Un uomo sul crinale. Questo è l’intellettuale. Questo è Marcello Veneziani, da sempre. Forse è anche per questo che si rifiutò di prendere il posto di Sangiuliano come ministro della Cultura. Fronteggiare i giornalisti, scendere a compromessi e tradire la ragione, ma poi per cosa? Per dare continuità a qualcosa che era già deludente prima che salisse al potere Lei, insieme a tutte quelle comparse? Veneziani disse no grazie perché sapeva che nulla sarebbe potuto cambiare davvero e l’articolo pubblicato sul suo blog, al centro della polemica, è semplicemente perfetto. E ne avevamo un grande bisogno, perché bello in sì bella vista anco è l’orror. Qui si distingue il militante dall’intellettuale e la reazione del nuovo ministro della Cultura, il dott. Alessandro Giuli, è stata abbastanza scomposta, una di quelle reazioni che ci si aspetterebbe da un uomo dell’establishment. Quell’establishment che la destra di Fratelli d’Italia ha combattuto sin dall’inizio, con grande coerenza, ha sconfitto e ora ne ha semplicemente preso il posto. Mario Giordano dalle colonne de La Verità ha preso le difese di Veneziani e anche di questo avevamo bisogno, perché è tutto molto semplice. Fratelli d’Italia è diventato come il Pd, e il Pd ha raccolto una parte dell’eredità democristiana, in qualche modo, ovvero la custodia dell’egemonia culturale che prima era della Chiesa cattolica, trama costruita in 1700 anni di intrighi di potere nostrano. Veneziani, in qualche modo, pur non scrivendolo esplicitamente, ha sempre auspicato l’abbattimento di quella famosa torre d’avorio in cui se ne stava trincerata la tanto vituperata intelligenzia di sinistra. Ma i nuovi arrivati, come barbari sofisticati, quella torre l’hanno scalata e l’hanno occupata militarmente, hanno denunciato il vassallaggio atlantista e poi hanno semplicemente chinato il capo come la ginestra di Leopardi alla colata di lava. Ma questo è fisiologico, è la torre d’avorio che cambia pelle quando cambia il vento politico, non crolla mai perché non può crollare. La torre d’avorio è l’eterna biblioteca, il monumento dell’umanità che si distingue dal resto del creato e lo domina attraverso la tecnica.
Lo scritto di Veneziani che ha suscitato la scomposta reazione di Giuli durante una presentazione di un report Ales a Montecitorio altro non è che quel disincanto del filosofo conservatore, che come un macigno in fondo a un fiume lascia che il tempo gli scivoli addosso, lascia che il tempo lo levighi, ma fermo rimane perché lui è così, un uomo sul crinale, fatto per restare in equilibrio sul rasoio di Occam. È tutto così semplice e banale, smettiamola di scendere in piazza, costruire barricate, lanciarci molotov, sventolare bandiere. Il potere è sempre lo stesso, antichissimo, a volte concentrato nelle mani di uno solo, a volte scomposto in una composizione cubista, rifratto nei colori del visibile attraverso un qualche prisma ancora a noi sconosciuto, ma sempre della stessa fonte luminosa si parla. Un modo di organizzare la sopravvivenza in modo efficace di un gruppo di gente che si rassomiglia. Il sovranismo è stato solo uno strumento che ora non serve più e va fatta pulizia, come ha ricordato Piantedosi, quando di recente è tornato a parlare dello sgombero della torre di Casapound. La stessa CasaPound e quell’ambiente di Acca Larentia che ha cullato le sorelle Meloni come fossero state delle discendenti di Romolo e Remo e che oggi si sono fatte potenti. Giorgia Meloni è una politica di professione che è riuscita a rimettere l’Italia al centro in mezzo alle sue mille contraddizioni e sa bene che non può guardarsi indietro per molto a lungo ancora. Ma il punto è che in poco più di tre anni è cambiato tutto, sono caduti gli dèi del laicismo di Stato, le casematte di quel potere che ha governato l’Italia molto a lungo. Il lungo regno del Partito Democratico e dei governi tecnici dopo il passionale trascorso politico che lo Stivale ha avuto con Berlusconi. Quel Partito Democratico che, ai tempi al potere e al comando, visto dal basso impressionava e incattiviva il popolo italiano con la sua arroganza e superiorità morale tanto denunciata da chi il potere lo aveva osservato solo con il binocolo, o studiato nei testi di filosofia politica tra i banchi delle università di Scienze politiche. Quell’arroganza che vista da fuori appariva come il male assoluto da combattere e da annientare, a ogni costo, anche con il rischio di prenderne il posto e finire per rassomigliargli in modo inquietante, senza rendersene nemmeno conto, se non specchiandosi negli occhi di chi osserva senza partecipare. Gli occhi di chi sta ai piedi della torre d'avorio e allo stesso modo comprende. L'irredimibile, intellettuale dissidente, Marcello Veneziani.