Mascolinità? Tossica. Se la "mascolinità" fosse, appunto, una domanda, questa sarebbe l'unica, imperante risposta. Per associazione di idee, immediata. Negli ultimi anni, il grande dibattito di sensibilizzazione che ha preso vita, inizialmente sui social, riguardo alla figura femminile ha portato a risultati incoraggianti, se escludiamo i libri di poesie, e a qualche mezzo pesso avanti nella consapevolezza del ruolo delle donne nella società. Ora, ce n'è una perfino a capo del Governo. Ma lì, si sa, è stato più merito dei simpatizzanti di estrema destra che dell'indifesso lavorio Instagram delle attiviste nazifem. In ogni caso, tra le varie conseguenze possibili di tutto questo alacre rumore di fondo, si conta anche l'addio alla mascolinità eterosessuale, per dare il benvenuto a una nuova forma di maschio fluido, femminilizzato e dall'aspetto "inoffensivo". Smalto alle unghie, eyeliner sulle palpebre e outfit da sora Marisa (però aderentissimi e con qualche dettaglio latex), l'uomo contemporaneo ci viene proposto, dalla moda, dalla musica, dalle convenzioni social, costantemente en travestì. E dobbiamo pure dire che ci piace. Assai. Altrimenti, siamo schiave del patriarcato. Anche per questo, il meme di Damiano David col caschetto à la Anna Wintour è risultato, ai più, non un buffo fotomontaggio ma una credibile scelta di haircut, rispetto al personaggio. Davvero il nostro uomo ideale deve assumere i contorni di Anna Maria Bernini? Questa l'imperante narrazione social e giornalistica. Qui di seguito, invece, i motivi per cui non ci arrenderemo mai a tale scempio.
Per far ridere, fa ridere. Davanti a questo scatto del frontman dei Maneskin e alle sue varie mematiche declinazioni, nei commenti c'è chi lo paragona alla già citata Anna Maria Bernini oppure sottolinea la metamorfosi del nostro nella sua dolce metà, la celebre "Signorina Nessuno" attualmente in partenza per Pechino Express in quanto attivista. Fa ridere, sì, ma come si dice sul web, anche riflettere. Non c'è personaggio famoso, all'infuori forse di Jason Momoa ma lì perché qualunque stylist deve aver rifiutato di farlo entrare in un paio di scarpette Cinderella, che non ci venga proposto come una sorta di fatina dei denti. Ricordiamo bene tutti Timothée Chalamet in cosplay di Valerio Golino sul carpet dell'ultima Mostra del Cinema di Venezia e il coro di elogi che si innalzarono verso di lui da parte della stampa mondiale. Più per lo "stile" dimostrato che per il film in concorso, a voler ben guardare. Perché "bello" è diventato "femmina"?
Dubitiamo che questo tipo di narrazione corrisponda al 100 % della popolazione maschile eterosessuale, o almeno a quei due o tre gatti che se la sentiranno ancora di potersi definire tali in pubblico. Tutto ciò che ha a che fare, per convenzione, con il maschio, dal calcio ai motori, passando per gli sport in generale palestra compresa, è percepito come "tossico". Se piace a una femmina, invece, è ok. Lo stesso vale, s'intende, per la comunità queer. Se sei etero e mostri su Instagram i tuoi muscoli forgiati dalla palestra, sei un povero maschio alfa che non ha nulla di meglio su cui puntare, che s'imbroda della propria stessa grettezza. Se sei gay e fai squat, invece, sei rivoluzione, cuoricioni social. Perché? Perché se ti piace la fi*a, non puoi più metterci una riga?
Del resto chi, da donna etero, non adorerebbe avere un fidanzato mago del punto croce. Nell'immaginario comune, si sta aprioristicamente escludendo tutto ciò che è maschile, riconducendolo direttamente a dispregiativi "alfisti". E se, per assurdo, uno non fosse capo-branco ma semplicemente eterosessuale? Eresia. Già concepirsi in tal modo denuncia la totale ristrettezza di vedute dell'individuo preso in esame. La fagiana fa così vecchio stampo, drammaticamente anni 2000. Oggi siamo nel futuro e l'eterosessualità dichiarata, sia maschile che femminile, sembra una devianza, un fattore che denota massima ottusità e scarsissima capacità di autoanalisi. Eppur si muove.
Si sa, viviamo in tempi ben strani. Viviamo in tempi in cui l'uomo che rappresenta, a furor di media, "la più grande rockstar dei nostri giorni", sulla carta non fa sesso, all'infuori di qualche mossetta provocante on stage. O almeno così lascia intendere la narrazione di coppia David-Soleri. Ora, non diciamo che ci viene da rimpiangere il Club dei 27, ma una sacra via di mezzo sarebbe urgente da rintracciare tra i due estremi. Anche perché, altrimenti, va a finire (come sta andando a finire) che i ventenni arrivino a essere più interessati alla plastica (dei sex toys) che al divino scambio di corporei fluidi che l'amplesso etero da sempre comporta. Che oscenità. Progresso ci vuole, rivoluzione. Ah. Mò ce lo segniamo.
A ben guardare, pure il re e la regina dei social, i Ferragnez, danno l'idea di non scambiarsi un limone passionale dal 2003, quando ancora nemmeno si conoscevano. Eppure condividono ossessivamente ogni secondo della propria vita, esiste perfino una serie omonima, su Prime Video, che li ha seguiti per un anno intero nel loro intenso menage coniugale ed esistenziale. Se qualche scatto hot di coppia spunta, è sempre risalente ad anni orsono, mai hic et nunc. Con lui che le bacia il ventre e lei che, intanto, si spara un selfie. Oggi, Chiara si mostra spesso hot e provocante ma... da sola. In intimo, con lato b e capezzoli al vento sì, però rigorosamente nell'asettica cabina-armadio di casa, 'ngoppa al letto, su un terrazzo fiorito, ovunque ma senza Federico Lucia. Perché? Perfino le #adv rifuggono il contatto fisico uomo-donna ritenendo, è presumibile, di mandare un messaggio controverso e poco appetibile per la vision del loro target di riferimento. Target di riferimento plasmato dagli hashtag social dettati dal marketing in un circolo vizioso (ma molto pudico) del quale forse un giorno solo Branduardi potrà tirare le fila.
Mentre a noi pore donne etero non rimane che campare di nostalgia, stenti e privazioni, l'unica cosa che possiamo fare, sorseggiando tisana al finocchio, è dire no. Non all'orientamento sessuale di ciascuno, ci mancherebbe, ma a questa immagine Barbie MiniPony dell'uomo contemporaneo che troviamo patinatissimo sia su Instagram che sulle riviste e a cui ci toccherebbe pure di dire wow. Intanto, scorriamo i social, sì, per vedere se l'ex di dieci anni orsono tante volte sia ancora su piazza e che sia come nei nostri sogni bagnati "troglodita" e "maschioalfista" perché da piccolo si divertiva a giocare con le Micro Machines. E da grande, dentro al letto, a spettinarci in modo molto poco Instagram.
Il finto caschetto di Damiano dei Maneskin, le tutine coi volant, i modelli di maschio-Anna Maria Bernini teneteveli pure voi, giovani generazioni. Qui non ci si arrende a celebrare il funerale della mascolonità, qui non si crede aprioristicamente che sia tossica. Qui ce n'è (e ce ne sarà ancora) un gran bisogno. Da servi della gleba a schiave del patriarcato? E sia. Basta svegliarci al mattino spettinate, molto spettinate di fianco a uno che non sia già in bagno a inazzaccherarsi il muso di crema viso al patchouli...