È bastata una macchia, o meglio, una manata, per riaccendere l’attenzione sul caso del delitto di Garlasco. Quella che i tecnici del RIS hanno chiamato Traccia 33, comparsa sulla parete accanto al quarto gradino della scala dove, il 13 agosto 2007, è stato trovato il corpo senza vita di Chiara Poggi. Oggi quella mano torna a far rumore, perché secondo quanto riportato dal settimanale Giallo, sarebbe compatibile con Andrea Sempio, il nome finito nel mirino della Procura molto tempo dopo l’arresto di Alberto Stasi. A raccontare che cosa rappresenta davvero quella traccia è Armando Palmegiani: ex poliziotto della scientifica, esperto di scene del crimine, uno che in fatto di muri, sangue e impronte ne sa parecchio. “Si trovava sulla seconda parete della scala, a circa 110-120 centimetri d’altezza”, spiega a Giallo. “Era una ‘manata’, evidente a occhio nudo, lasciata dal palmo e dalle dita di una mano che struscia contro il muro. Non era sangue. Ma era sporca”. Traccia 33, quindi, come gesto istintivo: uno che perde l’equilibrio, si sbilancia, e si appoggia di colpo. Per Palmegiani è plausibile che si tratti proprio di Andrea Sempio, che potrebbe aver toccato il muro mentre scendeva troppo velocemente la scala della casa di Chiara.


La scientifica, per analizzarla, ha usato la Ninidrina: un reagente che colora le impronte latenti sulle superfici porose. Risultato? La posizione della mano e perfino del braccio sono state ricostruite, con una precisione da rendering forense. Ma non è finita lì. Subito sotto la Traccia 33 ce n’è un’altra: è la numero 45. Una macchia di sangue, proiettata, cioè lanciata, sulla parete. Anche questa si trova a circa un metro d’altezza e, secondo gli esperti, appartiene proprio a Chiara. Ma come è possibile, se la ragazza era già a terra? “La forma della traccia è anomala”, insiste Palmegiani. “Non è compatibile con un’arma. È larga, e sembra il risultato di un colpo ‘deciso’, ma non veloce, di un arto intriso di sangue. Come se un braccio, muovendosi, avesse proiettato quel sangue verso l’alto”. E qui si chiude il cerchio: due tracce a pochi centimetri di distanza, una mano sporca e una spruzzata di sangue. La prima, dicono, è di Sempio. Ma se anche la seconda fosse sua? Sarebbe un problema serio per la ricostruzione ufficiale dell’omicidio. Il caso Garlasco, dopo quasi vent’anni, continua a non avere pace. Ma ora è un dettaglio apparentemente banale, una strisciata sul muro, a rimettere tutto in discussione. Come se in quella scala maledetta, tra un gradino e l’altro, ci fosse ancora qualcosa che non abbiamo visto abbastanza bene.

