Dopo aver bloccato più volte il raccordo, ora gli attivisti di Ultima Generazione sono passati all’occupazione degli spazi all’interno dei musei, anche se non escludono un ritorno sulla strada nei prossimi mesi. Gli ambientalisti hanno scelto di partire da uno dei più importanti musei del paese: la Galleria degli Uffizi. Dopo aver pagato regolarmente l'ingresso, nella sala di Botticelli hanno incollato le loro mani alla teca che protegge uno dei suoi quadri più celebri: "La Primavera". Fortunatamente il dipinto non ha subito alcun danno, ma il museo ha sottolineato che si sarebbero potuti creare seri danni: “Se non ci fossero state le speciali protezioni decise per i capolavori principali del museo alcuni anni fa dalla direzione, oggi avremmo avuto un danno importante all’opera, come accaduto recentemente in altri musei”. I tre attivisti sono stati poi allontanati dai carabinieri, denunciati per interruzione di pubblico servizio, resistenza a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata e deturpamento o imbrattamento di cose e, infine, rimpatriati con foglio di via obbligatorio dal Comune di Firenze nei propri comuni di residenza, dove dovranno presentarsi entro due giorni. Il loro obbiettivo è quello di operare un disturbo pacifico dell’opinione pubblica, ma che comunque spinga i cittadini a informarsi sulla crisi climatica, perché una protesta per essere efficace, come la storia ci dimostra, deve coinvolgere la popolazione. Una delle promotrici della campagna ha dichiarato che: "È proprio la consapevolezza dell’inestimabile valore racchiuso in queste stanze, che mi spinge a lanciare il mio urlo di terrore nei confronti del disastro che ci aspetta a causa della totale inerzia politica nei confronti dell’unica possibilità di salvezza collettiva che ci rimane. Nei prossimi anni l’arte sarà un lusso che non potremo più permetterci: in preda alla fame e alla sete, tenteremo di sfuggire a morte certa migrando verso nord in cerca di territori abitabili. Sono qui oggi per evitare che la mia generazione sia travolta dall’atrocità e dalla disumanità di vani viaggi della speranza che di reale speranza non racchiudono neanche un barlume". Per capire meglio le motivazioni che spingono gli attivisti a manifestare, abbiamo intervistato uno di loro che era presente sul raccordo. Ecco cosa ci ha raccontato.
Chi siete?
Siamo una comunità di cittadini, provenienti da diverse parti d’Italia, uniti dalla preoccupazione per il fatto che il tempo che manca per cercare di cambiare le leggi a proposito del calo di emissioni, e della crisi climatica è veramente pochissimo.
Di quanto tempo stiamo parlando?
Secondo la comunità scientifica tre anni a partire da ora, altrimenti sarà troppo tardi.
In quante città avete organizzato dei blocchi?
Negli ultimi due mesi e mezzo abbiamo toccato all’incirca dieci città tra cui Venezia, Milano, Firenze, Roma e altre.
Qual è l’età media del gruppo?
Ci sono persone di tutte le età, dai 19 ai 60 anni, anche se i giovani sono di più.
Perché bloccate il raccordo?
Non abbiamo nessun feticcio particolare per il raccordo, ma con 25 persone disponibili ad assumersi i rischi, sfido chiunque a trovare un’idea migliore. Abbiamo stimato che la nostra iniziativa è stata vista da metà della popolazione, e con 25 persone è un ottimo investimento. Altri per una cosa del genere sarebbero disposti a spendere milioni, noi lo abbiamo fatto con 5 mila euro. Azioni così sono l’unica maniera per riuscire a diffondere velocemente un messaggio di così massima urgenza.
Quale messaggio volete diffondere?
Secondo buona parte della comunità scientifica il tempo che abbiamo per cominciare a calare drasticamente le emissioni è tra i 3 e i 7 anni, il governo ha firmato degli accordi internazionali e non li sta rispettando. Non c’è nessuna azione in questo senso.
Secondo voi perché?
Le persone sono completamente scollegate dai loro stessi diritti, per cui non si impegnano minimamente a combattere. La libertà dell’individuo non può superare la libertà di un’intera comunità. In una democrazia le persone hanno delle responsabilità civiche da rispettare.
Voi cosa chiedete?
Chiediamo essenzialmente due cose, al Governo e allo Stato. L’interruzione immediata della riapertura delle centrali a carbone dismesse, cancellando il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale sul territorio nazionale, quindi anche il mare. L’attivazione di energia solare ed eolica di almeno 20GW che per questioni burocratiche sono fermi da anni, e la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro nell’ambito dell’energia rinnovabile.
Non vi sembra di penalizzare chi lavora e non chi veramente decide le politiche ambientali?
Il nostro obiettivo non è piacere alle persone, ma costringerle a informarsi e riflettere su un tema importante come quello dei cambiamenti climatici. Le proteste che non coinvolgono la popolazione non riescono a cambiarla. Il nostro è un disturbo dell’opinione pubblica che viene fatto in maniera non violenta, perché in questo modo abbiamo prodotto conversazioni in cui la gente dice: “Questi sono degli stronzi, ma hanno ragione!”.
Come hanno reagito gli automobilisti?
La maggior parte delle persone si arrabbia, si indigna e probabilmente al posto loro farei la stessa cosa. Tuttavia quasi tutti ci dicono che abbiamo ragione, e ci invitano ad andare davanti a Montecitorio. La mia risposta è “se vieni anche tu io ci vado domani”.
Oltre a questi blocchi cos'altro pensate di fare per protestare sulle politiche ambientali?
In questo momento stiamo pensando di occupare spazi all’interno dei musei, è un’iniziativa che potrebbe prendere vita a breve. Invece, un nuovo blocco del raccordo, potrebbe essere organizzato nei prossimi mesi.