L’attentato a Aleksandr Gel'evič Dugin, da molti considerato l’ideologo di Vladimir Putin, ha ricevuto un’attenzione mediatica moderata e la morte della figlia, presente in macchina al momento dell’esplosione mentre il padre, del tutto casualmente, aveva deciso all’ultimo di non salire, non ha mosso i cuori della stampa occidentale. Abbiamo fatto a Diego Fusaro, autore del recente Odio la resilienza. Contro la mistica della sopportazione (Rizzoli 2022), qualche domanda a proposito, per poi passare alla situazione italiana e alle prossime elezioni.
Ha qualche idea su chi sia l'artefice dell'attentato a Dugin?
Non sappiamo chi sia ma abbiamo varie possibilità di interpretazione. Non mi resta difficile pensare a chi possa essere stato, anche se non abbiamo le prove, visto che in questo caso è un attacco anche al pensiero inviso all’Occidente, non solo alla persone.
La matrice è esterna all’ambiente russo?
Direi proprio di sì.
Conosceva la Darja Dugina?
Non l’ho mai incontrata.
Volevano colpire lui, ma hanno ucciso la figlia.
In verità anche lei sembra sia stata una pensatrice molto esposta.
Che aria si respira in Occidente per chi la pensa come Dugin?
Le reazioni dei giornali e dei media non sono state molto rinfrancanti, se si considera che c’è stata una perdita di ogni umanità per quanto è avvenuto. Alcuni dicono che Dugin se la sia cercata. Abbiamo visti i figli della cultura del piagnisteo che non hanno versato neanche una lacrime. Anzi, alcuni hanno persino giubilato.
La cultura del piagnisteo è anche la cultura della resilienza di cui parla nel suo ultimo libro uscito per Rizzoli, Odio la resilienza?
Certamente. In Occidente le masse sono piegate, subiscono tutto e pensano che vada bene così.
Lei ha paura di un attentato ai suoi danni?
Francamente non ho tessere di partiti e non sono l’ideologo di nessun capo di Stato. Difficilmente credo di poter essere di interesse per qualcuno o qualcosa. Altra cosa è Dugin, che ha preso delle posizioni molto radicale all’interno di una cornice molto particolare come quella della Russia di oggi.
Quale crede sia il rischio più grande che l'Occidente corre non dando retta a gente come lei e Dugin?
Il rischio è di andare a duecento all’ora contro un muro, come sta accadendo.
Che tipo di muro?
Il muro del nichilismo, delle barbarie e del progresso.
Crede che ci siano delle forze, tra le principali in Italia (come Fratelli d’Italia, PD o Lega) che possano davvero cambiare le cose?
Tra quelle che ha citato credo proprio di no. Anzi, il PD e Fratelli d’Italia sono le due più allineate all’ordine dominante. Provo una tenerezza infinita quando sento Giorgia Meloni fare elogi dell’atlantismo e della NATO. Tenerezza perché sono esterno a quella storia, ma se fossi stato un militante del Movimento Sociale Italiano sarei molto adirato per questo tradimento delle idee. Ma non avendone mai fatto parte mi limito alla tenerezza.
Invece ItaliExit ha un potenziale antisistema? Ce lo vedrebbe bene Paragone nel governo?
È l’unica realtà che ce l’ha, soprattutto in questi ultimi tempi. Spero che catalizzi le forze del dissenso e possa riuscire a imporre una linea qual è quella che ha esposto ultimamente, contro il regime terapeutico, contro l’Unione Europea e contro la NATO. Le altre forze che si dichiarano del dissenso e mettono la stella rossa, invece, sono tutte a disperdere il dissenso.
Vorrebbe avere un ruolo se ItalExit vincesse le elezioni?
Guardi, ognuno ha il suo daimon [una coscienza morale, un’inclinazione, ndr]. Il mio è la cultura e la filosofia. Quindi sono ben lieto di parlare a chi vorrà ascoltarmi.
Non si sta impegnando in campagna elettorale con nessuna forza in particolare, quindi.
Come Sartre sono un compagno di strada delle forze che di volta in volta portano avanti un discorso di senso. In questo caso l’unica è Italexit, quindi merita il mio sostegno.
Cosa pensa della sinistra di Calenda-Renzi?
Sinistra? Mi sembra che stiano alla sinistra come Giorgia Meloni sta alla destra. Sono forze neoliberali che si danno una vernice di colore diverso per distinguersi tra loro. Politicamente parlando non è una bella cosa.
E Letta?
Stesso discorso. Parliamo di un partito unico liberale articolato. Ma si alternano senza dare una vera alternativa.
Se sono tutti uguali perché si scontrano tra loro?
Ma sono scontri non ideologici, che riguardano solo la spartizione dei pochi posti nel mondo della politica. È una gara a chi è più atlantista e liberale.
E chi sta vincendo?
Decisamente Fratelli d’Italia.
Vuole fare un pronostico per le elezioni?
Allo stato di cose attuale ci sarà una vittoria a mani basse del centrodestra.
Cosa accadrà?
Nulla di imprevedibile rispetto allo status quo. Sarà garantita la tenuta dell’ordine neoliberale. Salvo qualche sorpresa da parte di Paragone, ovviamente.
Quindi nel caso in cui vincesse la Meloni dovremmo scordarci una possibile alleanza transnazionale con Le Pen e forze europee simili?
Direi proprio che non avverrà niente di simile. Il baricentro è stato spostato sull’atlantismo e su tutto ciò che si dovrebbe combattere.
Come vede l’Europa fra dieci anni?
Sul piano sociale sarà sempre più povera, sul piano politico sarà sempre meno democratica – seguendo la tendenza attuale – e sarà sempre più asservita a Washington. È un pronostico infausto.