Ormai come la fa la sbaglia. Sono giorni di augelli acidi per l'ex avvocato del popolo Giuseppe Conte. E in questo periodo di congiunture astrali che nettamente pendono verso il quadrante “sfiga cosmica” accadono pure certi lunedì che sono più lunedì di altri.
Come quello datato 7 febbraio, per esempio. Che per il fu primo ministro dei due governi giallo-gialli resterà il più nero di sempre. Iniziato in modo persino positivo, con tanto di intervista da due pagine e richiamo in prima su La Stampa, quotidiano che è mai stato tenero col Movimento 5 Stelle. E in quella lunga chiacchierata col giornale torinese spiccano due elementi, che nel giro di poche ore torneranno addosso come boomerang al professor Conte.
Il titolo di prima pagina: “Conte: non consentirò logoramenti”.
E quella frase d'apertura dell'intervista che subito si trasforma in un cappio bello stretto: “Nel Movimento nessuno deve sentirsi indispensabile, nemmeno io”.
Ecco, appunto. Dato che nessuno-nemmeno-lui deve sentirsi indispensabile per il Movimento, come la mettiamo con la decisione del Tribunale di Napoli che, giunta di lì a poche ore, ha cancellato la sua leadership sul Movimento stesso? La mettiamo che l'autoproclamato Avvocato del Popolo, messo all'angolo, si è scoperto Avvocato di Sé Medesimo. E pur di mantenere la leadership ha sfoggiato un argomento che un po' è avvocatesco ma molto sa di supercazzola, sostenendo che la sua carica al vertice del movimento “è fondata sulla condivisione di valori, è un legame politico prima che giuridico”.
E vabbè che dai tempi di “lo spirito era forte ma la carne era debole” siamo abituati ai distinguo più azzardati, ma come sempre in casi del genere c'è che “il problema è un altro”. Il problema dell’avvocato Giuseppe Conte è che, detto in termini accademici, ha esaurito il culo. Sì, proprio quello, la dotazione apotropaica che, nel mezzo del cammin di vita sua, ha trasformato un ordinarissimo uomo di studi in leader nazionale con proiezione internazionale, capace di non sbagliare un colpo perché pareva fossero i colpi a consegnarsi nelle sue mani anziché essere lui a propiziarli. E ci si guarda bene dal sostenere che avere culo sia una colpa. Ché anzi, se ne potesse fare una dotazione da welfare state ne consiglieremmo un'equa redistribuzione su scala di massa. Il fatto è che non di solo culo può vivere l'uomo. E ahilui il professor Conte non ha tenuto presente questa massima di saggezza popolare.
Quando era l'Avvocato del Popolo
“Non ho mai visto un primo ministro italiano battersi così energicamente per il proprio Paese”. Circolarono parole ammirate nei confronti del professor Conte nei giorni in cui negoziava in sede europea il quantum del recovery fund da destinare all'Italia. Il nostro Paese è stato quello colpito prima e più profondamente dal Covid-19, dunque era giusto che reclamasse la fetta più consistente degli aiuti comunitari. Ma il raggiungimento dell'obiettivo era tutt'altro che pacifico. Perché, pur essendo tutti d'accordo sui principi, era mica scontato che infine l'Italia ottenesse aiuti nella misura adeguata alle pene patite.
E invece il professor Conte, quel Giuseppi che Donald Trump aveva battezzato sulla scena internazionale come un signor Nessun che provava a diventare Qualcuno, l'ha spuntata ottenendo più di quanto si potesse sperare. È stato quello il momento di maggior gloria per l'ex premier, l'uomo che più di chiunque altro ha dato un senso al valore dell'opportunismo nella politica italiana. E non ci si lasci ingannare sul senso e sulla valenza da dare alla parola “opportunismo”. Che non va intesa nel senso meramente speculativo e profittatore che il linguaggio quotidiano le assegna, ma piuttosto nel raffinato senso calcistico.
In quest'ultima accezione, l'opportunista è quell'attaccante che sfrutta al massimo le rare occasioni che gli capitano, facendo sembrare facili le cose difficili grazie alla suprema capacità di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Per fiuto e in virtù di una suprema dose di culo. Nella prima fase della sua parabola politica il professor Conte Giuseppi è stato questo: uno straordinario opportunista. Da Signor Nessuno si è trovato la strada spianata verso il vertice del potere politico grazie a una straordinaria sequenza di circostanze che è stata un rosario di botte di culo. Dapprima la vittoria elettorale dei 5 Stelle, cui lui aveva aderito da poco e che dovendo indicare una classe dirigente di governo (ossimoro assoluto, i termini “5 Stelle” e “classe dirigente di governo”) e un possibile premier non hanno trovato di meglio che un misconosciuto professore di Diritto Privato dell'Università di Firenze in quota Bonafede. Botta di culo n. 1.
Poi è stata l'esperienza del primo governo presieduto, quello giallo-verde, spesa a mediare come un terapista di coppia la guerra per l'egemonia fra i due premier ombra Salvini e Di Maio. Botta di culo n. 2.
E ancora, il governo giallo-rosso, durante il quale è emerso un profilo di leadership un po' meno incerto grazie alla necessità di M5S e Pd di “stare insieme nonostante” per arginare l'onda del salvinismo nel suo massimo vigore. Botta di culo n. 3.
Infine, la tragedia immane del Covid, che lo ha visto in prima linea sul fronte di un'emergenza inedita, ciò che comunque ha forgiato un profilo di leadership. E ci guardiamo dal dire “botta di culo n. 4”, ché in tempi di correttezza politica debordante si finisce arrostiti per molto meno. Dunque fate voi.
In quel momento il professor Conte era all'apice, un leader preterintenzionale che comunque era riuscito a conquistarsi i galloni sul campo e a patto di dimenticare alcune doppiezze (a cominciare da quelle su Salvini, i cui provvedimenti sull'immigrazione da ministro dell'Interno portano tutti la firma di Giuseppi). Ma poi è finito il culo. Così, di colpo. E il problema è che l'ultimo a rendersene conto è proprio lui.
Inopportunista
Come spiegarlo all'uomo che si è trovato disarcionato dalla premiership per gli stessi motivi oscuri che lo avevano traghettato dal vertice del governo giallo-verde al vertice del governo giallo-rosso? Impossibile, poiché in un accesso d'inavvedutezza il leader che credeva di contare su una dote di IC (Illimitato Culo) non vuol capire che l'apotropaica virtù è bella e andata. E che a partire dalla perdita della suprema (unica?) virtù, il profilo da opportunista si è convertito nel suo esatto contrario: l'inopportunista. Cioè colui che, quando ha da fare una scelta, tira fuori dal paniere la più sballata. Una cagata pazzesca via l'altra.
Da quando non è più premier il professor Conte ha piazzato un inopportunismo dietro l'altro, toccando l'apice durante la settimana d'inferno che ha portato all'elezione bis di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Una sequela di mosse sbagliate e cacche pestate, alleanze provate e abortite (persino con l'ex vituperato Salvini), candidature bruciate, e un generale senso di pressappochismo che ancora offende. Fino al momento della cancellazione da leader di partito per mano di un tribunale. Leader per vizio di forma, sanguinoso contrappasso per l'ex Avvocato del Popolo che rischia di rimanere senza popolo. Adesso l'inopportunismo sarebbe insistere. E infatti lo sta facendo, con uno zelo degno di miglior sorte. E di più epici disastri che la mera leadership dei 5 Stelle.