Ma cosa è diventato Atreju? C’è qualcosa che ci sfugge in tutto questo, perché se da una parte c’è il pratone di Pontida, dall’altro le giacche e le cravatte di Forza Italia e il grigiume della festa dell’Unità, Atreju è un villaggio natalizio dove la politica è sterilizzata, trasformata in un luna Park dove Nordio, La Russa, ma pure Matteo Renzi, Giuseppe Conte e chi più ne ha ne metta (gli ospiti sono più di 400) diventano degli showmen, degli special guest inoffensivi messi lì come delle belle statuine, anzi, dei bei manichini che però danno da scrivere ai giornalisti accanto a personaggi provenienti da altri multiversi, come Carlo Conti, oppure Raoul Bova, in dialogo con Arianna Meloni a proposito della “web reputation”. Mica scemi quelli di Atreju. Hanno creato una sorta di zona economica speciale per attirare gli investimenti temporanei in visibilità degli altri partiti, un luogo aperto di “confronto”. Un festival della destra, popolare e dell’establishment al tempo stesso. Però viene da chiedersi chi è che partecipa ad Atreju oltre agli ospiti che salgono sul palco? Un po’ tutti evidentemente. Un posto per grandi, piccini e per le colonne romane dei grandi ospiti. Dunque, da Calenda a Renzi, da Conte ai leader riformisti dell’assente Schlein, i seguaci di questi politici siederanno tra gli spettatori, sottomessi, in silenzio? Si asterranno dal lanciare pietre sul palco? Ma certo, si confonderanno tra la folla, anestetizzati dall’aria natalizia, per non destare sospetti e si godranno quell’atmosfera di comunità aperta a tutti quelli che si vogliono unire alla causa. I cancelli della libertà sono aperti a tutti, e per chi volesse tesserarsi, si può fare al volo, un marchio a fuoco sulla schiena e ci siamo, ma viene da chiedersi come sia possibile. Non per incredulità, ma per stupore sincero di qualcosa che, ancora una volta, è la vita nelle sue mille forme.
Forse perché Atreju non è soltanto la festa dei giovani di destra, ma un luna-park per famiglie, sistema integrato con bancarelle natalizie, intrattenimenti di ogni tipo, una sorta di “Un Posto al Sole” della comunicazione politica perfetto per spegnere il cervello e smettere di pensare. Addirittura Hoara Borselli “modererà” un dibattito inesistente tra Gianfranco Fini e Rutelli, per “uno sguardo del passato verso il futuro”. Di cosa parleranno esattamente? Rutelli non può parlare più di tanto perché l'attuale sindaco è suo collega di coalizione. Fini altrettanto, perché l'attuale presidente di regione è suo collega. Cosa gliene frega agli italiani di sapere cosa è successo nel consiglio comunale romano trent'anni fa? Rutelli-Fini ad Atreju è un po’ come Rocky 4. Ma forse il senso profondo della kermesse targata Fdi è un altro. Atreju non è solo un’occasione di entusiasmo collettivo, un’ubriacatura pop nazionalista, ma il riflesso, la conseguenza finale di una teoria politica che ha cambiato la storia della democrazia. “La società aperta e i suoi nemici” di Karl Popper, dove il filosofo tedesco prevedeva un nuovo tipo di democrazia, quella neoliberista che l’ottimo Diego Fusaro, ai tempi d’oro, definiva turbo-capitalista. Popper descriveva un certo tipo di globalizzazione dove merci e persone, più o meno la stessa cosa, dovevano circolare liberamente oltre i confini degli stati, ormai inutili, e dove non bisognava assolutamente escludere, ma includere, creare business dove si poteva, aprire i mercati nazionali al commercio internazionale al fine di rendere inutile la guerra.
Bando ai totalitarismi e critica alla repubblica dei filosofi di Platone ecc ecc. Questo disegno filosofico, poi, è stato fatto proprio anche dal suo allievo a Londra, George Soros, il magnate a capo della tanto chiacchierata società filantropica Open Society, quella che stava dietro le varie rivoluzioni colorate in giro per il mondo. Massi tutti vi ricordate di Soros, no? L’acerrimo nemico di Salvini, Orban e compagnia bella. Ora non se ne parla più perché evidentemente non è più influente come una volta, ma chi lo sa, o forse perché il complotto giudaico-massonico è troppo demodé. Bene, Atreju, nel suo piccolo è un esperimento di popperiana memoria applicato non ad uno stato, ma ad un partito politico, Fdi, che si fa casa di tutti, senza confini. Popper parla dei cittadini del mondo, Atreju fa la stessa cosa ma senza spiegazioni palesi, gli basta di invitare personaggi che fino a qualche anno fa sarebbero stati linciati, ma che oggi hanno recepito l’antifona e fanno i simpatici, vedi David Parenzo, Carlo Calenda, Giuseppe Conte (il dittatore dei Green Pass, dei dpcm e del distanziamento sociale). Ma è tutto ormai caduto nell’oblio, ora galleggiamo tra i canali della televisione, dei telegiornali, come cadaveri in pace con tutto il resto. Allora lasciamoci assorbire da questa nuova versione dell’establishment, da questa società aperta ideata da Fdi, dal Natale, dai suoi colori caldi e dal suo gelo così familiare.