Avvisate Elodie che sta iniziando a parlare, uguale uguale, come Harvey Weinstein in accappatoio. Nella oramai celebre intervista a Davide Maggio ha detto che riscoprire la sua parte puttana fa parte di un’operazione di marketing su se stessa (guarda che non è un concetto nuovissimo, si chiamano “marchette” proprio per questo): “Perché molte hanno talento, anche più di me, ma essere puttana aiuta”. Ora, ci mancherebbe, ognuno fa la puttana quanto vuole, lo diciamo soltanto perché non vorremmo che tra una decina di anni magari Elodie si autodenunciasse lanciando, al posto del #metoo il #meme (non in senso di “meme” bensì nel senso di chi si fa le autopromesse da solo se fa un po’ la puttana).
Poi ha spiegato cosa intendeva per “puttana”, altra cosa che non si fa perché è un po’ come spiegare le barzellette. Elodie sostiene che “puttana” sarebbe un termine da strada, che indica una donna sveglia, combattiva, ché lei è cresciuta per la strada e queste cose le sa. Adesso io non sono cresciuto per strada, ma per strada ci ho passato e ci passo parecchio tempo, tanto di quel tempo da sapere, per certo, che se in strada chiami “puttana”, con la “P”, una donna, fosse anche la tua migliore amica, ti sparano, se hanno la pistola in borsetta, se no ti accoltellano, se non hanno neanche il coltello ti strappano tutti i capelli e poi ti prendono a ginocchiate sul naso e a calci sul clitoride, poi ti legano al retro del motorino elettrico e ti trascinano per qualche chilometro, poi si fermano, un altro paio di calci, si chinano verso il tuo volto tumefatto e infine, ma solo infine, ti chiedono: “Cosa hai detto?”.
E questo, forse, solo perché Elodie usa male il traduttore di Google e vorrebbe importare da noi – come se fosse una novità scoperta da lei stessa medesima dopo una attenta riflessione di marketing sulla sua personalità e sulla maniera di esprimere la sua arte – il vecchio e abusatissimo termine “bitch” come lo usano in America (Meredith Brooks scrisse il brano Bitch nel 1997, ma esiste anche una pittura rupestre dell’età della pietra, in Nevada, in cui appare una bitch che caccia una mucca).
Ora, “bitch”, in quel senso, ammiccante affettuoso, in Italia si traduce in molti modi, tranne in uno, “puttana”, appunto, con la “p”. Bitch si traduce in buttane, con la “b”, buttanazze o bbbottanazze (ancora meglio), scavallate, sciamannate, ma ancora “vieni qui bella troio*a mia (pacca sul culo)”, “oggi mi sembri davvero un vaccone”, “evvai, suca... del mio cuore!”, “oggi ti trovo particolarmente...”, “ma quei tacchi di sedici centimetri hanno la funzione vibrante?”, “fagli vedere chi è la vera zocco*a”, “non farti trattare da putta*a, adesso vai lì e fai la rottaincu*o”, etc etc. Ma non “puttana” con la “p”. Insomma, tra l’idea che ha del termine e la sua evoluzione del marketing, io ve lo do un consiglio: se vi invita in camera sua andateci accompagnati.