Andrea Orcel continua a muoversi con passo misurato nel risiko bancario italiano, ma la sua offensiva su Banco Bpm si sta rivelando, ormai lo sappiamo, un ginepraio in cui è difficile districarsi. L’Unione Europea, favorevole al consolidamento bancario, è pronta a dare luce verde all’offerta pubblica di scambio annunciata ormai svariati mesi fa, a patto che UniCredit ceda 206 filiali, principalmente nel nord Italia, per ribilanciare la concentrazione bancaria e calmare i timori dell’antitrust. È un sacrificio strategico, ma necessario, e Orcel sembra disposto a pagarlo per portare a casa l’operazione. Il verdetto di Bruxelles è atteso per il 19 giugno, ma il campo di gioco non si ferma all’Europa. A Roma, infatti, da quasi due mesi è scattato il Golden Power: il governo ha imposto condizioni stringenti per evitare squilibri nel rapporto prestiti/depositi per cinque anni e tutelare la presenza di Banco Bpm nei titoli italiani, in particolare quelli legati ad Anima Holding. UniCredit ha reagito portando la questione in tribunale: udienza fissata per il 9 luglio. Nel frattempo, anche Banco Bpm ha fatto ricorso contro la sospensione dell’offerta imposta dalla Consob, e si attende a ore il pronunciamento del Tar del Lazio. Il risultato? Un’operazione che ha già accumulato 241 giorni di attesa e che rischia di diventare la più lunga della finanza italiana.

Ma il risiko di Orcel non si limita a Milano. Sul fronte tedesco, il progetto Commerzbank ha subito una battuta d’arresto. Berlino non ha preso bene l’ingresso di UniCredit con il suo 9,49 per cento: il cancelliere Friedrich Merz ha bollato l’iniziativa come “non coordinata e ostile”. Il messaggio è chiaro: Commerzbank è una banca sistemica, e ogni tentativo di espansione sarà sorvegliato. E se a Roma si tace, è solo per imbarazzo: come può Palazzo Chigi criticare i tedeschi per aver alzato i muri quando lo stesso governo italiano ha fatto da apripista in Europa sul controllo statale del credito? Intanto, mentre Orcel incassa ricchi dividendi da Commerzbank (oltre 73 milioni) e da Generali (102 milioni), resta sul tavolo il nodo russo: le sanzioni Ue appena varate potrebbero interferire con il piano di disimpegno di UniCredit da Mosca, una condizione necessaria posta dallo stesso governo italiano. È un puzzle complicato: tra Bruxelles, Roma e Berlino, Orcel è costretto a giocare su più scacchiere contemporaneamente, con un equilibrio sempre più difficile da mantenere. L’amministratore delegato di UniCredit ha mostrato finora nervi saldi e visione, ma la pazienza – in finanza – è una moneta che si svaluta in fretta. La posta in gioco è alta: trasformare UniCredit in un campione europeo. Ma per farlo dovrà domare, più che le banche, la burocrazia.

"Se non ci sarà chiarezza sul golden power da parte del governo ci tireremo indietro" ha detto Orcel alla Goldman Sachs European Financial Conference 2025. "Se mi chiedono di cessare le attività in Russia rispondo che abbiamo effettivamente interrotto i prestiti dal 2022 — le parole del Ceo di UniCredit — ma se ho un mutuo di 20 anni non posso accelerare su questo. Mi devono spiegare esattamente cosa vogliono sulla Russia, perché non possiamo interrompere i pagamenti perché ci sono imprese in Germania, Italia e Francia che stanno ancora operando là". E sulla prosecuzione dell'ops su Bpm: "Al momento, per come la vedo io, la probabilità è al 20% o meno".