Una pausa, una riflessione, la paura. Nell’incursione di Francesca Bagliolid al Pitti Uomo per MOW c’è uno straordinario momento di comunicazione-verità, decisamente indicativo dello spirito dei tempi. A essere intercettato fuori dall’esposizione è Gianluca Ginoble, uno dei cantanti de Il Volo. L’approccio è eterodosso, ma il dialogo è tanto surreale quanto significativo:
F: “Posso farti una domanda?”
G: “Sì, certo”.
F: “Secondo te ha ancora senso chiamare ‘uomo’ il Pitti Uomo?”.
G: (Pausa) “Tu lo sai che io sono un personaggio pubblico, vero?”.
F: “Certo”.
G: “Eh, se non c'è l’ufficio stampa che mi controlla passo i guai, quindi devo stare attento…”.
F: “Non puoi rispondere?”.
G: “Io ho delle idee ben chiare, no?”.
F: “Diccele, tranquillamente”.
G“Dici? È pericoloso, mi metti in difficoltà eh?”.
Una domanda appena provocatoria percepita come scomoda, guai allora a rispondere qualcosa di personale, financo una banalità, figurarsi qualcosa di vagamente intelligente. C’è sempre il rischio di alienarsi uno sponsor, l’ospitata, il gettone, e allora via così: se non c’è il tutor a filtrare, allontanare, orientare, suggerire, imbeccare, a comprarsi le parole insomma, meglio evitare e stare zitti, nell’ossessione di voler piacere a tutti, piattamente, senza uscire dal perimetro, soprattutto se c’è bisogno che qualcuno ti dica qual è il perimetro di una domanda che non cambia gli equilibri geopolitici e non sposta granché anche se rispondi in pubblico. Il che, se hai 28 anni, qualunque mestiere tu faccia, è abbastanza drammatico.
Perché quando si tratta di show-business gli uffici stampa educano e invitano, quasi obbligano, al vuoto pneumatico, all’assenza di verità e di senso, convincendo ragazze e ragazzi di successo che la banalità del nulla cosmico è preferibile a un qualsiasi afflato di rivendicazione delle proprie convinzioni e dei propri pensieri, tanto sui grandi temi quanto sulle sciocchezze. Un badante che impone al giornalista di non fare la tal domanda e, più spesso, all’intervistato di non rispondere. Chiaramente non è così per tutti e gli esempi di schiettezza, anche spregiudicata, non mancano, ma è comunque così per troppi. E sentirsi persi perché non si ha il gobbo, no, non è una gran figura. Ancora dall’incursione:
F: “Nei bagni genderless, senza distinzione tra uomo e donna, ci andresti?”.
G: (Qui Ginoble allarga le braccia. Che fare? Scappare? E come?) “Eh, diciamo che, in realtà, tu dici: uno magari ha fretta e non guarda nemmeno dove entrare, basta che entra, dici, no?”.
Al di là dei problemi per chi volesse inabissarsi nell’analisi logica della frase, a ben guardare, qualsiasi risposta difficilmente avrebbe generato un titolo, una polemica, né deve essere necessario un suggeritore per scegliere l’opzione “sì” o ”no”, busta grigia o busta arcobaleno, né eventualmente per capire qual è quella più politicamente corretta, visto che di questi tempi il timore quello è. Ma tutti i momenti di disagio, prima o poi, finiscono, e la liberazione per Ginoble arriva dopo la domanda: “Andresti con una donna con i peli?”. Lì il baritono abruzzese forse ha ricordato che l’ultimo ad avere parlato di peluria femminile in un contesto ironico e scanzonato (Tiziano Ferro: ricordate le “messicane coi baffi” in un’intervista dall’accomodante Fazio?) era stato preso sul serio e costretto addirittura alle scuse ufficiali per non essere bruciato su pubblica piazza.
Ginoble sorride, si rilassa: ha capito che c’è una via d’uscita.
Stai attento. Stai attento, frena. Ciao. “Ti abbraccio”.