La morte del generale Hossein Salami, confermata dalla televisione di stato iraniana, rappresenta una svolta centrale nell'escalation militare tra Iran e Israele. Il comandante della Guardia Rivoluzionaria iraniana è stato ucciso durante un raid israeliano all’alba di venerdì, segnando una perdita di peso per la leadership di Teheran, già sotto pressione dopo mesi di tensioni e conflitti in Medio Oriente.
Salami, 65 anni, era a capo della Guardia Rivoluzionaria dal 2019, nominato direttamente dalla Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei. Veterano della guerra Iran-Iraq, era noto per la sua retorica aggressiva e per il ruolo di primo piano nella trasformazione della Guardia in una forza transnazionale temuta e influente. Dopo l’assassinio del generale Qassem Soleimani da parte degli Stati Uniti nel 2020, Salami aveva promesso vendetta, innescando una nuova spirale di tensioni con Washington e Tel Aviv.
Fondata nel 1979 dopo la Rivoluzione Islamica, la Guardia Rivoluzionaria (IRGC) ha ampliato il proprio raggio d’azione ben oltre i confini iraniani. Oggi opera in Libano, Siria, Iraq e Yemen, sostenendo gruppi alleati e mantenendo l’influenza di Teheran nella regione. Detiene il controllo dell’arsenale missilistico iraniano, impiegato in diverse occasioni contro obiettivi israeliani e statunitensi, ed è considerata da molti osservatori internazionali uno “Stato nello Stato”, con enormi poteri anche in ambito economico e politico.

La cosiddetta "guerra ombra" tra Iran e Israele ha assunto negli ultimi anni contorni sempre più concreti e devastanti. Se prima i due Paesi si affrontavano indirettamente tramite operazioni segrete, attacchi informatici e sostegno a milizie alleate, nell’ultimo anno il confronto si è fatto diretto e brutale. L’attacco che ha ucciso Salami segue una lunga scia di azioni e rappresaglie: dall’attacco israeliano a un complesso diplomatico iraniano in Siria, che costò la vita a due generali, alla risposta iraniana con un massiccio lancio di oltre 300 missili e droni verso Israele, in una delle più gravi escalation militari dell’ultimo decennio.
L’eliminazione di Salami potrebbe avere conseguenze imprevedibili per l’equilibrio della regione. Per Teheran, la perdita di una figura chiave come lui è non solo simbolica, ma anche strategica. Potrebbe rafforzare le spinte radicali all’interno dell’apparato militare iraniano e scatenare nuove rappresaglie. Allo stesso tempo, Israele continua la sua campagna di “prevenzione attiva”, colpendo impianti missilistici e difese aeree iraniane, nel tentativo di dissuadere futuri attacchi.
Nel contesto della guerra in corso tra Israele e Hamas, e con l’intervento indiretto di potenze come Stati Uniti e Russia, il Medio Oriente si trova ancora una volta sull’orlo di un conflitto più ampio. L'uccisione di Salami segna un punto di non ritorno: ora il rischio è che il confronto tra Iran e Israele esca definitivamente dalla dimensione ombra e diventi una guerra aperta e devastante.

