A San Siro si è celebrato qualcosa che non accadeva da ben 13 anni, quando su quella panchina era seduto il Josè Mourinho: approdare in finale di Champions League. Per chi non avesse seguito la stagione verrebbe facile definirla top, e invece no. Perché i momenti down dell’Inter sono stati più di quelli up. Reduce da un campionato perso contro il Milan lo scorso anno, i nerazzurri si sono presi la rivincita aggiudicandosi il quarto derby dell’anno, ma soprattutto vincendo l’Euroderby, quello da 12,5 milioni di incasso, quello per cui sono arrivate oltre 500mila richieste di biglietti, quello per cui Piazza Duomo era colma come per la vittoria di uno scudetto. Simone Inzaghi è stato, nel bene e nel male, protagonista assoluto, trovandosi a dover gestire una piazza non facile. Ma il pubblico c’è sempre stato, non ha mai abbandonato gli spalti, ha regalato uno stadio pieno anche nei momenti no, sintomo che, in fondo, ci credeva. Tra i tanti personaggi che hanno affollato le tribune c’era anche Ignazio Moser, interista di seconda generazione, figlio del grande ciclista Francesco Moser, che ci ha spiegato la sua passione sfrenata e come ha vissuto questo momento storico.
Ci racconti la cosa più strana che hai fatto per l'Inter?
Ne ho fatte tante di cose strane. In generale è sempre stata la mia priorità, anche quando ero single ho lasciato tante ragazze al palo per le partite dell’Inter o per momenti interisti. Mi ricordo che nel 2010, quando abbiamo vinto la Champions, il giorno dopo sarei dovuto andare in montagna con la mia fidanzata dell'epoca, solo che non ho risposto al telefono per quattro giorni e lei pensava che fossi morto, ma io in realtà ero a festeggiare la Champions. Adesso non voglio né portare sfiga né che la Chechu (Cecilia Rodriguez, ndr) pensi che non le risponderò per quattro giorni, ma in quel momento io non sapevo come gestirla e quindi passate 24 ore in cui per i festeggiamenti non le rispondevo, ho deciso di non risponderle e poi ci siamo lasciati.
E Cecilia Rodriguez cosa pensa di questa tua passione?
Lei è super tifosa interista per osmosi, perché sa che se non vince l'Inter io poi tengo il muso e ci sto male per qualche giorno. Quindi lei, essendo in questo caso egoista, tifa per l’Inter a morte.
È un po’ come quando tu hai tifato per l'Argentina...
L'ho sempre detto a tutta la famiglia, che io ho tifato l'Argentina prima di tutto e soprattutto per Lautaro Martinez, perché dal primo giorno in cui è arrivato all’Inter io e Marco Cartasegna, mio amico super interista, ci siamo affezionati in modo quasi maniacale al ‘Toro’ e quindi non potevo che tifare per l'Argentina, perché speravo che lui potesse vincere e festeggiare. Come senti sono senza voce per i cori e i festeggiamenti, il suo goal ci ha fatto impazzire.
Se non sbaglio in passato a padel hai battuto Ronaldo il ‘Fenomeno’, com’è stata quell'esperienza e soprattutto come è stato conoscerlo?
Quando eravamo agli ultimi punti della partita, se ti devo dire la verità, quasi volevo dargliela vinta, perché battere Ronaldo, quello che mi ha fatto veramente innamorare dell’Inter, mi faceva troppo effetto. All'inizio ero interista per mio papà e per mio fratello più grande Carlo, che l’altra sera era allo stadio con me. Quindi, diciamo un po’ per partito preso, ma ho un ricordo indelebile di quando mio padre mi ha portato a San Siro e ho visto giocare Ronaldo ed è da lì che ho capito che quello era il calcio Ed è partita la malattia dell’Inter e, forse, ancora di più per Ronaldo. Per cui conoscerlo, giocarci insieme a padel e a malincuore batterlo, è stata un'esperienza che porterò per sempre nel cuore. È una persona veramente incredibile, anche se tante volte si tende a pensar male dei calciatori, ma lui è il calciatore per eccellenza, non c'è nessun altro più forte e che mi abbia regalato più emozioni di lui. Pensa che l'ho invitato a casa, siamo stati insieme da me due giorni e tutt'oggi ci sentiamo su Instagram e ci commentiamo le storie e io a ogni messaggio ho ancora la pelle d'oca. Non so neanche spiegarvi cos'è per me Ronaldo, va oltre a tutto.
Cosa hai provato a vedere Federico di Marco, interista sfegatato, che prende il microfono e intona i cori dopo la partita?
Federico ci ha regalato un momento di interismo incredibile quando ha preso il microfono e pensa che io non me ne ero neanche accorto, perché pensavo fosse lo speaker dell’Inter e mio fratello mi ha fatto notare che invece era Di Marco. Non ci volevo credere, una gioia incredibile.
È più la gioia di aver battuto il Milan o quella di essere arrivati in finale?
Direi un 40% e 60%, nel senso che l'Euroderby ha un sapore particolare, ma in generale io non sono uno che se la prende tanto con l'avversario, anche se stavolta ho messo una storia Instagram tremenda contro i milanisti. Tendo più a gioire per le vittorie nostre che per le sconfitte altrui, quindi sono più contento di essere in finale che di aver battuto il Milan, ma l'aver battuto proprio i cugini in semifinale ha tutto un altro sapore ed è impagabile.
Che voto dai a Simone Inzaghi per questa stagione?
Voglio sempre essere molto sincero, non sono mai stato un grandissimo estimatore di Inzaghi, ma nell'ultimo mese e mezzo non posso che parlarne bene, perché ha ripreso in mano una squadra che sembrava allo sbando, gli ha dato una direzione e adesso abbiamo due finali e speriamo di entrare nella Champions per l'anno prossimo. Quindi alla fine direi che il voto è più che positivo, non posso dargli un voto più alto perché comunque abbiamo perso un campionato a 20 punti dal Napoli, ma un sette e mezzo se lo merita tutto.
Andrai a Istanbul?
Stai scherzando? Certo e te ne accorgerai perché vedrai una carovana di tifosi ignoranti interisti che sicuramente si faranno notare.
Chi è il giocatore che ti senti di ringraziare più di tutti?
Federico di Marco, perché sicuramente è un giocatore talentuoso ma con in più la dedizione e con l'attaccamento alla maglia è diventato un giocatore di grandissimo livello. Io credo che lui rappresenti in assoluto più di tutti L'Inter che è arrivata in finale di Champions, che è riuscita ad andare contro ogni aspettativa, l'emblema di questa evoluzione, di questo sogno che stiamo vivendo, e se all'inizio non tutti credevano in Di Marco, penso che ora si debbano ricredere.