L’offensiva a sorpresa delle forze ucraine nell’oblast’ di Kursk in territorio russo iniziata il 6 agosto ha riacceso l’attenzione su un conflitto che dopo due anni e mezzo aveva raggiunto una situazione di stallo nella quale i russi avanzavano (e continuano ad avanzare) lentamente nella regione del Donbass. L’obiettivo di Kiev è molteplice: politicamente, da un lato dimostrare al mondo che la guerra non è finita e che la Russia è un gigante dai piedi di argilla che non è in grado di controllare il proprio territorio. Dall’altro, conquistare territorio in vista di un futuro negoziato nel quale presentarsi con una posizione di maggiore forza. Se l'Ucraina riuscisse a mantenere il controllo del territorio russo, magari per qualche mese, potrebbe infatti usarlo come carta vincente con la Russia. Da un punto di vista militare, Kiev sperava che i russi trasferissero parte delle loro brigate attive sul fronte del Donbass per contenere l’offensiva ucraina a Kursk. Come ha infatti dichiarato anche il ministro della Difesa Guido Crosetto: “Ho spiegato subito, di fronte a chi parlava di aggressione, che l'attacco ucraino non è un'invasione ma una tattica difensiva, un modo per allentare la tensione in Ucraina, costringere i russi a spostare i propri uomini in Russia, che si pone l'obiettivo di ottenere un maggiore equilibrio sul campo, di trovarsi più forti davanti a un futuro, auspicabile, tavolo di pace”. La domanda è: ma chi vuole davvero la pace in Ucraina?
Chi non vuole la pace
La pace in Ucraina è lontanissima. Secondo alcuni rapporti di questi giorni, Kiev e Mosca avrebbero dovuto sedersi attorno a un tavolo a Doha, in Qatar, ma l’offensiva di Kursk avrebbe fatto saltare ogni trattativa. Il Cremlino ha nel frattempo smentito tale indiscrezione, ma ciò non significa che qualcosa non si stesse realmente muovendo. Parlare di “pace”, in questo caso, può essere fuorviante: il massimo a cui si può ambire, realisticamente, è un accordo negoziale che porti a un cessate il fuoco e a un “congelamento” del conflitto. In oltre due anni e mezzo di guerra, ci sono stati dei momenti in cui si sarebbe potuto raggiungere un accordo negoziale ma Stati Uniti e Regno Unito (in particolare) si sono fermamente opposti. Come ha ricordato di recente il giornalista Luca Sommi a Stasera Italia, “poco dopo che la Russa invase l’Ucraina, ci fu un tentativo conciliazione che sembrava arrivato a buon termine, poi arrivò Boris Johnson che fece saltare tutto”.
La ricostruzione di Luca Sommi pur sintetica, è corretta. La rivista americana Foreign Affairs ha pubblicato un articolo approfondito nei mesi scorsi, arricchito con documenti e testimonianze inedite, sui negoziati svoltisi in Bielorussia e Turchia che, secondo quanto riferito recentemente da Dmitry Peskov, avrebbero potuto concludere la guerra tra Russia e Ucraina già ad aprile-maggio 2022, a soli due mesi dall'invasione russa. Tuttavia, i colloqui si interruppero bruscamente in quel periodo. Il massacro di Bucha è stato forse il fattore decisivo? Foreign Affairs cerca di rispondere a queste domande, evidenziando come, secondo alcuni osservatori e funzionari, incluso il presidente russo Vladimir Putin, fosse stato proposto un accordo per porre fine al conflitto, ma gli ucraini si sarebbero ritirati a causa di pressioni da parte dei loro alleati occidentali e della percezione della debolezza militare russa. La rivista sottolinea che non c’è una singola ragione "decisiva" che abbia causato la rottura dei negoziati, ma piuttosto una serie di fattori. Pur non sposando la versione russa secondo cui Regno Unito e Stati Uniti avrebbero sabotato l'accordo, Foreign Affairs ammette che i partner occidentali di Kiev erano riluttanti a impegnarsi in un negoziato con la Russia, soprattutto se questo avrebbe comportato nuovi obblighi per garantire la sicurezza dell’Ucraina.
BoJo, il guastafeste
Nonostante le rivelazioni sul massacro di Bucha emerse all'inizio di aprile 2022, i negoziati tra Russia e Ucraina continuarono, culminando in una bozza di accordo il 15 aprile, che lasciava intravedere la possibilità di una soluzione entro due settimane. Tuttavia, i confini territoriali non furono mai discussi. Perché allora i colloqui si interruppero? Secondo il presidente russo Vladimir Putin, l'Occidente, con il Regno Unito in testa, spinse l'Ucraina a proseguire la guerra. Boris Johnson, all'epoca Primo ministro britannico, avrebbe esercitato una forte pressione su Kiev, convincendo i leader ucraini a non firmare alcun accordo e a continuare il conflitto. Come ha rivelato Davyd Arakhamiia, uno dei principali consiglieri del presidente ucraino, dopo il loro ritorno da Istanbul, Johnson visitò Kiev e consigliò di non cedere ai russi, sottolineando che qualsiasi accordo sarebbe stato una vittoria per Putin. Durante quella visita, Johnson affermò: "Putin è un criminale di guerra, deve essere messo sotto pressione". Pochi giorni dopo, Putin annunciò che i negoziati erano arrivati a un punto morto, segnalando che qualcosa era cambiato radicalmente. Il Washington Post ha inoltre rivelato che anche la diplomazia statunitense si oppose all'accordo di aprile 2022 con Mosca. L'ex primo ministro israeliano Naftali Bennett, in un'intervista televisiva, ha confermato che sia gli Stati Uniti che il Regno Unito ostacolarono l'intesa. Questa versione è supportata anche dall'ambasciatore ucraino Oleksandr Chalyi, che, durante un evento pubblico a Ginevra, ha ricordato quanto Ucraina e Russia fossero vicine a raggiungere una soluzione pacifica per porre fine alla guerra.
Ma perché Usa e Regno Unito non accettano un accordo con Mosca? Come disse Brzezinski, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale della presidenza Carter, l’Ucraina è uno “spazio importante sulla scacchiera eurasiatica” il cui controllo dovrebbe “rendere possibile un dominio sul mondo”. Il motivo principale è che Usa e Regno Unito vogliono “dissanguare” e indebolire la Russia il più possibile, tenendola impegnata per anni in un conflitto altamente dispendioso di uomini e risorse. Ci sono ovviamente anche ragioni economiche. Se l’Europa, infatti, è stata costretta a rinunciare al gas russo a basso costo, si è dovuta affidare - almeno in parte - proprio agli Stati Uniti: secondo i calcoli di Bloomberg, la produzione americana di gas naturale liquefatto è aumentata del 14,7% nel 2023, superando i 90 milioni di tonnellate. L’Europa compra più gas: lo scorso dicembre, è salito del 64% l'import di gnl.
Kiev a corto di uomini. E Putin avanza nel Donbass
A più di due settimane dall’inizio dell’offensiva di Kursk, solo l’obiettivo di aver riacceso l’attenzione sul conflitto - e al contempo umiliato Putin - può dirsi raggiunto perché Mosca non è caduta nella trappola e non ha spostato le truppe dal Donbass a Kursk. Anzi: quello ucraino rischia di diventare un boomerang. Come scrive Gianluca Di Feo su La Repubblica, “dal 6 agosto l’offensiva contro Kursk ha inghiottito le brigate e i mezzi migliori, nella speranza che Vladimir Putin ferito nell’orgoglio trasferisse l’armata dal Donbass per respingere l’irruzione sul suolo patrio. Non è stato così e da due settimane i russi occupano un villaggio dietro l’altro con una rapidità mai vista prima”. Sebbene gli ucraini continuino ad avanzare a Kursk, non è chiaro quanto riusciranno a penetrare in territorio russo e a mantenere le loro posizioni. Difficilmente potranno resistere a lungo.
Azione pianificato e coordinata con la Nato
Detto ciò, occorre sfatare il mito secondo cui gli ucraini avrebbero agito da soli senza essersi consultati con i loro maggiori alleati: Stati Uniti e Regno Unito, che supportano sul piano dell’intelligence Kiev sin dalla fine del 2014. Paesi con i quali gli ucraini concordano ogni mossa, a maggior ragione un’offensiva in territorio russo come quella di Kursk. Come spiega l’ex Sottosegretario Usa Stephen Bryen, “la strategia e la tattica che l'Ucraina sta mostrando a Kursk sono state sviluppate con la Nato. È una prova per la difesa dell'Europa in caso di un attacco russo. Perché? La Nato, nella sua attuale configurazione, è in una brutta posizione quando si tratta di difendere il territorio. Se dovessero scoppiare combattimenti in Polonia, o in Romania, o a nord nei Paesi Baltici, i russi avrebbero un vantaggio significativo nelle forze di terra. Un modo per contrastarlo sarebbe esattamente il tipo di operazione che l'Ucraina sta testando in questo momento nella regione di Kursk”. Insomma, in questa sporca guerra si sperimentano strategie e tattiche e si usa l’Ucraina come grande laboratorio. Mentre si continua a morire, da una parte e dall’altra e il futuro dell’Europa è sempre più nero.