi del 25%. Il benzinaio acquista allo stesso prezzo dell’automobilista, tolti i 3,5 centesimi che sono il suo margine. E quando deve andare in banca a fare l’assegno circolare la differenza si vede subito. E la si vede anche nella faccia del direttore di banca.
Quindi in realtà, per quanto non sia molto percepito, utenti della strada e benzinai sono dalla stessa parte della barricata?
Assolutamente. È nell’interesse del benzinaio che i prezzi rimangano contenuti. Ma su questo praticamente il benzinaio non ha voce in capitolo.
Che dire del taglio temporaneo delle accise?
Lo avevamo proposto già un mese e mezzo fa. E due mesi fa avevamo proposto di tornare ai prezzi amministrati come previsto da una norma del 1994 che parla proprio di speculazioni, visto che già allora c’erano molti indizi che la situazione rischiasse di finire fuori controllo e la guerra è solo l’ultimo elemento scatenante. Ci hanno spernacchiato perché siamo benzinai, che ne sappiamo poi. Quindi abbiamo chiesto l’applicazione di una norma che non conosceva nessuno e che avevamo contribuito a formare nella legge del dicembre 2007 con l’allora ministro Bersani. Il meccanismo è: se il prezzo internazionale del prodotto aumenta, e quindi c’è un maggior gettito di Iva (che è sempre percentuale) non previsto, quello stesso gettito può essere utilizzato per tagliare l’accisa, che diventa così anticiclica. Ora viene fuori che pure i benzinai possono azzeccarci.
Non è un'altra cosa che può favorire le speculazioni? Se si sa che il Governo abbassa di qualche centesimo…
È bene che il cittadino presti sempre attenzione e vigili. Il rischio che qualcuno se ne approfitti c’è, che sapendo che il Governo taglia non abbassi il prezzo, ma bisogna pure far qualcosa. Bisogna fare le cose bene e poi rendere la vita difficile a chi le fa male.