Flavio Briatore parla di body shaming per un caso che lo riguarda. Non proprio direttamente, ma per estensione. L’imprenditore si è arrabbiato dopo aver letto sul Corriere firmato da Fabrizio Roncone un articolo sul Ferragosto al Twiga di Forte dei Marmi, struttura che fa capo proprio a Briatore, oltre che al ministro Daniela Santanché.
“Sorvolo – ha scritto l’ex manager e attuale ambasciatore della Formula 1 al Corsera – sul tono sarcastico e sui contenuti volutamente «montati» e in certi casi assolutamente falsi, relativi alla qualità dei nostri servizi e della nostra struttura, perché francamente non ho nulla di cui scusarmi. […] Vorrei invece fare una considerazione: trovo fuori luogo e incivile che il Corriere abbia fatto «body shaming» verso i clienti del nostro stabilimento, al fine di «colorire» il proprio articolo: «La madre ha un viso da quarantenne montato su un corpo da settantenne»; «Sergio detto Sergione per la pinguetudine incipiente» (pinguedine, nel pezzo, ndr); «la signora anziana della tenda accanto si stende chiedendo però che non le venga sfiorato il viso tirato da una ragnatela di fili sottocutanei»; «un tipo con la pancia gelatinosa legge la Guida Michelin». In America un body shaming del genere, soprattutto da parte di una testata mediatica di tutto rispetto, avrebbe causato una denuncia, con conseguenze gravi su giornalista e testata. Infierire sui clienti di una spiaggia per il loro aspetto fisico – conclude Briatore – non è giornalismo”.
Da parte sua Roncone, che ha scritto tra le altre cose che per entrare si dovevano pagare 600 euro al giorno per tenda (“Con l’incasso relativo a un solo cliente, che per l’intero mese di agosto ammonta a 18.600 euro, il Twiga paga il canone d’affitto che deve allo Stato per la concessione annuale della spiaggia: 17.619 euro. Il resto è un fatturato che oscilla tra gli 8 e i 9 milioni”), ha risposto così: “Gentile Briatore, lasci stare il body shaming, è un tema importante che introduce senza alcun motivo: perché le eventuali vittime – qui non ci sono – devono essere identificate con nome e cognome. Piuttosto, parlando seriamente: ci è costato un botto di soldi, però al Twiga ho trascorso assolutamente ore strepitose tra giraffe, Ferrari e parvenu. Peccato solo per qualche disservizio, ad esempio i bagni: sporchi e con le serrature sfondate. Ma se è ancora a Montecarlo e non ha avuto modo di verificare, le invio volentieri tutte le foto”.