L’Internationale Energy Agency (Iea), la maggior organizzazione globale sul mercato dell’energia, prevede un futuro roseo per l’auto elettrica e certifica che da qui al 2030 un veicolo su tre al mondo ad essere venduto sarà di questo tipo. E addirittura entro il 2035 a essere per un terzo elettrico, trainato dalla crescita del settore, potrebbe essere l’intero parco circolante secondo il Global Electric Vehicles Outlook dell’Iea. Più di 10 milioni di auto elettriche sono state vendute nel 2022, il 18% del totale complessivo riducendo le emissioni globali di 80 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2e), secondo l'Iea. L'agenzia aggiunge nell’outlook che le vendite dovrebbero raggiungere i 14 milioni entro la fine di quest'anno. Ciò equivarrebbe al 18% delle vendite globali di auto nel 2023, rispetto al 14% dell'anno precedente e solo all'1% nel 2017. Una svolta notevole che per l’Iea può essere “essenziale per la decarbonizzazione e la transizione energetica in quanto tale”. Da sostenitori della neutralità tecnologica riteniamo che sia il mercato dell’auto, in primo luogo, a doversi esprimere sul fronte della gestione degli equilibri ad esso interni. E in quest’ottica le stime Iea riflettono indubbiamente un mutato trend nei consumi che ha reso sempre più mainstream i veicoli a alimentazione elettrica. Del resto, l’Iea rende presente il fatto che uno stimolo a una crescita della domanda di veicoli elettrici oggi trainata soprattutto dalla Cina, che ne vedrà venduti 8 milioni nell’intero 2023, sarà dato dalla “guerra” economica con Washington: “L'Inflation Reduction Act (IRA) e i suoi sussidi hanno innescato una corsa all'elettromobilità globale” che ha permesso a colpi di incentivi a decine di aziende “di espandere le operazioni di produzione negli Stati Uniti. Tra agosto 2022 e Marzo 2023, i principali produttori di veicoli elettrici e batterie hanno annunciato complessivamente per il periodo il post-IRA il lancio di investimenti per 52 miliardi di dollari nelle catene di fornitura di veicoli elettrici nordamericani, di cui il 50% è stanziato per la produzione di batterie e circa il 20% ciascuno per componenti di batterie e l’assemblaggio di componenti”.
Quel che l’Iea non dice nel rapporto riguarda la sostenibilità del trend di crescita che si ritiene destinato a prendere piede da qui al 2035. In cui la politica europea sullo stop a buona parte dell’endotermico si inserisce tangenzialmente. In primo luogo, non è chiaro quanto sia ritenuta sostenibile una politica di sviluppo dei veicoli elettrici fondata principalmente sugli incentivi alla produzione o alla vendita di questi tipi di veicolo che dunque porti a una manipolazione di fatto del mercato per via della preferenza esplicita dell’attore pubblico in diversi Stati, soprattutto occidentali. In secondo luogo, il clima di conflitto economico vede la Cina correre avanti con la corsa alla creazione di economie di scala e l’Iea ricorda che è in anticipo sulla messa in commercio di veicoli elettrici capaci di costare 20-25mila dollari l’uno. Ma l’Iea non ricorda che questo è legato a un controllo delle filiere industriali del litio e di altre materie prime fondamentali che le aziende cinesi, come il colosso delle batterie CATL, si procacciano e lavorano in tutto il mondo. E a cui Ue e Usa reagiscono con i sussidi che rendono oneroso l’inseguimento.
In terzo luogo manca una riflessione strutturale sul tema della generazione energetica e della sicurezza delle reti. Vero nodo da tenere in considerazione quando si progetta una serie di rivoluzioni di questo tipo. Il caso della California e dei diversi picchi di sovraccarico imposti dalla presenza di troppi veicoli elettrici connessi alla rete, che nelle estati scorse ha prodotto tensioni e sovraccarichi, potrebbe riproporsi altrove. Il report sembra infine parlare di elettrico come di un “destino manifesto” per l’auto. Poco spazio viene dato alle auto endotermiche di concezione ibrida, ai biocarburanti, agli e-fuels e a altri tipi di prodotti da alimentazione. La sensazione è che il report Iea non parta dal necessario presupposto della neutralità tecnologica. E dimentichi che le vie della decarbonizzazione sono molteplici. Così come quelle di un’industria legata ai trend di produzione, sicuramente, ma anche a aspettative, preferenze e obiettivi economici-sociali dei consumatori in tutto il mondo. E su cui è difficile proporsi in maniera determinista.