La notizia era di quelle pesanti. E infatti, adesso, è diventato il caso del giorno: un carabiniere e un politico di Mazara del Vallo arrestati, Fabrizio Corona indagato per tentata ricettazione. Il tutto perché il carabiniere aveva sottratto dei file sull'arresto di Matteo Messina Denaro dai computer dei colleghi di Castelvetrano, li ha passati al politico che ha cercato di venderli a Corona il quale ha coinvolto un giornalista. Che sono io. Che poi, una volta recuperato il materiale, e in accordo con l'avvocato di Fabrizio Corona (dettaglio su cui tornerò dopo) e sotto consiglio di un collega esperto di giudiziaria, decido di portare in questura. I giornali oggi ricostruiscono la vicenda, con imprecisioni varie, ecco quindi tutto i retroscena. Ecco come è andata questa storia molto molto strana.
Parto dall'inizio. Poco dopo la chiusura anticipata del programma Non è l'Arena, il 2 maggio 2023, un consigliere comunale, Giorgio Randazzo, di Mazara del Vallo contatta Fabrizio Corona definendosi "orfano di Giletti" e che era in possesso di file importantissimi, mai usciti prima. Parla di un'agenda, l'agenda di Matteo Messina Denaro, e di altri documenti esclusivi. Corona chiama me e me ne parla: "Ho uno scoop pazzesco". Piccola parentesi: io e Fabrizio siamo amici da tempo, ho già scritto diversi articoli al riguardo, l'ultimo raccontando i retroscena sulla vicenda delle chat proprio del boss mafioso con una donna che condivideva con lui le cure di chemioterapia all'ospedale di Palermo e che credeva che Messina Denaro fosse Andrea Bonafede. Queste chat le abbiamo pubblicate su MOW e, in contemporanea, sono finite anche nel programma di Giletti. E sempre per le indagini relative a queste chat, quel 2 maggio, Fabrizio Corona aveva il telefono sotto controllo. Al cellulare mi parla di uno "scoop pazzesco". Io, di conseguenza, ne voglio capire di più. Il giorno successivo, da casa di Corona, chiamiamo il politico che ci descrive meglio il contenuto del materiale di cui è entrato in possesso: c'è l'agenda di Matteo Messina Denaro, ci sono nomi mai usciti prima delle amanti del boss, ci sono informative su altri covi dove si nascondeva. Una mole di file impressionante. Chiusa la telefonata col politico ci diciamo che sia il caso di capirci di più, di vedere questi documenti. Ma dal minuto zero ci rendiamo conto che la questione è seria e rischiosa, anche perché Randazzo ci dice che i file arrivano da "amici del Ros" e che "volevano un contributo per la notizia". Decidiamo allora di fare un appuntamento con Randazzo. Inzialmente dovevamo scendere noi a Trapani ma per accelerare i tempi lo facciamo a Milano. Il politico quindi prende un volo e ci raggiunge. Per organizzare il tutto Corona lo sente altre volte, a un paio di queste telefonate partecipo anche io. Nel frattempo capiamo che al di là dei contenuti del materiale c'è anche un'altra notizia: il tentativo di vendita del materiale stesso. Perché questo materiale era sicuramente coperto da segreto e il fatto che fosse un politico della zona a volerlo fare uscire e a trattare la parte economica era davvero strano. Così decidiamo di filmare l'incontro con una telecamera nascosta e di trovare un modo per copiare i file che ci avrebbe fatto vedere in modo tale poi da poterli visionare e controllare meglio.
L'appuntamento
All'appuntamento, che facciamo negli uffici di Atena, la società di Corona, partecipiamo io, Corona e un giornalista di MOW, Cosimo Curatola, che installa nel pc dove avremmo visionato il materiale un software per copiare l'hard disk contenente i file in questione. Cosimo indossa anche una telecamera nascosta per riprendere il tutto. Randazzo è puntuale. È agitato. Dice che ritiene giusto far uscire questo materiale e che questa sarebbe la motivazione per cui fa da intermediario. Conferma che dietro ci sono "amici" che hanno accesso a questi documenti. Poi cominciamo a vedere questi benedetti file. Sono una valanga, impossibili visionarli tutti. Tra documenti di estrema importanza relativa a Matteo Messina Denaro, ce ne sono altri di attività ordinaria, piccoli arresti, piccole denunce. E poi ce n'è uno che attesterebbe che i veri covi di Matteo Messina Denaro sono stati perquisiti in ritardo rispetto alle perquisizioni andate in scena durante l'arresto del mafioso, anche questo, quindi, apparentemente esplosivo. Poi ci dedichiamo all'agenda. Nei file l'agenda è scannerizzata pagina per pagina. Dentro ci sono appunti, nomi e numeri di telefono di aziende, hotel e di persone. Alcune di queste di caratura notevole: la cosiddetta borghesia siciliana che avrebbe coperto la latitanza di Messina Denaro. L'agenda, oltretutto, è rossa. Dello stesso colore di quella di Borsellino, mai più ritrovata dopo l'attentato di cui ieri è ricorso il trentunesimo anniversario. Randazzo ci racconta che il carabiniere che ha trovato l'agenda, in uno dei covi di Matteo Messina Denaro, tremava mentre l'apriva, per timore che fosse proprio quella di Borsellino. No, non lo era. A fine appuntamento, che sarà durato tre ore, Corona minimizza subito: questo materiale non ha valore. È troppo delicato. Tuttavia congediamo Randazzo dicendogli che gli faremo sapere a breve. Abbiamo bisogno di tempo per ragionare. Uscendo, accompagno Randazzo alla Stazione Centrale. Voglio conoscerlo meglio, sapere cosa lo muove, mi faccio una mia idea e ci scambiamo i numeri di telefono. Nel frattempo Cosimo Curatola mi invia tutto il materiale, compreso della registrazione della telecamera nascosta e poi lo cancella dal pc dell'agenzia Atena.
Cosa fare?
Dopo questo appuntamento i contatti con Randazzo continuano. Lui è insistente, vuole avere un'offerta ed è preoccupato che Fabrizio Corona non gli risponda più. Io con varie scuse prendo tempo, mi faccio vedere ancora interessato e poi ritratto. Corona se ne chiama fuori, la questione è troppo delicata e lui non è in una condizione per poter rischiare di finire ancora, per l'ennesima volta, nei casini. Intanto, io mi studio il materiale. Tutto. Pagina per pagina. Capisco che la questione della tardiva perquisizione non regge, è fake news. Che l'agenda di Matteo Messina Denaro in realtà non è di Matteo Messina Denaro ma è stata trovata nella perquisizione della casa dove abitava il vero Andrea Bonafede. È, quindi, l'agenda di Andrea Bonafede. In termini giornalistici cambia molto. È chiaro, Andrea Bonafede era alle dipendenze di Messina Denaro, e non aveva il profilo per intercedere con alcuni dei nomi presenti in quella agenda. La mia impressione è che Bonafede e Messina Denaro si muovessero davvero come una persona sola, però, di fatto, spacciarla per agenda di Matteo Messina Denaro avrebbe fatto scalpore, la notizia sarebbe stata ripresa da qualsiasi media, ma sarebbe stata una forzatura. Le altre notizie contenute nei vari file erano interessanti ma non incredibili. Cosa faccio? Mi confronto con alcuni avvocati, tra cui anche l'avvocato Ivano Chiesa, legale di Corona, e poi con un amico esperto di cronaca giudiziaria, il migliore secondo me, Giacomo Amadori de La Verità. Tutti mi confermano che pubblicare questa notizia sarebbe stato un problema e che pagarla mi avrebbe fatto partecipare a un reato. La scelta migliore? Denunciare il tutto. È Amadori che mi mette in contatto con la Procura di Palermo che mi fa contattare dalla Squadra Mobile.
La denuncia e gli arresti
Siamo al 24 maggio. Il 25 io e tre agenti della Mobile di Palermo ci troviamo negli uffici della Polizia di Milano. Consegno il materiale, anche il video della telecamera nascosta. Inoltre, ovviamente, racconto nei dettagli questa situazione. Il giorno dopo ancora viene chiamato anche Amadori. Mi aspetto che venga convocato anche Corona, ma nessuno lo fa. E questa cosa mi stupisce, perché nella mia deposizione chiarisco molto bene la sua posizione: Fabrizio non ha provato a vendermi niente, ha interloquito con Randazzo come ho fatto io per capire meglio fin dove si spingesse e quali fossero le sue reali volontà, ma poi nel momento giusto si è sfilato. Io con Randazzo, invece, ho continuato a parlare, sempre più raramente, fino a non sentirlo più. E poi arriviamo a questa notte: alle tre Corona mi chiama, ci sono una decina di agenti a casa sua, gli sequestrano il cellulare, è indagato per tentata ricettazione. Poi vanno nei suoi uffici. E, da quello che sento, collegato al telefono con lui, capisco che sta collaborando, gli mette a disposizione i materiali che possono servire all'indagine. Poi, alle otto, cominciano a uscire le prime notizie. Scopro chi era il carabiniere in contatto con Randazzo. Che Fabrizio Corona era già intercettato. Leggo l'ordinanza dove è descritta tutta la vicenda e tiro un sospiro di sollievo. Se avessi pubblicato la notizia senza pensare bene a come comportarmi e senza essere ben consigliato avrei rischiato guai peggiori. Senza aver fatto la denuncia probabilmente attraverso le intercettazioni a Fabrizio Corona il mio e il suo ruolo avrebbero avuto delle conseguenze diverse. Immagino che l'indagine nei suoi confronti sia un atto dovuto, per la sua storia e per verificare che tutto sia andato esattamente così, ma, ripeto e lo dico a onor del vero, mai Corona ha provato vendermi del materiale, anzi. Fin dal primio minuto, Corona si è reso conto che l'acquisto del materiale non era possibile. "Non facciamo questa cazzata" ci siamo detti. E non l'abbiamo fatta. Adesso è il caso del giorno, e qui, in questo pezzo, racconto tutto quello che c'è dietro.