Negli ultimi tempi non si fa che parlare della possibile pista inglese, a proposito della scomparsa di Emanuela Orlandi, che si avvicina al suo quarantesimo anniversario. Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel 2015 quando Emiliano Fittipaldi, direttore di Domani, entra in possesso di un documento prima conservato presso la Prefettura degli Affari Economici del Vaticano, all’interno di una cassaforte. Il titolo del documento a una prima lettura risulta decisamente spiazzante: "spese per l’allontanamento domiciliare di Emanuela Orlandi". Noi di MOW, curiosi di approfondire il contenuto di questo documento, abbiamo intervistato Fittipaldi, che ha ripercorso insieme a noi lo studio, le ricerche, e le analisi che ha intrapreso dopo la scoperta di queste carte, che lo hanno portato fino a Londra, dove ha tentato di seguire le tracce di Emanuela. Documento immediatamente bollato come falso dal Vaticano nel 2017, anno in cui Fittipaldi ha pubblicato un libro, “Gli impostori, inchiesta sul potere”, in cui racconta i retroscena di una pista, quella londinese, che mai prima di quel momento era stata presa in esame. Anche la stessa famiglia Orlandi inizialmente non la riteneva possibile, ma nell’ultimo periodo qualcosa è cambiato. A raccontarlo lo stesso Pietro, fratello di Emanuela: “Sono entrato in possesso di documenti in cui ci sono riscontri che mi dicono che quanto c’è scritto in quei fogli è vero. Alcune persone, in contatto con personalità della Chiesa Anglicana, mi hanno detto delle cose in relazione alla presenza di Emanuela a Londra. Ci sono delle relazioni tra personaggi di alto livello del Vaticano e le istituzioni inglesi”. Le personalità a cui Pietro fa riferimento altro non sono che l’arcivescovo di Canterbury e l’allora vicario di Roma Ugo Poletti, noto per aver acconsentito alla tumulazione di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, nella Basilica di Sant’Apollinare. Una comunicazione epistolare tra i due, in cui si fa riferimento proprio ad Emanuela. Una coincidenza? Un depistaggio? Tutto da verificare, come l’attendibilità del documento trovato da Fittipaldi, anche se imbattersi in un falso smile è molto difficile. Lui stesso ci ha spiegato il perché.
Come è entrato in possesso di questo documento inedito su Emanuela Orlandi?
Mi trovavo a processo in Vaticano, nel 2015, e a un certo punto un monsignore ha iniziato a parlare di uno strano furto, avvenuto nella Prefettura degli Affari Economici, la mente economica del Vaticano che ora non esiste più. Parlava di alcuni documenti riservati che erano stati trafugati. Quando ho sentito questa notizia, in veste di testimone, ho iniziato a muovermi con le mie fonti interne al Vaticano per tentare di capire di cosa si trattasse. Dopo qualche mese di lavoro sono riuscito ad ottenere queste cinque pagine che riguardavano Emanuela Orlandi.
Cosa raccontano queste cinque pagine?
Innanzi tutto, non si sa ancora se questo documento sia vero o falso, però consideriamo il suo contenuto. Il contenuto è una nota spese, o così si presenta, una lettera firmata dall’allora cardinale Antonetti capo dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica). Elenca una lunga nota spese che il Vaticano ha dovuto sostenere per l’allontanamento domiciliare di Emanuela Orlandi. Questo il titolo della lettera. C’è una specie di sintesi delle fatture, quasi duecento milioni delle vecchie lire, che vanno dal 1983, anno in cui è stata rapita, fino al 1997. Quattordici anni.
Ha cercato o sta ancora cercando le fatture a cui farebbe riferimento il documento?
Le sto ancora cercando. Se questo documento fosse vero sarebbero 197 pagine di allegati, con tutte le fatture. Non le ho trovate, le sto cercando. Ovviamente se il documento è falso non le troverò mai. Ma non è detto che queste fatture esistano ancora, potrebbero essere state distrutte. Queste cinque pagine sintetizzano parte di queste fatture, che riguardano i viaggi, i trasferimenti probabilmente a Londra, alcune rette che sarebbero state pagate dal Vaticano in alcuni istituti femminili di proprietà ancora oggi dei padri scalabriniani.
Si fa riferimento solo ad Emanuela?
Ci sono alcune voci che ipotizzano operazioni di depistaggio, di gestione della stampa fino a trasferimenti di uomini molto vicini a Giovanni Paolo II. Come il medico personale Buzzonetti, che sembra arrivare anche lui a Londra. Tutta questa vicenda delle fonti spese fa immaginare che Emanuela Orlandi possa essere stata nascosta a Londra per molti anni.
Perché proprio a Londra?
Non ne ho la minima idea. Nel senso che la pista londinese è una pista tutta ancora da valutare. Una cosa che mi fa immaginare che tutto questo possa essere un altro gigantesco depistaggio, è che tenere in cattività una ragazza per quattordici anni a Londra senza che nessuno se ne accorga, senza che nessuno dica nulla sembra veramente fantascientifico. Sul perché proprio a Londra non ne conosco il motivo, può darsi che avessero dei contatti per dei posti molto ben protetti. Queste sono soltanto elucubrazioni, ricordiamoci che adesso la verità su Emanuela Orlandi è basata soltanto su delle supposizioni. È importante però che la stampa, i giornalisti, raccontino anche ipotesi come questa. Per contribuire al raggiungimento della verità.
Come mai lasciare una traccia come questa? Per di più conservata in un luogo di non poco conto.
Questo è il motivo per cui molti pensano che sia un falso totale. Altre volte la verità è molto più banale di quanto possa sembrare. Il documento fa ipotizzare la morte di Emanuela e la decisone di riportare il suo corpo in Vaticano. La Corte dei Conti vaticana fa una somma di tutte le spese fatte, in maniera molto burocratica, fredda.
Nella lettera ha riscontrato degli errori?
Sì, e credo siano stati inseriti volutamente, in modo tale che uno possa pensare che si tratti di un falso. Questa è una cosa che viene fatta anche nei servizi di intelligence italiani e non solo. Detto questo potrebbe essere un altro depistaggio. È un documento molto interessante per la sua peculiarità, soprattutto adesso che ci sarebbero, come dice Pietro Orlandi, alcuni riscontri a questo documento che ho scoperto.
Che genere di riscontri?
Sarebbe arrivata a lui una lettera che l’arcivescovo di Canterbury avrebbe inviato a Poletti, l’allora vicario di Roma, diventato famoso per aver dato il nulla osta ai familiari di Enrico De Pedis per tumolarne il corpo nella Basilica di Sant’Apollinare. Una persona che spesso spunta fuori nelle ricostruzioni delle vicende di Orlandi. L’arcivescovo, in questa lettera, vorrebbe parlare con lui della situazione di Emanuela Orlandi. Questa lettera viene inviata a Chalpham road, esattamente l’indirizzo che io ho trovato su questo documento, in cui la ragazza potrebbe essere stata nascosta per molti anni.
In un certo senso quello che emerge dal documento riesce ad intrecciarsi con la storia raccontata da Sabrina Minardi?
Non c’è nessun riferimento alla Banda della Magliana nel documento, però è la tempistica che fa capire che questo rapimento c’è stato e che poi in un secondo momento la ragazza torna nelle mani del Vaticano. Un po’ quello che racconta Sabrina Minardi. Nelle sue prime dichiarazioni, che sono quelle più credibili, lei è un test che spesso si è contraddetta, quindi bisogna sempre prenderla con le pinse. La Minardi racconta che a un certo punto, a poche settimane di distanza dal rapimento, accompagnerà al Gianicolo la Orlandi. La strada delle mille curve fino al Vaticano, dove verrà consegnata a un prete. Una storia che fa scopa con quello che dice il documento, che fa capire chiaramente che la ragazza viene presa, e parla di un trasferimento piuttosto costoso. Fa immaginare che sia stata spostata a Londra.
Com’è stato seguire le possibili tracce di Emanuela fino a Londra?
Complicato, essendo passati quarant’anni quando sono andato a Londra a vedere i luoghi citati da queste carte, a trovare e analizzare i registri. Se questo documento fosse vero, e non una fandonia, io cercavo delle evidenze, di certo non Emanuela Orlandi. Cercavo dei registri per capire, nell’anno in cui Emanuela sarebbe arrivata nell’istituto degli scalabriniani, se ci fosse qualche indizio, nome. Secondo me utilizzava un nome falso. I registri non me li hanno fatti vedere, dicendo che non esistevano più.
Nei documenti si fa riferimento anche ad una visita ginecologica vero?
Sì. Ho parlato con una ginecologa che nel 1993 forse l’ha visitata, sempre se il documento fosse vero, ma ovviamente non ricordava nulla. Negli anni ha registrato tantissime ragazze. La mia speranza, quando ho pubblicato il libro, e anche con il documentario Vatican Girl che prende spunto dal mio libro, era che arrivassero delle reminiscenze di qualcuno che ricordasse qualcosa. Adesso c'è questo documento importante che parla di Chalpham road e di Emanuela Orlandi. È la prima volta che viene fuori una prova in più, bisogna vedere se è una prova valida o se si tratta di un altro depistaggio.
Secondo lei potrebbe esserlo?
Se fosse così vorrebbe dire che c’è qualcuno che si diverte, chissà per quale motivo dopo quarant’anni, a inventarsi storie strane e molto particolari. La pista inglese è una pista interessante, sempre ricordando che potrebbe essere un depistaggio, però finché non si ha la certezza bisogna continuare a indagare.
L’indirizzo di Chalpham road è quello che ha faticato di più a trovare?
Sì, perché c’era scritto Chapman road, e ne esistono tre. Ma non fino al 176, quindi pensavo che fosse una cosa strana. Poi invece battendo fortunosamente su Google ho trovato Chalpham road, e al 176 c’era proprio un istituto femminile dei preti. Anche lì un falso, in genere, se ti vuole portare su una pista sbagliata non ti crea tutti questi problemi. Un falso ti dà delle storie precise, delle responsabilità. Questo invece è un documento complicato, da analizzare. Non dà alcuna motivazione di quello che sarebbe successo. Io ne ho visti tanti di falsi, ma non uno così ben fatto.
Qual è stata la prima cosa che ha pensato dopo averlo letto?
La mia prima impressione è che fosse un documento notevole, che meritava un approfondimento, cosa che ho fatto fino a oggi.
La reazione del Vaticano dopo la pubblicazione del suo libro? E da parte dei colleghi giornalisti?
È stato subito preso come “certamente un falso” dal Vaticano, ma anche da molti colleghi e da una parte della famiglia Orlandi, che mi ha criticato perché pensava che io volessi speculare su Emanuela.
Anche Pietro Orlandi?
No, Pietro no. Lui è stato uno che ha sempre avuto dubbi sulla pista però adesso è quasi certo che la pista sia vera, addirittura mi ha superato a destra. Io continuo a pensare che la verità in questa storia non la conosciamo ancora, possiamo solo lavorare sulle varie piste che alla fine possono essere tutte vere o tutte fallaci. Essere cauti sempre.
Cosa pensa delle dichiarazioni fatte da Marcello Neroni, in cui accusa Wojtyla, nell’audio registrato da Alessandro Ambrosini?
Sono molto controverse, di tutte queste cose non so niente e soprattutto non c’è alcun riscontro. Neroni è in vita, quindi sarebbe interessante che i Promotori di giustizia che hanno aperto l’inchiesta lo interrogassero.
Crede che Alessandro Diddi la chiamerà a testimoniare?
Non lo so, se devo dare una mano la darò. Ovviamente non potrò mai dire a nessuno chi mi ha dato questo documento, sarebbe scorretto da un punto di vista professionale.