È piovuto come una doccia fredda il Golden Power di Palazzo Chigi sull’offerta pubblica di scambio (ops) lanciata da Unicredit su Banco Bpm. In linea con quanto anticipato nei giorni precedenti il governo, nella forma del ministero dell’Economia, ha esercitato il proprio potere che permette di bloccare o porre condizioni alle acquisizioni bancarie qualora sussistano ragioni motivate dall’interesse nazionale. Lo ha fatto frenando il progetto di Andrea Orcel, amministratore delegato dell’istituto di piazza Gae Aulenti, che ha voluto intestarsi la sfida di una trasformazione che rivoluzionerebbe gli assetti di potere nel settore bancario. Il governo non ha bloccato in tutto e per tutto l’operazione ma ha posto delle condizioni. Tra le richieste più contestate da Unicredit ci sono la rinuncia alle attività in Russia entro il 18 gennaio 2026 e il mantenimento dei livelli di credito in Italia, al quale la banca dovrà adeguarsi per mandare in porto l’ops. È su questi due punti, il cui merito non sarebbe chiaro secondo Orcel, che Gae Aulenti medita di prendere provvedimenti. Secondo il punto fatto dal Corriere della Sera “I legali di Unicredit sono al lavoro su una doppia ipotesi: una lettera al governo per esprimere le osservazioni sulla decisione di venerdì scorso e un eventuale ricorso al Tar”. Insomma, c’è un’aria “seccata” nel palazzo di Unicredit, ora chiamata a valutare la fattibilità dell’operazione nonostante i paletti di Roma. E nonostante un via libera sia già arrivato sia dalla Banca centrale europea che dalla Banca d’Italia.

La Russia resta dunque uno degli scogli al buon esito dell’ops. Palazzo Chigi ha chiesto a Unicredit di uscire dal paese, ma farlo ora imporrebbe di forzare un’operazione che ritiene troppo rischiosa. Da tempo Orcel cerca di vendere la controllata – mentre nel frattempo ha ridotto del 94 per cento l’esposizione verso il paese con attività di de-risking – ma l’accavallarsi degli avvenimenti internazionali e l’affossamento delle relazioni di Mosca con il resto del mondo hanno fatto pervenire alla banca solo offerte ritenute inadeguate. Il rischio ora è quello di “svendere” a Mosca, venendo meno al supporto delle aziende italiane che ancora operano nel Paese. “Poi, un punto che richiede chiarezza – secondo quanto emerge dal Corriere – è la richiesta del governo di un impegno da parte di Unicredit a non ridurre il peso attuale degli investimenti di Anima Holding in titoli di emittenti italiani. In caso di fusione Unicredit-Banco-Anima quale sarà la proporzione? La stessa cosa per vale per il rapporto impieghi-depositi di Banco Bpm e Unicredit in Italia che non devono essere ridotti”.

La decisione del governo sul Golden Power esercitato venerdì ha anche significato un salto di categoria sulla questione politica creatasi attorno all’ops di Unicredit, e che riguarda nello specifico le forze della maggioranza. Secondo quanto rivelato da alcune fonti interne a Forza Italia al Corriere, il leader Antonio Tajani avrebbe accettato l’utilizzo dei poteri speciali sull’ipotesi di acquisizione “solo per non far cadere il governo”. Tajani, le cui relazioni con il mondo bancario – soprattutto quello legato a Fininvest e alla famiglia Berlusconi – sono strette, si era già detto profondamente contrario all’utilizzo del Golden Power. La sua posizione si era irrigidita durante il Consiglio dei ministri di venerdì, facendo temere per una crisi di governo. Solo l’intervento di Meloni avrebbe poi ricomposto la situazione: “Forza Italia ha chiesto e ottenuto di attenuare le condizioni proposte dal Tesoro all’operazione di Unicredit sul Banco”, scrive il Corriere. La prossima data da attendere è quella del 28 aprile, quando inizierà il periodo utile per iniziare l’ops concordato con la Borsa italiana, che durerà fino al 23 giugno. “Sinora il concambio è rimasto inalterato – scrive Milano Finanza – con la banca di Orcel che offre 0,175 nuove azioni in cambio di ogni titolo di Piazza Meda (Banco Bpm), con uno sconto implicito del 6 per cento sul prezzo di borsa”. Intanto, altri elementi di analisi per capire la strategia complessiva di Unicredit protranno emergere dall’assemblea degli azionisti di Generali giovedì, dove Unicredit ha tra il 5 e il 10 per cento, una quota che gli permetterebbe di incidere pesantemente sul voto del prossimo amministratore delegato. La battaglia per le assicurazioni giuliane è tra il numero uno uscente Philippe Donnet e Francesco Gaetano Caltagirone.
