In un’estate che si preannuncia torrida non solo per le temperature, ma anche per la finanza italiana, il risiko bancario tra Unicredit e Banco Bpm entra in una fase sospesa, ma tutt’altro che quieta. Come una partita a scacchi giocata al rallentatore, ogni mossa pesa, ogni parola è calibrata, ogni sentenza può essere risolutiva. L’ultima è arrivata giovedì 12 giugno: il Tar del Lazio ha respinto la richiesta di Banco Bpm di revocare lo stop all’Ops (Offerta pubblica di scambio) deciso dalla Consob. Risultato? L’operazione resta "congelata" almeno fino al 21 giugno.
Una sospensione che, in apparenza tecnica, nasconde invece tutto il carico politico ed economico della vicenda. Per chi non mastica la terminologia finanziaria, l’Ops è una proposta da parte di una banca (in questo caso Unicredit) per acquisire un'altra (Banco Bpm), offrendo azioni proprie in cambio. Il meccanismo si complica quando entra in scena il cosiddetto golden power – una norma che permette al governo di bloccare o modificare operazioni societarie in settori considerati strategici, come quello bancario, per motivi di interesse nazionale.
Banco Bpm, che dell’offerta è il destinatario, ha bollato come «provvedimento abnorme» la decisione della Consob di sospendere l’Ops, sostenendo che «non tiene in alcun conto degli interessi della banca, del mercato e degli azionisti» (fonte: Milano Finanza). Secondo Piazza Meda, le eventuali condizioni del governo erano già “messe in conto” da chi ha lanciato l’offerta, e dunque non giustificherebbero un congelamento d’urgenza.
Unicredit, però, ha segnato un punto nel suo tabellino: il Tar ha accolto la linea dell’amministratore delegato Andrea Orcel, che continua a muoversi su un crinale sottile tra determinazione e prudenza. Mercoledì scorso, in un evento a Berlino organizzato da Goldman Sachs, Orcel ha assegnato solo il «20% di probabilità» alla riuscita dell’operazione, sottolineando che «l’m&a (merger & acquisition, ovvero l’operazione di fusione o acquisizione) è uno strumento, non un obiettivo. Deve creare valore e rafforzare il gruppo. Se non aggiunge valore rispetto al nostro piano base, già molto forte, non si fa».

Ma il clima, nei corridoi delle due banche, è tutt’altro che disteso. L’amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, e il presidente Massimo Tononi, sono tornati a mettere in discussione l’intera offerta: «L’Ops lanciata su Banco Bpm continua a non essere conveniente per gli azionisti e non lo è mai stata sin dal primo giorno», dichiarano, sottolineando come «è nata senza premio e tale è rimasta, con uno sconto attualmente tra il 7 e l’8%, mentre operazioni comparabili avevano premi anche del 45%» (fonte: Milano Finanza).
Il tempo, in finanza, è tutto. E gli otto mesi di durata di questa offerta – a fronte di una media di cinque – pesano come macigni su una banca che, secondo i suoi vertici, si vede "ingessata" da una passivity rule (norma che impedisce a una società oggetto di Ops di mettere in atto contromisure senza autorizzazione) proprio in un momento cruciale per il riassetto del settore bancario italiano.
Ma non è solo una questione di percentuali o piani industriali mai chiariti. In gioco c’è molto di più: la rete territoriale, il futuro dei dipendenti, il credito alle piccole e medie imprese. Tononi e Castagna parlano apertamente di «preoccupazione per il futuro di colleghe e colleghi così come per le famiglie, le Pmi e le comunità locali» che rischiano di vedere ridimensionata la presenza dell’istituto in territori chiave, alla luce delle ipotizzate cessioni di filiali da parte di Unicredit.
Ecco allora che il 9 luglio, data in cui il Tar del Lazio si esprimerà sul ricorso di Unicredit contro il golden power, potrebbe diventare lo snodo definitivo. Orcel lo dice chiaramente: «L'aggregazione è valida, ma si scontra con visioni che la rendono de facto non economica. Se il responso del Tar non arriverà in tempo, l'offerta potrebbe decadere».
A farne le spese, forse, sarà la fiducia dei mercati in un sistema dove le regole non sembrano mai essere scritte del tutto. E dove il tempo, come nei migliori drammi, è sempre il giudice finale.