Chissà se avremo presto, grazie alle suggestioni dell’irresistibile libro del generale di divisione Roberto Vannacci, una, tutta nostra, Oas, magari “alla gricia”? Cioè un’organizzazione militare parallela sotterranea eversiva, come già in Francia nei giorni della guerra d’Algeria, nel nostro caso però “al dente”, eppure a suo modo simile a ciò che era l’Oas, così nel possibile cuore nero delle Forze Armate? Minoritaria, certo, ma attiva e operante; "gagliardamente" tale. L’esistenza stessa delle fortune saggistico-letterarie di Vannacci, paracadutista della Folgore, elevato a portavoce del sentire diffuso di destra, contrario alla dialettica democratica dietro lo schermo del “politicamente corretto”, se proprio non la pone, evidenzia implicitamente una domanda allarmante come tromba che accompagni contrappello e alzabandiera; quest’ultimo, fra l'altro, proposto tempo addietro da un giovane suggeritore del governo attuale perfino per l’inizio delle lezioni scolastiche. Quanti suoi colleghi ne condividono con orgoglio grigioverde identitario il pensiero proprio della subcultura della destra endemica, tra “maggioranza silenziosa”, mugugni, bisogno d’autorità al momento del gratta e vinci presso la tabaccheria di fronte ai Comiliter? Al punto da percepire le sue parole autoprodotte come lo scoccare di un’ora X. Resa dei conti contro le inutili lungaggini della democrazia parlamentare e soprattutto del “mainstream” proprio dei "radical chic", dei "sinistri"? La domanda si pone ancor di più in presenza di un governo guidato da una forza politica succedanea di un movimento post-fascista già estraneo all’“arco costituzionale”.
Nella travagliata cronistoria del “massiccio” (lessico da fureria e porta carraia) golpismo nazionale c’è modo di ricordare quel “S'ode un tintinnar di sciabole”, pronunciato da Pietro Nenni in clima da colpo di Stato, protagonista il generale, munito di monocolo, Giovanni De Lorenzo, nell'estate del 1964, attraverso il “Piano Solo”, ordito proprio dall'allora Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, poi deputato monarchico e infine missino. Era allora l’Italia delle pentole ancora d’alluminio, la pienezza “Kodachrome” da conquistare.
Noi tutti, o quasi, associamo ormai le sciabole a un uso cerimoniale, giù dalla cintura degli ufficiali di complemento nell’ora della truppa da passare in rivista o per il giuramento delle reclute; la fascia azzurra obliqua sulla drop kaki. O piuttosto, scorrendo la recente parata militare del 2 di giugno a Roma lungo via dei Fori Imperiali, la polemica sul grido “Decima!”. Si trattava forse di un omaggio alla X Mas, formazione del principe Junio Valerio Borghese, operante sotto la Repubblica sociale di Mussolini sia con i suoi mezzi anfibi sia per rastrellare i partigiani? Per l’occasione, Ignazio La Russa, in tribuna, presidente del Senato, ha sollevato le dita in un “ok!” compiaciuto.
D’abitudine, prendendo in prestito il repertorio della commedia all’italiana, ogni qualvolta si ragioni di Forze Armate fedeli al dettato costituzionale antifascista, e tuttavia minacciato dal deposito reazionario endemico, si fa ritorno al film di Mario Monicelli, “Vogliamo i colonnelli”, dove si narra un tentativo di golpe simile a quello proprio di Borghese; tra grotteschi ufficiali nostalgicamente felloni, suggeritori occulti e mazzieri neri come, eponimo, “Er nerchia”.
Volendo però ignorare il grottesco, si pone un altro interrogativo: attraverso il volume del Vannacci, accolto con “viva simpatia” nel contesto sovranista, c’è perfino modo di immaginare la possibile esistenza di una sorta di succursale, concessionaria nostrana della già menzionata Oas?
L’acronimo risponde a “Organisation armée secrète”, e racconta la storia oscura e insieme tragica della Francia durante la guerra d’Algeria, che si sarebbe conclusa nel 1962 con l’indipendenza di quest’ultima.
Creata nel gennaio 1961, la sigla Oas, il cui slogan era "L'Algérie française", compare la prima volta sui muri di Algeri nel marzo 1961. Distinguendosi per attacchi terroristici, in nome del mantenimento della presenza coloniale. Così fino al tentativo di putsch del generale Raoul Salan, su questa stessa scia va inquadrato il fallito attentato a De Gaulle al Petit-Clamart.
Se non proprio con un tale drammatico volume di fuoco nemico in che altro modo immaginare nelle medie distanze il precipitato bellico-politico che il libro del generale, “Il mondo al contrario”, suggerisce?
Come potrebbe mai configurarsi un’Oas nostrana, autoctona, rionale, "familiare", diciamo, “alla gricia”. Un vivo incoraggiamento giunge da “La Verità” che consegna l’ennesima sciabola all’eroe in divisa perfino editoriale del giorno: “Che il generale Roberto Vannacci voglia entrare in politica o meno non è importante: quel che conta è ciò che i suoi argomenti rappresentano per tanti italiani che sono stufi delle minoranze che opprimono spacciandosi per oppresse”.
Oppressione, ergo “tartassamento” morale e materiale, cose che rimandano al “torchietto” dell’Uomo qualunque, partito che ebbe le sue fortune nel secondo dopoguerra; il “povero” cittadino, il “popolo bue”, già evocato dal "Candido" di Guareschi e da "Il Borghese" di Tedeschi e Gianna Preda, schiacciato sotto la pressa dell’infingarda democrazia.
Ancora “sciabole”: Francesco Grignetti, su “La Stampa”, suggerisce che “qualcosa di inquietante che si sta muovendo alla destra della destra. Una galassia di sigle piccole e piccolissime, unite dall'antiamericanismo e dal tradizionalismo, più che bendisposte verso le ragioni di Vladimir Putin, e che hanno trovato nel libro del generale Roberto Vannacci un manifesto politico. Il pamphlet è infatti un potentissimo richiamo della foresta”. E ancora: “La questione sta diventando seria perché se rispondono alla chiamata alcuni ex militari, pensionati delle forze dell'ordine, organizzati in microsindacati o persone qualsiasi, è un problema della politica. In particolare dei partiti che lì pescavano a piene mani, come Fratelli d'Italia e Lega. Se invece si muovono i militari in servizio, beh, chiaramente non va bene. Ed ecco che agli Stati maggiori si sono drizzate le orecchie. Sono da giorni all'opera alcuni uffici molto riservati che per mestiere devono garantire la sicurezza interna, le possibili deviazioni, la fedeltà dei reparti alla catena gerarchica e all'autorità politica. Qualcuno ha cominciato a porsi il problema anche al Copasir, che è deputato alla sicurezza della Repubblica. A Lamezia s'annuncia il battesimo del movimento culturale ‘Il mondo al contrario’, che si ispira in tutto e per tutto al generale. Ad organizzarlo è un suo amico ed ex commilitone, il tenente colonnello degli incursori Fabio Filomeni, ora in pensione”.
La battaglia si è presto riverberata nella piazzetta d’armi dei social, su X, “Un cittadino”, lo stemma della Lazio come blasone identitario, rileva: “Povera asinistra!!! Nonostante la colossale pubblicizzazione (anche nei condomini) dell'ultimo libro della Murgia, il Generale l'ha doppiata nelle vendite. Egregio Gen. Vannacci, gli italiani di buon senso sono con Lei. In bocca al lupo”.
Immediata la replica di “Edo” che pubblica invece l’immagine atmosferica di un arcobaleno improvviso sui tetti di casa accompagnata da parole compendiarie della fusione delle già pulsioni del fronte grillino e terrapiattista convinto d’ogni possibile complotto: “Poi dicono che la lobby lbgtqi+ non esiste kuardate che scia kimika gender anno appena buttato fuori casa mia, è tutto vero Vannacci ha ragioneeeh!”
Per non farsi mancare nulla, anche il turbo-comunista Marco Rizzo, suo un partito non esente da suggestioni filo-cino-putiniane decisamente “con prenotazione obbligatoria”, si affaccia sul medesimo ballatoio, a sua volta sciabola alla cintura: “I militari hanno ragione: dal governo solo chiacchiere. Crosetto lasci perdere il libro di Vannacci e pensi a pagare gli straordinari”. Mi permetterei anche di aggiungere un’altra cosa: rispettare l’art. 11 della Costituzione, l’Italia Ripudia la Guerra”.
Conclude il tema con parole definitive per marziale convinzione “MaiconleZeccheSinistre #HateCommunism”: “Onore al Gen Vannacci”.
La pasta “alla gricia”, lo diciamo per chi ne fosse all’oscuro, è una carbonara senza uova, anche se il dibattito, come già la genesi tra uovo e gallina, propende altrettanto a indicare quest’ultima come gricia “con uova”, si spera almeno che la nostra Oas, prima dell’ora X destinata a ristabilire Dio patria e famiglia e l’ordine esatto della “normalità” sessuale e razziale, attraverso il prossimo volume del suo generale, sciolga almeno questo interrogativo filosofico.