La pista che porta ai depositi di Banco Bpm sembra essersi raffreddata per l’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel. Della serie “il paziente è morto, ma ancora caldo”. Rimane allora qualche flebile speranza, rinfrancata dalle parole dello stesso Orcel, ma la scure del Golden Power calata da Roma pare ormai aver compromesso l’operazione. Anche perché se da un lato Unicredit ha chiesto un confronto con il governo e inviato una lettera in cui si chiedevano spiegazioni sulle prescrizioni vincolanti imposte dal ministero dell’Economia e delle Finanza (Mef), dall’altra parte ha trovato le porte di via XX settembre – sede del Mef – sigillate. Anzi, secondo quanto riportato da Bloomberg il ministero avrebbe addirittura irrigidito la posizione. Alla domanda sul gradimento dell’operazione di Unicredit Giancarlo Giorgetti ha risposto: “No, facciano quello che vogliono”. Non c’è da stupirsi – scrive il Giornale – perché l’ipotesi più gradita al ministro è da sempre quella di un matrimonio tra Bpm ed Mps, che molto probabilmente finirebbe per consumarsi se Orcel optasse per il forfait”. Se l’operazione di Unicredit andasse in porto, scombinerebbe infatti il piano di creare un terzo polo del credito attorno alla progressiva privatizzazione di Monte dei Paschi, di cui il governo è ancora azionista. Le voci che corrono in Piazza Gae Aulenti dicono che l’ad – che pur si era dato tempo per riflettere e soprattutto, capire l’andamento dell’ops che si chiuderà a metà giugno – potrebbe prendere una decisione definitiva già nel consiglio di amministrazione dell’11 maggio. Data nella quale, dopo la pubblicazione dei conti di Bpm, potrà misurarsi con un quadro più chiaro per esprimersi.

Tolta la possibilità di aprire un confronto con il governo, l’unico modo per scampare alle proibitive prescrizioni imposte dal Golden Power – tra cui il mantenimento dell’attuale rapporto tra impieghi e depositi per i prossimi cinque anni e la smobilitazione del business in Russia entro la fine dell’anno – sarebbe l’appello. L’ipotesi di un ricorso era già stata sfiorata alcune settimane fa, ma allora Orcel sperava di poter ammorbidire le posizioni del governo, forte dell’avallo all’operazione incassato prima dalla Banca d’Italia e poi dalla Banca centrale europea. La normativa prevederebbe l’appellabilità solo in sede amministrativa, quindi al Tar, ma Unicredit non tralascia la possibilità di adire la Corte di giustizia europea per verificare la legittimità dei veti di Roma con il diritto comunitario. A tal proposito, un antipasto di ciò che potrebbe avvenire qualora il braccio di ferro investisse Bruxelles si era già avuto un mese fa, quando il portavoce della Commissione europea Olof Gill aveva inviato una lettera a Palazzo Chigi, in cui sembrava che Bruxelles richiedesse ulteriori informazioni sulla legittimità dell’azione di governo: “L' applicazione di norme nazionali in materia di “Golden Power” devono rimanere entro i limiti delle disposizioni del Trattato – sull’Unione europea del 1998 – che disciplinano le libertà fondamentali, il mercato interno e le competenze specifiche della Bce”, si legge.

Il rischio più grande, però, è che il sogno già quasi spezzato del Triplete bancario conservato nel cassetto di Orcel perda ulteriori pezzi. E a finire in questa spirale potrebbe essere anche l’ops a Commerzbank, l’istituto tedesco per il quale l’ad aveva rastrellato un 28 per cento del capitale e ha ricevuto l’ok da Bce e Antitrust per salire fino alla soglia del 30 per cento, prima di rallentare prudentemente per attendere l’insediamento del nuovo governo. Anche se, dopo il flop nella prima votazione – di tre – per l’insediamento, il governo di Friedrich Merz stenta a decollare, non arrivano segnali confortanti dal prossimo ministro delle Finanze tedesco, il socialdemocratico Lars Klingbeil, e dal suo secondo Martin Schrodi: “Sia il Cancelliere che io abbiamo in passato descritto le azioni di Unicredit come insolite e aggressive”, ha detto Schrodi al quotidiano Berliner Zeitung, parlando di “acquisizione ostile”. Il sogno di Orcel si sta sgretolando?