Nella sede legale di Amsterdam, dove Exor ha scelto di parcheggiare residenza e fiscalità, si pianificano mosse da miliardi per inseguire il futuro nei settori più “industrialgrammabili” — sanità, lusso, tecnologia — mentre a Torino si contano gli esuberi. La holding della famiglia Agnelli-Elkann, racconta Milano Finanza, ha incassato tre miliardi con la cessione di un 4 per cento di Ferrari – tra i marchi che hanno meglio performato lo scorso anni, tranne che in pista – e ora punta a piazzarli in un’acquisizione di peso: qualcosa da 20 miliardi di valore, che possa garantire il solito ingresso calibrato da 10-15 per cento con un controllo de facto, secondo il modello Philips. Lo ha detto senza giri di parole Guido De Boer, Cfo del gruppo, a Bloomberg. Nessun pensiero, invece, per Maserati, la “bella in crisi” che tanti pensavano potesse ricevere un’iniezione strategica con quei soldi. Il messaggio di Exor all’Italia è cristallino: Amsterdam è casa, il mercato è globale, e le radici — industriali, umane — non sono più di moda. Tutto lecito, tutto strategico. Peccato che mentre John Elkann prepara la caccia grossa a Wall Street e nei Paesi Bassi, nel cortile italiano di Stellantis si continua a tagliare a colpi d’ascia, indorando la pillola con la nomenclatura “incentivi all’uscita”.

Secondo Torino Cronaca, sono 600 i lavoratori destinati a lasciare Stellantis entro ottobre, 250 già entro fine luglio, molti da Mirafiori, dalle Presse, dagli Stampi, e persino dal glorioso Crf — il Centro Ricerche Fiat. Il nuovo Ceo Antonio Filosa, in arrivo il 23 giugno, manterrà base negli Usa, racconta Il Giornale, da dove proverà a gestire l’equilibrismo del gruppo fra margini e macerie. Filosa guadagnerà circa 23 milioni entro il 2028, vivrà nel Michigan e si muoverà tra Auburn Hills, Parigi e (si spera) anche un po’ di Torino, sempre che resti qualcosa da vedere. L'auspicio – che ora appare quasi un atto di fede – è che almeno lui, erede spirituale di Marchionne, possa restituire un minimo di centralità all’Italia, oggi trattata come una filiale periferica buona solo per tagliare costi. E se le istituzioni italiane s’interrogano sul futuro dell’automotive, dovrebbero forse iniziare col chiedere a Elkann perché Exor scelga di reinvestire all’estero mentre Stellantis fa fuori i suoi lavoratori con piani di uscita sempre più “volontari”. Una governance che parla la lingua della finanza globale e tralascia quella del territorio, quella dei colletti blu e delle tute sporche, di chi ha fatto la storia industriale del Paese. Così si gioca la partita: miliardi in azioni, licenziamenti incentivati, e silenzi. Nell’azionariato contano le performance. In fabbrica, invece, si fa presto a mandare a casa pagando qualche Tfr.