Negli ultimi mesi Andrea Orcel ha aperto talmente tante porte che ora, la richiesta di tempo e chiarimenti al governo sull’offerta pubblica di scambio (lanciata) a Banco Bpm è piovuta come un fulmine a ciel sereno sull’intricato cantiere finanziario eretto in piazza Gae Aulenti. L’amministratore delegato ha fatto di Unicredit la banca più attiva sul banco delle acquisizioni, carcando di rendere l’istituto protagonista del risiko bancario italiano e, al contempo, di una serie di operazioni dal respiro internazionale, come l’ops a Commerzbank. La prima settimana di offerta pubblica sulle azioni di Banco Bpm si è conclusa con minime quantità di titoli portati al tavolo di Orcel, che sa come questo genere di operazioni di solito si decidano nell’ultima settimana. In questo caso, quella del 23 giugno. Nel frattempo, però, dalla sede di Bpm in Piazza Meda è arrivato l’ultimatum: “Unicredit decida cosa fare e ci sono solo due opzioni. Rinunciare alle condizioni o rinunciare all’offerta”, ha detto il presidente Massimo Tononi. Sull’ops a Banco Bpm pende, come è noto, una spada affilata appesa da Palazzo Chigi. I paletti del Golden Power a cui ha fatto ricorso il ministero dell’Economia – tra cui l’obbligo di mantenere il rapporto tra impieghi e depositi ai livelli attuali per cinque anni e quello di uscire dalla Russia entro la fine dell’anno – sono, secondo La Stampa, “un modo per dire diplomaticamente che il governo Meloni non intende appoggiare l’operazione”. Per questo motivo Orcel ha invocato il time-out chiedendo a Chigi di spiegare le regioni del dpcm emanato solo qualche settimana fa. Un confronto tuttavia mai arrivato, e che potrebbe spingere Orcel ad abbandonare le speranze su Piazza Meda.

“In un contesto così complesso, con ancora aperti i fronti Generali e Commerzbank, perché Unicredit dovrebbe insistere nell’operazione con il banco milanese? È quello che, più o meno, gli addetti ai lavori si aspettano che Orcel dica nel consiglio di amministrazione chiamato domenica prossima a esaminare i conti del primo trimestre”, continua La Stampa. Se è vero che l’ad puntava al “Triplete” è ancora più vero che è stato lo stesso Orcel a escludere l’ipotesi di un’operazione fatta “per forza”. Specie perché, ad oggi, lo sviluppo più interessante è la Germania, dove il gruppo già controlla da una ventina d’anni la bavarese Hvb. Qui la battaglia è con la politica di Berlino, in contrasto con l’ipotesi di un ingresso estero negli enti deputati alla gestione del risparmio dei cittadini. Tornando in Italia, è il capitolo Generali che continua ad essere il fulcro di tutto, a maggior ragione dopo l’ops lanciata da Mediobanca a Banca Generali. Grazie a un’operazione di raccordo oculata e discreta, nelle scorse settimane Orcel è riuscito a ritagliare un ruolo importante per Unicredit nelle assicurazioni triestine, costruendo una posizione pari al 6,5 per cento del valore azionario, circa 3,2 miliardi di euro. Oltre a sostenere la lista del gruppo Caltagirone-Delfin all’assemblea per il rinnovo del board, in discontinuità con Mediobanca e inaugurando l’ipotesi di un asse con i due principali investitori di Monte dei Paschi di Siena. L’uscita di scena di Piazzetta Cuccia dalla partecipazione in Generali – pari al 13 per cento –lascerebbe spazio all’ingresso di un altro attore. Uno spazio in cui Orcel potrebbe decidere di inserirsi.
