C’è una domanda che rimbalza da anni nei salotti, nei forum e nei corridoi dei tribunali: perché Alberto Stasi non dormì con Chiara Poggi quella notte d’estate, nella villetta deserta di via Pascoli? I genitori e il fratello di Chiara erano via, in vacanza in Trentino. La casa era tutta per loro. Eppure, lui se ne tornò a casa. Solo. Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo, ha provato a rispondere a quella che sembra essere da sempre una domanda chiave, ma forse rappresenta solo l’ennesima suggestione dentro un caso che ha generato più ombre che certezze. E che, da dieci anni, tiene Alberto Stasi in carcere per l’omicidio della sua ragazza. La sua fidanzata. Sì, perché lo erano davvero. Ma non erano la coppia da cliché romantico che molti nel tempo hanno proiettato su di loro.


Non vivevano insieme. Non si vedevano tutti i giorni. Non passavano le notti insieme. Lui non entrava in casa, se c’erano i genitori di lei. Era un legame stabile ma non totalizzante. Non era una relazione da "noi contro il mondo", era più normale, più quotidiana, più fragile anche. Chissà. E allora, forse, assumendo questa prospettiva stupisce meno che lui non si sia fermato a dormire. “Diamo per scontate cose che non lo sono”, scrive la Perri. E il punto è tutto lì. Il caso di Garlasco è costruito su una narrativa, ma la narrativa non è la verità. E se la verità fosse un’altra? Se quel ragionevole dubbio, che dovrebbe bastare per tenere fuori qualcuno dal carcere, fosse ancora lì, vivo e maledettamente attuale? Non è dietrologia. È che certe storie e certe condanne continuano a inquietare. Perché non tutte le domande hanno poi avuto risposta. E perché non tutte le risposte sono state davvero convincenti…

