Negli ultimi giorni i quotidiani sembrano aver trovato un nuovo fenomeno di cui parlare. Su di lui sono stati scritti ritratti con licenza di romanzare, aneddoti capaci di incorniciarne il passato entro contorni da predestinato, elogi pubblici sull’abilità di trarre il coniglio fuori dal cilindro nei momenti più complicati. E no, non parliamo di Lamine Yamal, il prodigio del Barcellona, ma dello schivo Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. È su di lui che le pagine economiche e i commentatori seduti dal loggione di Piazza Affari si sono concentrati. La “giocata” che ha messo Nagel sulla bocca di tutti è l’annuncio dell’offerta di pubblico scambio (ops) su Banca Generali, controllata per il 50 per cento dalle assicurazioni triestine di cui Mediobanca possiede il 13 per cento. L’operazione non è nuova – Piazzetta Cuccia ci aveva provato anche nel 2020 – ma è adesso che Nagel ha scelto di scattare in contropiede. Perché Mediobanca è da settimane sotto offerta di Monte dei Paschi (Mps), la banca senese di cui il governo è azionista insieme al gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri, presidente della holding Delfin della famiglia Del Vecchio. Questi due, al contempo grandi azionisti di Mediobanca e Mps, sono i principali avversari di Nagel. Due ossi durissimi che non intendono darla vinta allo stratega silenzioso di Piazzetta Cuccia.

Come detto, l’elogio di Nagel ha assunto sempre più una dimensione condivisa. Restando nell’ambito dell’operazione, le lodi hanno riguardato la modalità di finanziamento dell’offerta a Banca Generali, fino ad ora inedita: Mediobanca pagherà l’acquisizione dell’istituto di credito con la propria partecipazione nelle Assicurazioni Generali – il 13 per cento, pari 6,4 miliardi di euro. Sul piano strategico ci si è soffermati sui risvolti industriali dell’operazione, con cui Mediobanca creerebbe un gigante nazionale del wealth management, ovvero ella gestione dei grandi patrimoni di risparmio: “Nagel completa così l’uscita dai salotti” di Mediobanca, scrive La Repubblica. Del resto la carriera di Nagel non è estranea a stravolgimenti di simile portata: fu lui il regista dell’acquisizione di Fondiaria-Sai da parte di Unipol, così come il consulente chiave dietro alla scalata di Intesa San Paolo a Ubibanca. A tornare sul risiko bancario e sulla mossa di Nagel è anche Massimo Giannini che, sempre dalle pagine di Repubblica, scrive: “Non è più un risiko: ormai è un domino. Nel grande gioco delle banche, chiunque muove una tessera fa venire giù tutte le altre. Adesso tocca a Mediobanca. […] La svolta – di Nagel ndr – in teoria risolve tre problemi. Primo: rompe un intreccio azionario tra Mediobanca e Generali che durava da settant’anni e aveva sempre offerto ai soci di contestare le reciproche “rendite di posizione”. Secondo: crea un campione nazionale nella gestione dei grandi patrimoni da 210 miliardi di attivi. Terzo: neutralizza per l’ennesima volta l’assalto di Caltagirone e Delfin, sia su Piazzetta Cuccia sia sul Leone di Trieste. Dunque, gioco, partita e incontro?”. Se l’operazione getta nuove basi strategiche per Mediobanca, è innegabile che crei un nuovo ordine bancario ancora difficile anche solo da intuire. Innanzituttto per Caltagirone e Milleri azionisti di riferimento di Mps, ma anche per la stessa Generali: “Se l’Ops di Nagel riuscisse, si troverebbe fino a un 10 per cento di azioni proprie in mano, e la facoltà di decidere a chi darle, magari ospitando nel capitale un nuovo socio perno. Qui le voci su Unicredit sono crescenti, dopo che Andre Orcel ha votato per la discontinuità nell’assemblea a Trieste creando un nuovo asse con Caltagirone e Delfin”, ipotizza Giannini.

Ed ecco che tornano gli ossi duri, Caltagirone e Milleri. Insieme al prossimo, fondamentale appuntamento, sarà mercoledì 7 maggio, quando l’assemblea degli azionisti di Generali si riunirà dopo il voto di rinnovamento del 24 aprile, in cui a prevalere in larga maggioranza sulla lista di Caltagirone e Delfin è stata quella presentata da Mediobanca con Philippe Donnet e Andrea Sironi. Il momento sarà decisivo per capire la posizione dei due investitori riguardo alla mossa si Nagel: “Daremo un giudizio dopo aver conosciuto la posizione del board Generali – ha detto Milleri sul Corriere della Sera – Dobbiamo capire bene la notizia, per adesso abbiamo solo un pezzo dell’informazione, ci mancano i dettagli”. Il punto per gli investitori riguarda le ricadute sull’ops di Mps, i cui titoli hanno beneficiato dell’annuncio di Mediobanca e che potrebbe addirittura essere favorita nella realizzazione dall’intuizione di Nagel. Sia Milleri che Caltagirone hanno investito circa un miliardo di euro nell’istituto senese ed è per questo che potrebbero non esitare ad agitare le acque qualora si prospettasse qualcosa di diverso. Da questo punto di vista un tema di cui si fa un gran parlare è quello che riguarderebbe il conflitto di interessi di Mediobanca: sull’ops di Piazzetta Cuccia per Banca Generali può deliberare un cda di Generali in cui 10 consiglieri su 13 sono stati appena nominati dalla lista guidata dalla stessa Mediobanca? Da qui, come dall’osservanza della passivity rule potrebbero arrivare alcuni tentativi per falciare la corsa di Nagel, lanciato a rete verso il leone triestino.
