È già partita la caccia ai titoli di Mediobanca sul mercato azionario, dopo l’annuncio dell’offerta pubblica di scambio (ops) lanciata dall’istituto di Piazzetta Cuccia su Banca Generali. Una dinamica che ha impennato il valore delle azioni dell’istituto guidato da Alberto Nagel, la cui strategia per rispondere all’offerta di acquisto lanciata da Monte dei Paschi parrebbe rivelarsi vincente. A dirlo sono appunto i dati, dopo che ieri la banca milanese è balzata a Piazza Affari facendo registrare un +5,27 per cento, aggiornando il massimo storico del valore per azione pari a 18,37 euro. Intanto, secondo alcune fonti di mercato citate dalla Verità, a muoversi sul mercato sarebbero stati soprattutto fondi e operatori istituzionali intenti a supportare l’intuizione di Nagel, ma non è detto che fra i compratori non possa esserci anche qualche investimento di intento opposto. Guardando il mercato, infatti, emerge che l’ops di Mediobanca ha fatto lievitare anche le azioni di Monte dei Paschi di Siena (Mps), che ieri ha guadagnato il 3,77 per cento con un valore ad azione pari a 7,63 euro: “E così, ai prezzi di chiusura, l’ops proposta da Luigi Lovaglio su Mediobanca resta a sconto del 4,5%, con una discrepanza di va- lutazioni non incolmabile e pari a circa 700 milioni di euro”, scrive Repubblica.

Sembra dunque che le mosse di Mediobanca gratifichino tutti sul mercato azionario, compresa Mps: “Secondo la Lex del Financial Times Mediobanca potrebbe diventare una mini-Ubs, nel senso di una banca che produce almeno il 50 per cento dei suoi ricavi e dei suoi utili nell’area del cosiddetto Wealth management, cioé dalla gestione della ricchezza alla parte più facoltosa della clientela. L’unione di Mediobanca e Banca Generali produrrebbe anche sinergie di costi e diventerebbe il secondo polo del risparmio in Italia per masse gestite, dietro solo a Fideuram-Intesa e davanti a Fineco e Banca Mediolanum. Un obbiettivo auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni e da vari esponenti di governo”, continua Repubblica. Da un punto di vista del mercato, infatti, persino Delfin – la holding che rappresenta la famiglia Del Vecchio (Luxottica) – e Francesco Gaetano Caltagirone, fin qui tra i più strenui avversari di Nagel anche sul voto al board di Generali, sono convinti che l’ops di Mediobanca su Banca Generali non sia necessariamente in antitesi con la scalata di Mps a Piazzetta Cuccia. Alla fine il mercato potrebbe votare sì nell’assemblea Mediobanca e poi consegnare le azioni alla banca guidata da Luigi Lovaglio. Per questo motivo, per il momento, l’ad del banco senese non cambierà strategia.

L’obiettivo più immediato ora per Nagel è quello di incamerare più azioni possibili prima dell’assemblea del prossimo 16 giugno, nel quale i soci voteranno sull’avvio dell’ops. La passivity rule obbliga Mediobanca a sottoporre l’offerta al voto degli azionisti in un’assemeblea a maggioranza semplice, in cui dovrebbe bastare il 35-40 per cento dei voti per avallare l’operazione. Qualora soci come Delfin e Caltagirone provassero ad opporsi, dovrebbero prevedere di rinforzare gli attuali pacchetti azionari o far entrare nuovi soggetti. È su questo punto che, nelle ultime ore, si specula moltissimo. Molte voci porterebbero a Unicredit, la banca guidata da Andrea Orcel e partecipata per il 2,7 per cento da Delfin che all’assemblea di Generali ha appoggiato la lista di Caltagirone. Sempre secondo speculazioni citate da Milano Finanza, la contropartita per un ingresso di Orcel potrebbe essere proprio Banca Generali una volta fallita l’ops di Mediobanca.
