Imola, sabato di gara. Il rumore delle monoposto di Formula 1 che girano sul circuito dell'Autodromo Enzo e Dino Ferrari è talmente forte e talmente vicino che, mentre cerco un nome sul citofono di una palazzina, sento a malapena un bambino lamentarsi: "Da qui però non si vede niente, le barriere sono troppo alte". Ha ragione. Anche sulle spalle del padre vedere le auto girare da lì, a pochi passi della pista e dalla storica curva della Rivazza, è praticamente impossibile. Servirebbe un'altra prospettiva, un diverso punto di vista. Servirebbe una scala, una collinetta, un balcone dall'alto.
Ed è proprio lì che sto andando: in uno dei balconi più invidiati di Imola, d'Italia, del mondo del motorsport intero. Trovo il citofono, suono e guardo in alto. Ci sono sei balconi e su uno è ben posizionato davanti un grande cartellone con una scritta: "No vodka, no gin, ubriachi per la Masolin".
Mi viene da ridere perché quel cartellone l'ho visto poco prima, postato su Instagram proprio da Federica Masolin. Su quel balcone tre persone guardano verso il basso: "Sei Giulia? Sali pure!".
Per trovare Maurizio, che in quella casa così invidiata vive da anni, il percorso non è stato semplicissimo: chi a Imola gode di una vista del genere è difficile da contattare e ancora più restio ad aprire le porte della propria casa nel weekend più atteso dell'anno. "Qui suonano spesso per chiedermi di salire - mi spiega - mi domandano anche quanto voglio per permettergli di vedere la gara dal mio balcone, ma io dico sempre di no. Faccio entrare solo i miei parenti e gli amici. Una volta però ho fatto salire due ragazzini".
Due appassionati in fuga, reduci da un tentativo andato male d'intrufolarsi dentro l'Autodromo: "Erano entrati senza biglietto e la polizia li aveva sgamati, li stava inseguendo. Loro sono arrivati qui davanti, mi hanno chiesto se potevo ospitarli e io li ho ospitati. Non so perché, forse avevano lo spirito della Formula 1 di una volta e mi sono un po' ritrovato in quella cosa lì, in quel tentativo di entrare in circuito andato male".
E per Maurizio, così come per i suoi concittadini, i suoi amici e i suoi familiari, comparare un biglietto per entrare in circuito non è mai stata un'opzione: "L'imolese difficilmente pagava per vedere le gare. Noi scavalcavamo nei punti buoni, la Tosa era il punto più gettonato, e si montavano impalcature, tende... di tutto. Io conoscevo un bel punto per entrare, dove passavi sotto a un fiumiciattolo ed sbucavi proprio alle Acque Minerali. Lì poi salivamo sugli alberi e guardavamo le gare. Adesso però è cambiata la cultura, piuttosto di sbattersi per vedere la Formula 1 così, come facevamo noi, ora la gente preferisce guardarla sul cellulare".
Perché una volta, a Imola, la Formula 1 era una cosa di casa, un'abitudine per chi ci era cresciuto in mezzo: "Gli altri la vedevano in televisione mentre noi qui, in pausa pranzo, andavamo a mangiarci una piadina e a guardare due giri di pista di Mansell, di Prost, di quelli che c'erano. Era normale, ci siamo accorti di quello che avevamo quando ce l'hanno tolto".
È cambiata la cultura così come, un giorno, è cambiata anche Imola. Era il primo maggio del 1994 e Maurizio, come tutti a Imola, se lo ricorda come se fosse ieri: "Mia mamma era una fan sfegatata di Senna, mentre io ero pazzo per Mansell. C'era un contrasto pazzesco tra noi due, ce ne dicevamo di tutti i colori poi, quando finiva la gara, lei tornava a farmi da mangiare e io tornavo ad essere suo figlio. Quando Senna è morto prima ho provato un senso di colpa grandissimo verso mia mamma e poi mi sono reso conto di tutte le cose che avevo detto contro Senna negli anni... Sono sceso da quel pianeta, che era la Formula 1, e mi sono ritrovato a dire 'cavolo era una brava persona'. Ci rimasi malissimo e mi ricordo che Imola, per circa un mese, è stata in lutto. Tu andavi nei bar e c'era questa atmosfera di lutto. Non che fosse colpa nostra, ma era come se avessimo combinato qualcosa di grave".
Da lì una sorta di distacco, di cambiamento, come se qualcosa si fosse rotto: "C'è stato un cambio anche di mentalità, di gusti. Quando la Formula 1 se n'è andata, nel 2006, era come se un po' ce lo aspettassimo, come se quel mondo lì non facesse più per Imola. Poi adesso che è tornata sembra che la passione sia rinata. Sembra che questo fuoco si sia riacceso perché sai, quella del motorsport è una di quelle magie che non sai neanche spiegare. Vanno e vengono, le senti proprio. E io quest'anno mi sento che qualcosa è tornato ad essere come ai tempi d'oro".
Non si fa fatica a capire perché l'impressione degli imolesi sia che questa passione sia finalmente tornata quella di un tempo: mentre parliamo, seduti su uno dei balconi più invidiati d'Italia, sotto di noi camminano fiumi di tifosi. Vestiti di rosso, muniti di bandiere e cartelli, cappellini e striscioni. Ridono, corrono, parlano animatamente. I fan di Verstappen, i famosi Orange, passeggiano tra i tantissimi ferraristi, si confondono tra bambini, ragazze, adulti e anziani. È una marea di appassionati di ogni età, genere e tifoseria, quella arrivata a Imola per la Formula 1.
Indicano il cartellone di Maurizio, quello dedicato a Federica Masolin, fanno fotografie e salutano. Dall'alto li vediamo meglio, da una prospettiva nuova, e anche se non scavalcano più le recinzioni per scappare a guardare le gare dagli alberi delle Acque Minerali, la loro passione assomiglia a quella che c'era, che se n'era andata, e che "un po' senza sapere il perché" è tornata tra le curve di Imola. La passione di questa terra, di queste curve, di una storia che passerà sempre e comunque da qui.