Se può essere pensato allora può essere venduto, potremmo dire parafrasando una frase di un grande regista. Figuriamoci se un matrimonio, nel mondo dei social e del regno del “content”, non possa diventare uno show a cui assistere con biglietto venduto a 250 euro. Furono i Ferragnez, oggi sono i Me contro Te. La coppia si sposerà il 5 settembre 2026 all’Arena Santa Giulia, teatro delle partite di hockey su ghiaccio alle Olimpiadi di Milano-Cortina. I prezzi vanno da 48 a 250 euro. Delle conseguenze di un simile allargamento della dimensione del marketing ci sarebbe da discutere. E in questi giorni il dibattito è aperto. La giornalista e scrittrice Francesca Barra si è esposta via social. L’abbiamo chiamata per approfondire la questione.
Francesca Barra, in uno dei suoi post lei parla di un limite del linguaggio che non va superato nella comunicazione, specialmente se i destinatari sono bambini. I Me contro Te quale confine hanno varcato?
Fin dalla locandina è evidente che si tratti di un invito a un matrimonio, che infatti si chiama wedding show. L’illusione sta proprio lì: far credere che esista una reciprocità, elemento fondamentale di ogni relazione sana. Qualcuno ha fatto notare che anche nei matrimoni tradizionali si fanno regali agli sposi, ma in quel caso il dono è scelto liberamente, secondo il proprio gusto e le proprie possibilità, per condividere un momento con persone che si conoscono davvero. Nell’invito dei Me contro Te il rapporto appare chiaramente sbilanciato.
Insomma si fa presto a riconoscere il cortocircuito.
Loro possono fare lo show, ci mancherebbe, ma devono dirlo in maniera chiara, senza prese in giro.
Cosa non l’ha convinta del video che hanno fatto in risposta alle polemiche?
Quel modo, anche un po’ saccente, in cui hanno spiegato che anche loro hanno dei costi da sostenere, come se tutti noi non lo sapessimo. È scontato che ci siano dei costi produttivi. Ma loro stanno vendendo un matrimonio, che non è un prodotto come gli altri.
Difficile cogliere la differenza oggi.
Il matrimonio è un patto, una promessa di amore scambiata fra due persone, è un momento intimo, profondo e per quanto noi possiamo aver sbagliato, fallito, sgretolato le famiglie, nel momento in cui ci sposiamo il presupposto è che sia, almeno nella promessa, per sempre. Non è un momento che puoi condividere con degli estranei, non puoi insegnare questo a un figlio. Ma ripeto, è stato molto brutto il modo in cui si sono giustificati spostando l'attenzione dal matrimonio al problema dei costi di un evento.
E i genitori che poi quei biglietti li acquistano?
Forse sono il punto più importante, perché il genitore è complice di questo inganno, sta insegnando a dei bambini che quello è amore. Quella, invece, è una relazione tra i bambini e dei personaggi che non esistono davvero. Stiamo fingendo che i bambini siano protagonista di un momento che in realtà non li vedono affatto così, se non a livello economico.
Anche lei ha guardato i loro programmi?
Mia figlia li ha seguiti per un po’, ma io e Claudio ci siamo impegnati moltissimo a spiegare che non erano degli amici e che tutto ciò che vedevano in realtà era in vendita. Tutte le esperienze dei Me contro Te non erano vita vissuta, bensì esperienze pagate. All'inizio per mia figlia è stato quasi uno shock, perché quando si rivolgono a te lo fanno come se fossi la persona più importante del mondo. In realtà ciò che interessa è monetizzare attraverso il bambino. Non ne sto facendo una questione morale, ma l'importante è la consapevolezza. Gli intenti devono essere chiari.
Ormai però qualche idea sulle conseguenze negative di certi modelli ce la siamo fatta.
Malgrado i traumi che abbiamo avuto, le inchieste e le lezioni note degli ultimi tempi; gli allarmi degli psichiatri sul fatto che i modelli distorti di riferimento dei bambini e degli adolescenti siano da tenere sotto controllo; malgrado l'ansia performativa; ecco, malgrado tutto questo è ancora complicato evitare certi scivoloni. L'idea che volontariamente porti tuo figlio a vedere un matrimonio di due estranei, pagando tanti soldi, è fortemente diseducativa. Noi genitori dobbiamo tornare a essere credibili. Perché non si utilizzano i soldi del biglietto per far fare loro un'esperienza reale, vera, con qualcuno che magari li conosce, li riconosce e non li sfrutta?
Come mai questa comunicazione continua a funzionare?
Perché i genitori sono stanchi di dire no, perché i figli affaticano. È come con gli smartphone: i figli chiedono, insistono e alla fine i genitori, sfiancati, cedono. Vogliono i social e il genitore cede per sfinimento. È la stessa cosa: il bambino insiste per vedere il matrimonio di Me contro Te perché si sente protagonista, falsamente, di quel momento e il genitore accetterà perché è faticoso dire no. Sono convinta che esistano eventi importanti, privati e personali che non devono per forza diventare spettacolo. Il matrimonio non può essere show.
Dato che il loro programma è stato trasmesso anche dalla Rai viene da pensare che siamo tutti vittima di un grande abbaglio.
Loro sono liberi di fare ciò che vogliono in maniera lecita. Serve però fare attenzione ai messaggi ambigui. Sappiamo quanto i messaggi ingannevoli abbiano fatto male nel rapporto tra influencer e consumatore. Fino a poco tempo fa abbiamo combattuto questa deriva e adesso ce ne siamo scordati? Ci indigniamo nei confronti dell'influencer che ostenta la sua ricchezza e ora diciamo basta, non ci crediamo più e ricaschiamo nella medesima dinamica?
Difficile vederli come un caso isolato: dal matrimonio in diretta di Totti e Ilary ai Ferragnez di esempi ce ne sono.
Però c’è una differenza: gli invitati o i partecipanti in quei casi non hanno pagato. E soprattutto gli sposi non hanno chiesto ai bambini di essere lì a festeggiare, illudendoli di avere una relazione con loro. Quelle cerimonie erano più simili ai tanti matrimoni di principi e principesse: sono favole che vengono condivise, ma senza una richiesta economica alla base.
È lecito pensare i Me contro Te come l’esito, forse distorto, di quel tipo di mentalità?
Ognuno decide come mostrarsi, sono scelte soggettive. Io ho capito una cosa: non siamo obbligati a dire solo la verità, ma quando la tiriamo in ballo non possiamo più mentire. Siamo abituati a dare un messaggio performativo spesso lontano dalla verità, ma è una cosa che dovrebbe farci paura. Invece siamo di nuovo qua.
Su quali cardini deve essere ricostruito il patto di fiducia tra genitori e figli?
I genitori devono tornare a mostrare dei modelli di riferimento reali, credibili e riproducibili. Perché altrimenti il ragazzino penserà che il matrimonio sia quella cosa lì: l'illusione che sposarsi voglia dire performare, fare like, avere successo, monetizzare. I bambini riproducono ciò che vedono, assistendo a uno spettacolo come quello cosa possono sognare? Di sposarsi nello stesso modo. Dobbiamo sempre considerare che ogni effetto sui minori va valutato sul lungo periodo.
Abbiamo visto di recente un caso opposto: quello della famiglia nel bosco. Da una parte la sovraesposizione, dall’altra il ritiro.
Non è che se non ci piace il mondo allora dobbiamo uscirne totalmente. È la più grande sfida di un genitore: non bisogna nascondersi e scappare dal mondo, né tantomeno imporre ai nostri figli un modello calato dall’alto. I nostri figli, come diceva il poeta Gibran, non sono figli nostri. I figli sono persone che crescono e hanno delle esigenze, noi possiamo accompagnarli, consigliarli ma non possiamo imporgli una visione totale della realtà. Quindi quel tipo di isolamento credo sia inadeguato per crescere delle persone felici.
Tornando a Me contro Te?
Un genitore che porta i figli a vedere quel matrimonio, due persone che si scambiano il sì durante uno show con balletti e coreografie, sogna davvero quello per i suoi bambini? Mia figlia poteva guardarli col contagocce, ho sempre cercato di trasmettere la consapevolezza che non erano amici. Tanto è vero che quando ha iniziato a capire che non c'era reciprocità in quella relazione li ha abbandonati.
La legittimità da parte del genitore di diffondere online le immagini dei propri figli è un tema dibattuto. Arriveremo a una regolamentazione anche di questo tipo di comunicazione, da influencer verso i minori?
Ho studiato molto questo argomento, ho scritto anche un articolo di recente dopo aver visto uno spot in cui mamma, papà e bambina sono sulla scala mobile, tutti salutano la piccola, le dicono che è il suo compleanno, le fanno domande sulla sua giornata, le chiedono perché non sia andata a fare sport. La bambina guarda terrorizzata i genitori per dire: come fanno a saperlo? E i genitori si guardano con senso di colpa: siamo stati noi a dare quelle informazioni su di lei. Dopo tutto quello che ho letto e che ho imparato, ho deciso di non mostrare più i miei figli, anche se prima li mostravo in maniera molto discreta. Nel momento in cui condividiamo una foto di un minore, la stiamo donando a chi la userà nel peggiore dei modi. È una cosa che non può più essere ad appannaggio del buon senso dei genitori, ma una legge da approvare all'unanimità. Per chi usa i figli per fini pubblicitari la cosa è persino più grave: lì non c’è neanche il buon proposito, ma un dolo.
Tempi duri per essere genitori.
Cambiare idea, riflettere, condividere, farsi delle domande, avere dei dubbi: è lecito, non siamo perfetti, possiamo sbagliare. Ciò che è grave per i nostri figli è quando molliamo e abdichiamo per stanchezza. Fare il genitore è faticoso, dire di no è faticosissimo, ma mollare ci farà pagare le conseguenze più avanti. Non possiamo dare la responsabilità dei nostri errori a Me contro Te: a un certo punto entriamo in gioco noi.