Piccolo è ancora bello. O meglio, “funzionale”, come tiene a precisare Marco Panieri, sindaco di Imola. 70 mila anime nel Bolognese, potremmo dire senza tema di smentita che la città amministrata dal trentenne economista (fra l’altro, stravincendo per il centrosinistra con un invidiabile 57% al primo turno) è la capitale indiscussa dei grandi eventi in Italia. Il Gran Premio di Formula 1 e i concerti da 60-80 mila spettatori a botta (Vasco, Pearl Jam, Cremonini, solo per citare gli ultimi) sono lì a dimostrarlo. La chiave di volta per capire la posizione di primissimo piano conquistata negli anni sta in una “alchimia” di fattori che non ha niente di miracoloso. Anche se, com’è naturale, la collocazione geografica il suo ce lo mette, e per quella bisogna ringraziare il buon Dio. Sono gli uomini, però, a fare la differenza.
Sindaco, ci spiega la formula Imola?
Gli elementi sono più d’uno. Anzitutto la collocazione: Imola è al centro dell’Emilia-Romagna e del Paese, è ben servita rispetto agli aeroporti e all’alta velocità. La logistica: l’autodromo è a 1500 metri della stazione ferroviaria e a 3-4 km dal casello autostradale. Questo comporta un’ottima alchimia fra la struttura e il centro storico. Inoltre l’organizzazione produce risultati molto performanti. Per fare un esempio, il mondiale di ciclismo è stato preparato in venti giorni. Segno che, al di là degli eventi di grande portata, la macchina gira bene nel lavoro quotidiano.
Mi ha preceduto nel citare l’autodromo come sinonimo del successo di Imola. L’eredità delle storiche 200 Miglia, piuttosto che dei due numi tutelari di cui l’area porta il nome, ovvero Enzo e Dino Ferrari (anche se erano modenesi), è un altro tassello decisivo, no?
Sicuramente. La storia è la linfa, poi però tutto intorno bisogna costruire un sistema di relazioni. Faccio un esempio: dopo i mondiali del ciclismo, è arrivata nel 2020 la Formula 1 a porte chiuse. Come ci è arrivata? Per il fatto che, assieme alla Regione Emilia-Romagna, e in particolare con il presidente Stefano Bonaccini, si è deciso di chiudere questa parte di disponibilità. Poi come si è arrivati alla seconda edizione a porte chiuse nel 2021? Allargando in giro, in particolare creando una forte relazione con il governo, soprattutto con il ministero degli Esteri, perché era il gran premio del Made in Italy e dell’Emilia Romagna e quindi della ripartenza del territorio.
Come viene gestito l’autodromo?
L’autodromo è pubblico, di proprietà del Comune di Imola. Poi c’è una società di scopo, Formula Imola, il cui presidente è Giancarlo Minardi, che si occupa della parte gestionale. E poi c’è un consorzio, presieduto dal sindaco, che ha in gestione il bene per vent’anni, che si occupa degli investimenti, oltre che di reti, di servizi e tante altre attività. In Comune c’è un gioco di squadra fra me, l’assessore all’autodromo Elena Penazzi e il presidente Minardi, per mettere a terra le connessioni e le relazioni che servono a ottenere quella sinergia organizzativa, in termini di confronto, permessi, calendario, che porta anche ai grandi eventi.
Cioè il punto è che si arriva all’eventistica di livello nazionale grazie alla coesione decisionale nell’attività di tutti i giorni?
Esatto, noi stiamo parlando ora dei grandi eventi, ma è importante la polifunzionalità della struttura per capire come si arriva a quelli.
E per spiegare come è risorto l’autodromo dopo la pausa del Gran Premio di Formula 1 fra il 2006 e il 2019 e lo spostamento dell’Heineken Jammin’ Festival a Mestre a partire dal 2007.
Non si è mai fermato, in realtà. Sono stati attivati i protocolli organizzativi, contando che l’autodromo è una culla naturale per iniziative di grossa portata, perché a differenza dei parchi è dotato di impianti, parcheggi, servizi. La struttura è stata rifatta, è completamente cablata, con un impianto fotovoltaico, e altri lavori, sulle tribune ad esempio, si faranno mano a mano.
Insomma, non si è perso tempo. Prima accennava al rapporto fra il Ferrari e la città. Può illustrarlo meglio?
La ricaduta economia, diretta e indiretta, sulla città è fortissima, sia per quel che riguarda la Formula 1 che i concerti. E non solo per la città, se pensiamo al settore alberghiero del Bolognese e del Ravennate. Nello specifico di Imola, c’è tutta una serie di eventi collaterali che si attivano, inclusa l’università. E poi, la visibilità, con le immagini che finiscono in tutto il mondo.
In genere si lamenta un insufficiente coordinamento fra realtà locali, quando si tratta di iniziative che ricadono oltre i confini di un Comune. Le diversità politiche tra amministrazioni possono giocare un ruolo a volte dirimente. Come funziona da voi?
Certamente il fatto che io sia anche il presidente del circondario dei 10 Comuni contermini aiuta. Come aiuta molto l’ottimo rapporto con la Regione, con il presidente Bonaccini (centrosinistra, ndr). Ovvio che se siamo tutti nella stessa direzione, è più facile.
E può aiutare anche la sensibilità per il marketing territoriale, di cui lei aveva la delega nel 2013 alla sua prima elezione in consiglio comunale?
Diciamo che allora avevo avviato il processo di marketing territoriale con cui abbiamo realizzato cambiamenti come il nuovo accesso all’autodromo, con piazza Ayrton Senna che prima di allora non c’era. Oppure alcune promozioni attivate già allora con percorsi che poi sono rimasti.
Tirando le somme, cosa si sentirebbe di consigliare a città, magari molto più grandi di Imola, che invece la rincorrono con il fiatone?
Più di tutto conta il gioco di squadra nella filiera istituzionale, che fa sì che si componga un puzzle dagli sforzi di tutti. Sotto questo aspetto, la pandemia ci ha spinto un po’ tutti a fare più squadra, a remare nella stessa direzione. E poi c’è il tema della dimensione. Se mettiamo a confronto Imola e Roma, solo per fare un esempio, è chiaro che a Roma non può esserci quella snellezza nelle procedure e nei collegamenti fra istituzioni ed enti che può avere un Comune come Imola. Avendo un autodromo che è solo su un Comune, con una sola questura, una sola prefettura, si capisce che analizzando le dinamiche a vari livelli risulta tutto più facile. E infine c’è, come si diceva, la storia. La storia di un luogo non la cambia nessuno. Se io vado a Miami, parlando di circuiti, senz’altro hanno molto risorse, ma la storia non si compra. Vasco nel ’98 ha avuto qui la svolta della sua carriera. Cremonini si può dire l’abbia avuta nell’ultimo concerto, che rimane nella storia.
Quindi possiamo dire che, in questo caso, piccolo è bello?
Piccolo è bello, ma è anche funzionale. Nulla capita per caso, bisogna lavorare tanto. Se il piccolo ha una buona squadra, il risultato si vede. Più che bello, ecco, diciamo produttivo, utilizzando come leva le relazioni, con la Regione e con il governo.