È uscito il libro di Federica Pellegrini che si intitola “Oro”, edito dalla Nave di Teseo, in cui racconta, tra le altre cose, la sua battaglia con la bulimia, un disturbo del comportamento alimentare che purtroppo affligge moltissime persone in Italia ed è ancora credenza comune (erroneamente) che colpisca solo le donne, invece, anche se in misura minore, coinvolge anche gli uomini. Si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità: “In Italia, studi pubblicati rilevano una prevalenza dello 0.2-0.8 per cento per l’anoressia e dell’1-5 per cento per la bulimia, in linea con i dati forniti dagli altri Paesi”. La tendenza è in aumento, sia per i modelli che ci vengono proposti e a cui siamo esposti, che per la maggior esposizione che ognuno di noi ha sui social, dove spesso e volentieri si vuole apparire perfetti, dare la miglior versione di sé stessi e si notano maggiormente tutti quelli che vengono considerati da noi difetti, anche se sono normali imperfezioni che dovremmo imparare ad accettare. Il tema della bulimia è molto delicato da affrontare e per questo abbiamo chiesto alla dottoressa Sara Farnetti, esperta dei disturbi del metabolismo e del comportamento alimentare, quale sia il suo approccio nei confronti di questa malattia.
Federica Pellegrini ha dichiarato nel suo libro di aver sofferto di bulimia e che vomitava perché non si riconosceva.
La bulimia è un disturbo del comportamento alimentare che spesso, proprio perché non dà conseguenze visibili, è scambiato solo con una disfunzione correlata al cibo, quando in realtà è una necessità che ha l'individuo in quel momento di compensare. Il mio è un approccio funzionale e quindi devo dire prima di tutto che è una malattia, se la individuiamo come tale può essere risolta, ma se ricadiamo nel sintomo probabilmente non la risolveremo mai. È una malattia come un'altra, come nel caso della gastrite, bisogna capirne l'origine e curarla, non andare solo a risolvere il sintomo. È poi fondamentale non colpevolizzare.
Quali sono le cause?
Il cibo è compenso, come lo è l'alcol, come lo può essere lo sport, come il fumo di sigaretta, lo spinello, ovviamente ce ne sono alcuni peggiori di altri, ma comunque si compensano dei vuoti. Il cibo è la cosa più semplice per controllare uno stato di disagio, ma perché il cibo lo vediamo tutti i giorni, è impossibile escluderlo, è presente a ogni pasto e in ogni dove, per cui è più facile scegliere questo sistema per compensare un disagio. Verosimilmente dietro alla bulimia c'è quasi sempre uno stato di depressione, ma non è che le persone sono incapaci di controllarsi. Quello che dobbiamo far capire è che tutto ha una ragione, ciò che succede ha una spiegazione e le persone hanno bisogno di sapere quali sono le cause che scatenano determinate malattie.
Che cosa succede all’interno dell’organismo di chi soffre di bulimia?
Prima di tutto c'è una mancanza, per esempio di serotonina, c'è sempre un problema di depressione o qualcosa che ci fa stare male. Se io la tratto nel modo corretto, e quindi da un punto di vista psichiatrico, sto andando verso la strada giusta. Perché tutti siamo abituati a sentir dire “vabbè ma quella persona non si sente a posto con sé stessa”, ma no non è così, è proprio un asset di neurotrasmettitori (sostanze contenute all'interno del nostro cervello, ndr), che porta poi all'insorgenza del disturbo. È proprio la scienza che ci dice che alla base c'è una carenza di serotonina o di altri neurotrasmettitori che ti portano ad avere dei disagi. Quindi la mancanza che c'è alla base non è il cibo, ma è il sistema che all'interno del nostro cervello è carente e di cui lo psichiatra si deve occupare. Bisogna distinguere tra quella che è la tristezza o la malinconia che caratterizza un po tutti noi è quella che è veramente una malattia come la depressione, e quest'ultima porta a tutta una serie di sintomi, come può essere il non alzarsi dal letto o lo sfogarsi sul cibo. Ma ci sono tante persone con disturbi del comportamento alimentare che però non necessariamente vomitano. Se parliamo per esempio degli obesi, non sono obese solo le persone metabolicamente compromesse, ma anche tanti che usano il cibo come compenso, come rifugio.
Quando si presenta da lei un obeso o un paziente con questi problemi, come si comporta?
Se si presenta un obeso non puoi invitarlo a mangiare poco, ma prima aiutarlo a diventare consapevole che usa il cibo come compenso o come sfogo quando è nervoso, ma magari in quel caso il disagio col proprio corpo è minore rispetto a persone come la Pellegrini e quindi non vomitano. Quando prendo in carico un paziente, studio anche la genetica che dimostra quasi sempre che una persona con un disturbo del comportamento alimentare ha varianti dei recettori della serotonina e della noradrenalina che sono mutati. Una delle cause della bulimia, che deve far sentire il paziente assolto da qualunque tipo di colpa, è proprio il fatto che ti manca un neurotrasmettitore. Per cui, non riuscendo a compensare questa mancanza si sceglie qualcosa che faccia stare bene, ma a questo problema si deve ovviare con degli psicofarmaci, non voglio dire che la psicologia faccia male, parlare da uno psicologo fa bene a tutti, ma non è quella l’unica soluzione.
Quanto conta l'insulina in tutto questo discorso?
Non ho mai visto un caso di disturbo dell'alimentazione incontrollata, soprattutto nell'accezione bulimica, che alla base non avesse anche l'insulinoresistenza genetica. Questo vuol dire che il paziente sceglie quella modalità, la via del cibo, perché è predisposto, oltre ad avere la serotonina bassa, all'insulina resistenza, che in certi soggetti è molto espressa e quindi per loro è facile avere voglia di mangiare. Se noi togliamo il cibo a un bulimico senza curarlo, possono palesarsi altri disturbi come gli attacchi di panico, quindi il cibo diventa il “farmaco” che usano per trattare quella carenza di serotonina (o altri neurotrasmettitori) per rispondere alla resistenza insulinica che c'è nel paziente, che è quel gioco perverso che si instaura quando io mangio lo zucchero, produco insulina, l'insulina arriva, è troppo alta, non funziona, il glucosio scende e quindi ho fame di nuovo. Sei quindi nel circolo vizioso della fame causata dallo zucchero. Essendo la bulimia un disturbo da alimentazione incontrollata, vengono messi in atto dei meccanismi come il vomito, l'uso dei lassativi, ma ciò che ti induce a mangiare sono proprio questi trigger di cui abbiamo parlato. La bulimia poi è molto subdola perché non la vedi o te ne accorgi solo se il paziente è grasso.
Come bisogna affrontarlo questo disturbo?
Essendo un disturbo ormonale, quindi con tutti i fattori che abbiamo sopra citato, la prima cosa, quella fondamentale, è che il paziente si senta assolto, perché è una malattia per cui sei geneticamente predisposto. Il sollievo e l’aiuto che io do al paziente è quello, intanto, di aiutarlo a gestire la sensazione di fame con la riduzione della produzione insulinica, così lo tiro fuori da quel circolo vizioso in cui il paziente mangia, ha continua voglia di carboidrati e più zuccheri si mangiano più non ci si riesce a fermare. Il circolo vizioso della fame è un trigger. Quando io dico di avere un approccio funzionale, vuol dire approccio causale, non vado a curare il sintomo e basta. Con il professor Rosario Sorrentino lavoriamo insieme su queste problematiche, e sicuramente il mio ruolo non è quello di andargli a controllare il cibo assunto. E una volta che ho fatto uscire il paziente da quel trigger, se dietro non c'è un supporto psichiatrico, non si va da nessuna parte. È importante capire che non diamo farmaci che ti rimbambiscono, ma i farmaci giusti, che vadano a darci quella serotonina mancante. Come non funziona l'insulina non funziona bene neanche la serotonina e quindi bisogna intervenire su tutti e due i fronti. Io non parlo di approccio integrato, ma parlo di approccio ragionato alla bulimia.
Spieghiamo in modo semplice cos'è questa insulino resistenza.
È il deficit di funzione del meccanismo con cui l'insulina (ormone prodotto dal pancreas ogni volta che mangiamo carboidrati) va ad agire sulle cellule, per cui, se non funziona, viene prodotta in eccesso e questo comporta o l'aumento di peso o, in questo caso, l'improvviso aumento del senso di fame. Non funziona quindi il meccanismo per cui l'insulina lavora sulle cellule e il corpo per superare questo ostacolo ne produce di più, il triplo, in risposta ai carboidrati che mangiamo e questo, oltre a farci venire fame, apre il file di tutta una serie di malattie e della sindrome metabolica. Io non voglio riportare tutto per forza al metabolismo, ma noi siamo i nostri ormoni. Quando c'è la combinazione tra depressione e insulinoresistenza è più facile che insorga la bulimia. Per concludere la bulimia è una malattia vera e propria che si instaura sulla base di un terreno favorevole.
Come si possono confortare le persone che si sentono in colpa?
Esattamente in questo modo, spiegando che non è un qualcosa di psicologico, che è come se ti mancasse il ferro perché è il ciclo abbondante, che è un qualcosa che non gestisci con la volontà. Per vivere meglio fa sempre bene esprimere i propri disagi, ma bisogna parlare con qualcuno competente, come uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale, ma se non risolvo tutto il resto sicuramente non ne esco. È come se io chiamassi un architetto per farmi la parte di interior design e non avessi la struttura della casa, cosa voglio arredare senza la casa? Bisogna quindi usare un approccio che preveda non un nutrizionista, ma un internista o una persona esperta di malattie metaboliche, uno psichiatra e uno psicoterapeuta.