Due telefoni, una morte sospetta e un mistero che da due anni rimbalza tra procura, talk show e rabbia familiare. Liliana Resinovich è stata trovata morta nel gennaio del 2022. Oggi, la procura di Trieste ci riprova. Si torna lì: ai suoi smartphone. Due modelli – un iPhone e un Samsung – che potrebbero raccontare molto più di quanto abbiano fatto finora. Magari tutto. Non è la prima volta che si prova a scavare nei dispositivi della donna. Ma stavolta il setaccio sarà fine, chirurgico: la tecnologia è andata avanti e le memorie, ora, si possono riscrivere. O meglio: leggere. Anche i dati vecchi, quelli cancellati, quelli che sembravano finiti nel nulla. Il nuovo incarico di analisi è stato affidato a Nicola Chemello, ma al tavolo ci saranno tutti: i periti dell’unico indagato, Sebastiano Visintin – marito di Liliana – e quelli della famiglia della donna. L’obiettivo è ambizioso: tornare indietro nel tempo, magari fino agli anni prima della morte. E trovare qualcosa che cambi la storia. Che spieghi, davvero, come e perché Liliana sia finita così. Con il corpo in due sacchi, in un bosco vicino casa, senza un perché credibile.


A nominare i consulenti ci hanno pensato un po’ tutti. Visintin ha scelto Michele Vitiello, mentre il fratello di Liliana ha confermato Francesco Zorzi. C’è anche Veronica, la nipote, che ha chiamato Paolo Reale: esperto in informatica forense e parente della vittima, già visto nel caso del delitto di Garlasco. Insomma, gente abituata ai cold case. Vitiello, intervistato da Il Piccolo, ha detto che le tecnologie attuali permettono di “recuperare dati che prima erano invisibili”. Messaggi, ricerche, note. Anche quelli che Liliana aveva cancellato, e lo faceva spesso: ogni volta che scriveva qualcosa, poi eliminava tutto. Forse per abitudine, forse per paura. Il sogno, un po’ ossessivo, è che in quei telefoni ci sia la chiave. Un nome, un dettaglio, una frase. Qualcosa da “contestualizzare”, dice Vitiello, per rispondere alla domanda che conta: chi era davvero Liliana Resinovich e cosa le è successo, quando nessuno guardava.

