Sergio Savaresi, professore al dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, non ha dubbi sul futuro delle auto: “Fra 30 anni non avremo più auto di proprietà. Ci muoveremo su robo-taxi che ci porteranno ovunque. Piccoli, elettrici, sicuri. Nessuno si metterà più in pericolo guidando un veicolo. I nostri nipoti forse nemmeno prenderanno la patente. Avremo più tempo libero, meno inquinamento. Avremo città a misura di pedoni e di biciclette elettriche. E sono felice di fare la mia piccola parte”. Massimo 30 anni e questa sarà la next-big-thing. L’auto a guida completamente autonoma sarà l’innovazione tecnologica che cambierà radicalmente il mondo delle auto. Savaresi è il fondatore di uno dei più grandi ed evoluti gruppi di ricerca sull’automazione dei veicoli al mondo. Un gruppo di lavoro di 100 persone, tra docenti, ingegneri e ricercatori che analizzano dati, programmano intelligenze artificiali, algoritmi, software e sensori che metteranno alla guida di un’auto. Nel gennaio scorso, al CES di Las Vegas ha vinto la Indy Autonomous Challenge, la prima competizione di auto da corsa senza pilota che si guidano da sole. Queste le sue parole: “È un risultato storico per lo sviluppo e il futuro delle macchine a guida autonoma”. Ad aprile, la Nasa gli ha concesso di usare l’ex pista di atterraggio dello shuttle a Cape Canaveral per stabilire un nuovo record assoluto di velocità per auto autonoma. La sua macchina ha raggiunto i 310 km/h: “Non è uno show. Lo facciamo per imparare e per poi trasferire quello che impariamo nel mondo dell’auto di serie”. Il professore è in grado di far ipotizzare il mondo che potrebbe aspettarci da qui a ventanni: “Stiamo lavorando per un mondo più bello, con meno auto in circolazione e parcheggiate sui marciapiedi. E non avverrà grazie all’elettrico. Ciò che cambierà davvero lo scenario in cui vivremo sono due altri fattori. Il primo è il passaggio da una mobilità basata su un’auto di proprietà a una mobilità basata su auto condivise. Si chiama Mobility as a Service. Sarà una sorta di trasporto pubblico. Simile al car sharing che già conosciamo nelle grandi città, ma che ancora non funziona bene, perché costa troppo e la sua diffusione non è così capillare. Questo passaggio sarà favorito e catalizzato dalla tecnologia dell’auto a guida autonoma. Gireremo su robo-taxi che ci verranno a prendere sotto casa e ci porteranno ovunque. Sarà più economico di una corsa in taxi e con rischio di incidenti quasi nullo. L’auto senza guidatore non si distrae, non guida in stato di ebbrezza, non vede solo da una parte come fa l’occhio umano, ha tempi di reazione immediati. Queste macchine non saranno mai ferme nei parcheggi, ma continueranno a muoversi. Eppure in giro ci sarà un decimo delle auto che ci sono oggi”.
E ancora: “Sulle nostre strade oggi girano 40 milioni di auto. Nel 95% dei casi è un utilizzo funzionale: uso l’auto perché mi serve per andare al lavoro o per andare al mare. In tutti questi casi useremo auto guidate da robot. Rimarrà una nicchia di auto emozionali: qualcuno comprerà e noleggerà un’auto per piacere, non solo Ferrari o Lamborghini, ma magari anche una 500 Abarth con cui fare un giro in pista”. Si potrà passare all’auto elettrica, non particolarmente adatta all’uso privato, quando si realizzerà la “mobilità a servizio”. Sono i dati a spiegare il perché: “Ogni giorno in macchina facciamo una media di 50 chilometri. Ma cerchiamo auto con una batteria da 500 km che non useremo mai e che non sappiamo dove caricare. Solo il 20-25% delle auto private si presta veramente per essere elettrica (risultato estrapolato dai dati di UnipolTech). Con l’auto senza pilota si diffonderà il Mobility as a Service e solo a quel punto arriverà l’elettrificazione di massa. Per completare questo ciclo serviranno dai 20 ai 30 anni. In alcuni luoghi questa rivoluzione avverrà prima, in altri dopo. C’è chi spinge per accelerare, chi per frenare. Dietro ci sono interessi enormi, perché c’è chi vince e c’è chi perde”. Secondo Elon Musk l’auto completamente autonoma sarebbe dovuta arrivare nel 2020: “Quest’anno mi ha detto che si sono sbagliati e sono stati troppo ottimisti. A sentire lui, in 2 anni l’avremo. Altri dicono che serviranno 10-15 anni. La verità è che nessuno lo sa”. Questo perché in mezzo ci sono anche aspetti di regolamentazione: alcuni Paesi potrebbero decidere di accelerare e favorire in maniera più spiccia l’adozione di questa tecnologia prendendo qualche rischio. Altri potrebbero rallentare. Ci potrebbe essere un’accettazione più o meno rapida, da parte della popolazione”.