Sono un maschio, bianco e etero. Un infiltrato nella tribù dei portatori di cazzo. Io vi disprezzo, mi dissocio da voi, quando diventate corpo unico del mito di genere che ci viene inculcato da quando nasciamo. L’accozzaglia dei tengo-una-minchia-tanto in questi giorni si costerna per la condanna a un anno mezzo al tifoso che ha palpato la giornalista Greta Beccaglia. In buona compagnia - con quelle donne minus - loro compagne potenziali, che minimizzano l’accaduto, per invidia e gelosia, che quella è una gran figa e in questa vita crudele, in cui l’aspetto conta, quella avrà più porte aperte.
Care femministe rockstar, in cerca di ospitate televisive di prima serata, il problema non è il maschilismo. Ma l’alfismo, quell’atteggiamento alla supremazia che ci viene inculcato, un arto superfluo, sempre più inutile e celato dall’evoluzione che invece richiede dita della mano sempre più sviluppate per la lotta alla sopravvivenza via tastiera. Un asse darwinista in cui maschi e femmine emergono e raggiungono l’apice sociale, per la loro intelligenza, capacità e feroce determinazione carrierista. Là sotto invece si usano ancora le clave. I maschi più trogloditi - come quel ristoratore - mettono in mostra nel modo più stupido e nocivo le loro pulsioni. Probabilmente non sanno accedere all’infinito menu di pornografia online gratis, senza farsi riempire di virus e malware. Molti sono così impediti, da saper usare a malapena Google. Un abisso sociale che si tramanda di generazione, assecondati da donne comprimarie e quasi sempre vittime complementari che vedono nell’uomo rozzo e violento - che spesso le mena- il modello con cui farsi un’esistenza e una famiglia. Come nel film Idiocracy: i più imbecilli si riconoscono e si mettono insieme, meglio che restare soli. E fanno figli che saranno derivatamente stupidi e inetti come loro. A meno non comincino a drogarsi o abbiano la fortuna di leggere quei dieci libri che potrebbero cambiarti la vita.
Quello è il popolo profondo a cui si rivolgono i politici più autoritari: basta identificare dei nemici tra quelli messi peggio di loro, quei nuovi arrivati che permettono di sfornare affissioni da consenso con l’urlo: prima gli italiani! Se no puoi odiare i vincenti, quelli che per la loro bravura a scuola o gli insegnamenti ricevuti in famiglie di cultura più elevata, sono additati a elitès. Saranno sempre l’ignoranza e frustrazione a muovere la storia che ora si è inceppata nell’inattesa sentenza sulla testa del violentatore: che se lo definisci così nei social, arrivano subito le scimmie a spiegarti che non ce nulla di male ad allungare la mano, se sei alticcio e con altri maschi e dopo una partita. Va bene avete ragione voi: tanto siete stupiti e non vi immedesimate nelle vittime della vostra violenze. Nemmeno io mi immedesimo in voi, ma ve lo meritate!