C’è un momento in cui le banche non parlano più con i numeri ma con le mani nelle carte, nel capitale, nei nervi. E quel momento è adesso. Il risiko bancario italiano – termine ormai abusato ma perfettamente calzante – ha raggiunto il suo atto più denso, e la partita a scacchi diventa più che altro di poker, con tre date chiave in tre giorni consecutivi: giovedì 27 marzo l’assemblea UniCredit, venerdì 28 la presentazione del piano Unipol, sabato 29 la scadenza delle liste per il nuovo cda di Generali.
Per capire l’intrico, occorre procedere con ordine, E cominciare da una frase tanto apparentemente anodina quanto rivelatrice: «Generali it’s nice to have – ha detto Lovaglio – but it’s not crucial». Parole che l’ad di Mps ha pronunciato a Londra, alla European Financials Conference organizzata da Morgan Stanley, riferendosi al ruolo della compagnia triestina nell’Ops (offerta pubblica di scambio) lanciata dal Monte dei Paschi su Mediobanca.
La guerra (fredda) tra Siena e Piazzetta Cuccia
L’offerta del Monte, valutata 13,3 miliardi, punta a creare una nuova forza competitiva nel panorama bancario italiano. Mps offre 2,3 sue azioni ogni titolo Mediobanca. L’ambizione? Costruire il terzo polo, senza mai chiamarlo così. «Un’operazione che si può fare e che ha un evidente senso industriale», ha assicurato Lovaglio, facendo intendere che il puzzle, una volta composto, potrà essere rilanciato con nuove mosse dopo il 2027. (Corriere della Sera Economia)
Ma Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, non ci sta. Ha risposto con una “difesa tecnica”, citando numeri e rendimenti: «Pensiamo che l’Ops del Monte sia in grado di generare una diluizione a doppia cifra in termini di utile e dividendo per azione di Mps, quindi non sarebbe positiva neanche per i loro azionisti». (Corriere della Sera Economia)
Dietro questo scontro di visioni – crescita “standalone” per Mediobanca contro integrazione industriale secondo Mps – si cela il cuore della battaglia: controllo, governance, futuro. E, come sempre, dividendi.

UniCredit, Banco Bpm e la posta in gioco chiamata Anima
Nel frattempo, UniCredit si muove su un altro fronte: l’Ops su Banco Bpm, ufficializzata lo scorso novembre, in un contesto che ora si fa più scivoloso. L’offerta, inizialmente valutata in 10,1 miliardi, oggi è “a sconto”: il mercato chiede un rilancio da almeno un miliardo per pareggiare la differenza tra le quotazioni attuali delle due banche. (Repubblica Affari & Finanza)
Una parte cruciale dell’operazione è la partita Anima, società di risparmio gestito su cui Banco Bpm ha già lanciato un’Opa da 1,78 miliardi, salendo oltre il 45% del capitale. Qui entra in gioco la tecnica del Danish compromise – un meccanismo regolamentare europeo che permette sconti sul capitale richiesto per detenere partecipazioni assicurative – il cui mancato via libera dalla BCE potrebbe compromettere l’intera operazione. Come ha spiegato lo stesso Orcel, ceo di UniCredit: «La transazione [su Anima] consumerebbe miliardi di capitale […] non sarebbe un elemento positivo, ma negativo». (Repubblica Affari & Finanza)
Unipol, il perno invisibile del risiko
E poi c’è Unipol. L’elefante nella stanza. Il gruppo bolognese, già azionista pesante sia in Bper sia in Popolare di Sondrio, presenterà venerdì il suo nuovo piano strategico 2025-2027. Il focus sarà sul core business assicurativo, certo, ma anche su settori ancillari: mobilità, sanità, telepedaggio (UnipolMove), noleggio auto (UnipolRental). (Il Sole 24 Ore)
Ma il vero nodo, inevitabilmente, sarà la bancassurance: il matrimonio tra banche e assicurazioni, ambito in cui Unipol gioca su più tavoli. Non a caso, si guarda con attenzione alla fusione tra Bper e Popolare di Sondrio, su cui l’ad di quest’ultima, Mario Alberto Pedranzini, ha ricordato le parole di settembre del presidente Carlo Cimbri: «Una fusione sbagliata, con il rischio di un pasticcio». (Repubblica Affari & Finanza)
Eppure qualcosa è cambiato. Il risiko si è fatto così frenetico – con Mps, Mediobanca, Anima e Generali tutte in bilico – che Unipol non può più permettersi l’immobilismo.

Generali: il leone inquieto
Sabato 29 marzo scadrà il termine per la presentazione delle liste del nuovo cda di Generali. È la vigilia della resa dei conti in casa del Leone triestino, dove le partecipazioni incrociate (Mediobanca, Delfin, Caltagirone) rendono ogni mossa potenzialmente esplosiva. UniCredit ha recentemente superato il 5,2% del capitale: una cifra tutt’altro che simbolica. Ma Andrea Orcel, al momento, tiene le carte coperte. (Il Sole 24 Ore)
La Borsa vuole più soldi. E subito.
La morale, se vogliamo cercarne una, è semplice e brutale: il mercato chiede rilanci. Secondo Repubblica Affari & Finanza, la somma richiesta è di almeno 1,5 miliardi in più rispetto ai 33,7 miliardi complessivi delle Ops attualmente sul tavolo. Una richiesta in contanti, concreta, netta. E chi non vorrà alzare la posta rischia di restare fuori dal tavolo.
Nel grande gioco delle fusioni e acquisizioni, dove le strategie si affinano a colpi di conferenze londinesi e dichiarazioni sibilline, una cosa è certa: i prossimi giorni saranno decisivi. Ma non aspettatevi colpi di teatro improvvisi. Come ogni partita a scacchi tra giganti della finanza, ogni mossa è pianificata da mesi, ogni frase è calibrata al millimetro. E ogni rilancio, anche quello più rumoroso, è già scritto da tempo nei bilanci e nei sogni di potere di chi questi giochi li conduce.
