In direzione ostinata e contraria. Mentre tutto l'internet, testate giornalistiche comprese, esulta per la sentenza definitiva che vede Andrea Serrani condannato a un anno e sei mesi di reclusione per la palpata sul lato B, in diretta tv, alla giornalista sportiva Greta Beaccaglia il 27 novembre 2021 al termine della partita Fiorentina-Empoli, ci pare giunto il momento di tirare le fila della questione, nella speranza (vana) che, se non altro, qualcuno possa rendersi conto della mostruosità che abbiamo, tutti, perpetrato. Mostruosità che abbiamo perpetrato ai danni di un uomo di 46 anni che, fino a 365 giorni orsono era un imprenditore, aveva una compagna e un figlio. A causa di un gesto da coglione e soprattutto del tempismo dello stesso, rispetto alle ruggenti istanze social, per Serrani si aprono le porte della gattabuia con una delle accuse tra le più infamanti: violenza sessuale. In realtà, anche se nessuno è davvero andato oltre gli strilli del titolo della notizia, il giudice ha disposto la sospensione della pena per 5 anni subordinandola alla partecipazione dell'imputato a percorsi di recupero. Resta, in ogni caso, il vigliacco tripudio di tanti, di troppi. Insieme all'esorbitante, almeno per le tasche di una persona comune, cifra che Serrani dovrà versare, come sanzione, alla molestata reporter di Toscana Tv e non solo... Una storia che merita di essere raccontata. E che grida, questa sì, giustizia.
Stiamo parlando di un gesto encomiabile da parte di Serrani? Ovviamente, no. Il 46enne si è comportato da idiota, questo è indubbio. Siamo altrettanto certi, però, che ci fossero altre vie per "punirlo", o meglio, "rieducarlo" a una miglior condotta, rispetto a quella di distruggergli la vita per sempre. Perché questo è successo. Anche se potrà evitare il carcere, il suo nome è, con ogni probabilità resterà, infangato dal peggior rancore social(e). Poco importa se l'uomo, al tempo, si fosse scusato con un lungo post su Facebook e anche ai microfoni de La Zanzara dove aveva osato dichiarare: "Ho fatto una cavolata, mi descrivono come un violentatore, ma non lo sono". Eresia. La stessa Beccaglia aveva risposto, via social, come le parole di rammarico del suo molestatore non fossero sufficienti a lenire l'onta subita e tutti le hanno dato ragione, chiedendo a gran voce la testa del tifoso su un piatto di fango. Letteralmente. Ancora oggi, sulla pagina Instagram del ristorante di Serrani, non aggiornata dallo scorso marzo, compaiono commenti di una ferocia inaudita: "Non date soldi a questa attività, è gestita da uno stupratore". Uno stupratore? Siamo seri?
E pensare che solo un paio di settimane fa, durante i Mondiali in Qatar, era stata una (bella) ragazza a palpare il lato B di un reporter. Nessuna indignazione: solo qualche risata e il video subito virale come simpatica gag. L'ennesima potenza del doppio standard. Serrani era stato accusato anche di aver fatto ricorso alla "retorica del padre di famiglia" per pararsi le terga. Gente, non si tratta di retorica: il tifoso della Fiorentina, il mostro, ha un figlio che va alle elementari e che si ritrova, ora, con un padre condannato per violenza sessuale. Immaginiamo non ci saranno ripercussioni nemmeno per lui rispetto a tutta questa vicenda. Oltre che per la compagna del disgraziato mano lesta. L'attività che gestivano insieme, per esempio, stando ai social è già a ramengo. E, anche una volta uscito, il nome di Serrani sarà per sempre associato alla parola "stupratore". Lo ha detto il popolino, lo ha confermato, per quanto in forma lieve perché per questo capo di imputazione la pena massima è fissata a sei anni di reclusione, un tribunale. Nonostante l'aggiunta della "scorciatoia" sui corsi di rieducazione, evidentemente troppo lunga per poter essere citata nei titoli degli articoli choc o, perfino, degli occhielli degli stessi.
Siamo costernati, di più, siamo incazzati di fronte al senso di trionfo che ha riempito i social di fronte a questa sentenza che prevede anche sanzioni pecuniarie. A Beccaglia, Serrani dovrà versare 10mila euro, oltre ai 5mila che deve al Fnsi (sindacato nazionale unitario dei giornalisti italiani) anch'esso costituitosi parte civile. Tanto vale la vita di una persona? Nel frattempo, Greta Beccaglia ha superato la soglia degli 80K su Instagram, è spesso ospite di programmi Rai e ha raggiunto una popolarità da paladina del femminismo nostrano, oltre che da Giovanna d'Arco. È nata una star.
Sarà pure sgraziato che una donna abbia l'ardire di difendere un uomo, ma forse fin troppo spesso dimentichiamo che perfino chi è nato nella metà "sbagliato" del cielo abbia dei diritti in quanto essere umano, degli affetti, delle attività lavorative, una vita. Definire "mostro" una persona che si è comportata da povero coglione in una singola occasione, per quanto ne sappiamo, è un atto di gogna mediatica gentista, folle e figlio di quel femminismo forcaiolo che nulla fa, non veramente, e soprattutto nulla sposta rispetto alla questione sociale in cui le donne stanno realmente versando in questi disgraziati tempi. Se non da sempre.
Andrea Serrani è stato l'idiota sbagliato nel momento sbagliatissimo e, per questo motivo, ha pagato per tutti gli orchi che davvero sono a piede libero, probabilmente senza condanne sulla collottola perché le loro vittime non hanno il coraggio di denunciarli. Mica è successo in diretta tv, come possono provarlo. Cosa ne penseranno i parenti, i vicini, gli amici? In quali conseguenze rischiano di incorrere, una volta andate dai carabinieri? Questo è il vero stigma sociale da combattere, il bigottismo di chi circonda le donne in pericolosa difficoltà. Una società che sa difenderle solo sui social, salvo poi farsi i fatti proprio nella vita reale. Complici, le infinite lungaggini della legge italiana che, di documento ufficiale in documento ufficiale, lasciano materialmente tutto il tempo a un aguzzino denunciato di farsi "giustizia" da solo. Ma di tutto questo non si parla perché non c'è soluzione. O meglio, sarebbe troppo lungo il percorso da affrontare per trovarne una.
Teniamoci ben stretta, dunque, la grottesca banalizzazione di una scena di violenza e la punizione esemplare che ne è conseguita. Urrà! Era dai tempi medievali, quelli con le esecuzioni in pubblica piazza e la gente che accorreva a gustarsele manco fossero un proto-film che non si vedeva tanta grettezza di massa. Lo capirebbe anche un infante che mettere una mano sul fondoschiena non equivale a stuprare qualcuno in un vicolo, eppure perfino la legge ha sentenziato, in ogni caso, che si tratta ugualmente di "violenza sessuale". Andrea Serrani è, dunque, un "mostro", "un violentatore", "uno che si merita di crepare in galera". Così scrivono, tronfi, quelli che ben pensano, facendosi scudo della propria levatura morale, del fatto di aver detto "la cosa giusta", a furor di social, e di ritrovarsi a bordo della nave dei vincitori, quella degli attivisti tanto sensibili alla questione femminile. Ma per cortesia. La questione femminile verrà veramente affrontata quando si comincerà a parlare di questione sociale, una questione che contempli i diritti (e i doveri) di tutti, a prescindere non solo dall'orientamento sessuale, ma anche se non soprattutto da ciò che hanno in mezzo alle gambe. Sono le "persone" a dover essere tutelate, non i "maschi" o le "femmine" come fossero due squadre rivali per cui dalla "vittoria" di uno schieramente debba per forza conseguire la disfatta di quello opposto.
La violenza, poi, è sempre violenza, anche quella verbale. E, nel caso dei commenti social su tale spinosa vicenda, non ha un freno. Pure perché è considerata del tutto legittima, "quello lì è un criminale". Non c'è più nulla da fare, oramai, se non auguarsi che una mostruosità del genere non costituisca un precedente per attuare la legge del taglione a ogni idiota sospinto. Godetevi la "vittoria", perbenisti, e provate a non domandarvi mai cosa si provi a distruggere la vita di una persona. Perché è questo che avete, sostanzialmente, fatto. Coi vostri commenti, i vostri like e i vostri tentativi di aumentare l'engagement con post da Santa Inquisizione. Non siete Santi, siete stronzi, gretti e ottusi. Armati, inoltre, di una retorica, voi sì, che sfinirebbe qualunque mente in grado ancora di ragionare all'infuori degli hashtag che Instagram ogni giorno ci mette in bocca. A (inutile, ma strenua) difesa di questo disperante "traguardo" che avete pur raggiunto, posso, in prima persona, dire solo un'ultima cosa:
Andrea Serrani, toccami il culo.