Siamo nel 1993 quando la sedicenne potentina Elisa Claps scompare apparentemente nel nulla. Apparentemente, perché fin dai primi momenti tutti gli indizi puntavano verso una sola persona: Danilo Restivo, l’ultimo ad averla vista viva. La domenica d’inizio settembre in cui Elisa scomparve i due avevano appuntamento nella chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Luogo che le ha fatto da tomba per ben diciassette anni, fino al ritrovamento del suo corpo nel 2010. Ma cosa è accaduto in questo arco di tempo lunghissimo? Infiniti depistaggi, indagini inconcludenti e una chiesa che ha alzato i muri spinta dalla sola volontà di impedire di arrivare alla verità. Più volte è stato tirato in ballo don Mimì, sacerdote della chiesa in cui Elisa fu uccisa, perché la domanda alla fine è soltanto una. È possibile avere un cadavere nella propria casa e non saperlo? A questo noi di MOW abbiamo tentato di rispondere insieme a Gildo Claps, fratello di Elisa, che in questi trent’anni non si è arreso davanti a nulla. Con lui abbiamo ripercorso tutti i passaggi del tragico caso della scomparsa di sua sorella, passando anche per la fiction ora in onda sulla Rai "Per Elisa - Il caso Claps", fino alla macabra e recentissima riapertura al culto della chiesa dove è stata uccisa: “Una vergogna, hanno riaperto quella chiesa come ladri di verità. L’ennesimo insulto alla memoria di Elisa, nemmeno la dignità e il coraggio di mettere una targa commemorativa per mia sorella”.
Hai sempre pensato che ci fosse Danilo Restivo dietro la scomparsa di tua sorella?
Fin dalle prime ore, come del resto racconta la serie, che è estremamente aderente alla realtà. Immediatamente dopo la scomparsa mi sono reso conto che stava nascondendo qualcosa. Poi, a maggior ragione, quando con mio fratello Luciano siamo andati sotto casa sua e ho avuto modo di vedere la ferita che aveva alla mano, la sua difficoltà nello spiegare come se l’era procurata e la ricostruzione della "caduta" sulla scala mobile. Tutti elementi che ci avevano insospettito. Soprattutto conoscendo bene Elisa, che mai ci aveva fatto preoccupare per un ritardo, avevamo percepito che le fosse successo qualcosa e che c’entrasse Danilo Restivo.
Sul conto di Restivo nei giorni successivi alla sparizione di Elisa siete venuti a conoscenza di episodi inquietanti.
Venimmo a sapere di tanti dettagli che lo riguardavano, come l’aggressione nei confronti di due ragazzini, due cugini, a cui aveva tentato di tagliare la gola. C’erano tracce al tribunale minorile. Cominciarono anche ad arrivarci segnalazioni da parte di ragazze che avevano subito il taglio di capelli. Quindi i nostri sospetti aumentavano. Gli inquirenti, invece, continuavano a pensare che si trattasse di una scappatella.
Da parte di chi ha svolto le indagini traspare, come mostrato anche nella serie, quasi un senso di “corruzione”.
Su questa cosa non ci sono prove naturalmente, ma ci sono dei passaggi che inchiodano le loro responsabilità. Come il mancato mandato per esaminare i vestiti di Danilo Restivo.
Prima del ritrovamento, passando davanti la chiesa, hai mai avuto la sensazione che Elisa potesse trovarsi lì?
Io e mio fratello entrammo in quella chiesa a poche ore dalla scomparsa di Elisa, tra l’altro ce la facemmo aprire perché il prete era partito. Ispezionammo la navata, l’altare e poi arrivammo alla porta, chiusa, che conduceva ai piani superiori. Chiesi la chiave anche di quella porta, ma mi fu risposto che le chiavi le aveva solo il sacerdote.
E come mai Danilo Restivo aveva accesso a quei locali?
All’ora in cui scomparve Elisa la chiesa era ancora aperta, poi Restivo la conosceva molto bene. Poteva accedere ovunque. C’era stato un episodio, precedentemente la scomparsa di Elisa, in cui lui aveva portato ai piani superiori una ragazza tentando un approccio. Le urla di lei sono state sentite e qualcuno è riuscito a intervenire. Restivo si muoveva liberamente, poi è venuto fuori che aveva anche le chiavi che davano accesso ai vari piani.
La chiesa dopo la scomparsa di Elisa è stata perquisita?
Incredibilmente nessuno ha mai fatto una perquisizione, nonostante per stessa ammissione di Restivo quello era l’ultimo luogo in cui era stata Elisa. Perché lo dice il suo assassino. È surreale che non ci sia stata nessuna perquisizione.
Tu pensavi che potesse trovarsi lì?
In tutta la fase di indagini noi non avevamo accesso agli atti. Davo per scontato che fosse stata effettuata una perquisizione. Mia made, che lavorava al catasto, aveva fornito tutte le planimetrie di quella chiesa portandole personalmente in questura.
Una chiesa che dopo il ritrovamento è stata chiusa al culto. Poi la macabra decisione di riaprirla.
Non solo, ho avuto anche la "fortuna" di ritrovarmi all’interno una targa in cui venivano celebrate le virtù pedagogiche di don Mimì. Mi sono incaz*ato tantissimo perché le ombre su di lui continuano ad essere molte. Veramente una vergogna, hanno riaperto quella chiesa come ladri di verità. L’ennesimo insulto alla memoria di Elisa, nemmeno la dignità e il coraggio di mettere una targa commemorativa per mia sorella.
Menomale che Papa Francesco ha definito quella chiesa un luogo commemorativo in cui ricordare Elisa.
Hanno disatteso le parole stesse del Papa, incredibile. Tra l’altro pochi giorni prima della riapertura sono andati a casa di mia madre a cercare il dialogo, ed io avevo messo solo una condizione: “Voi volete la neutralità della famiglia verso questa riapertura? Vi basta ammettere le responsabilità che ci sono state prima e dopo il ritrovamento”.
Pensi che don Mimì fosse a conoscenza del fatto che il corpo di Elisa si trovasse nel sottotetto della chiesa?
Ho difficoltà a credere che qualcuno abbia un cadavere in casa sua e non sappia di averlo. Ovviamente la prova provata non c’è, lui poi è morto nel 2008 momento da cui inizia un lento cammino verso il ritrovamento di Elisa. È un segreto che si è portato con lui nella tomba.
Eppure, recentemente, la sua immagine non ne è uscita fuori benissimo.
Il 12 settembre scorso, quando abbiamo ricordato il trentesimo anno della scomparsa di Elisa, mentre eravamo davanti alla chiesa a manifestare una persona di sessant’anni ha preso la parola: “Trovo finalmente il coraggio di dire che sono stato abusato in quella chiesa, e come me molti altri”. Ha chiamato in causa proprio don Mimì.
Che comportamento ha avuto la chiesa nei vostri confronti dopo il ritrovamento di Elisa?
In realtà il nostro interlocutore è sempre stato solo e soltanto il clero di Potenza, ed ha avuto un comportamento pessimo sotto ogni profilo. Qualcosa di davvero inqualificabile, mancanza totale di rispetto. Professano la carità cristiana ma il loro comportamento è lontanissimo da quei principi. Un’ostilità continua.
Il punto più basso lo hanno raggiunto con questa riapertura.
Fatta in sordina tra l’altro. Il 24 di agosto scorso, in una città semivuota, hanno aperto le porte. Una cosa surreale. Adesso quei pochi che entrano si guardano intorno quasi a vergognarsi. La città stavolta ci sta dimostrando una grande solidarietà. Adesso, dopo l’uscita della serie, la gente mi ferma per strada per abbracciarmi. C’è un clima completamente diverso rispetto a quello di tantissimi anni fa. La città li condanna, ma del resto li condanna la storia.
C’era un clima omertoso nel 1993?
Era diverso. Quella chiesa ha sempre rappresentato il potere in città. Se c’è stato questo ritardo incredibile nel ritrovamento di Elisa, gran parte della colpa è perché è stata uccisa proprio in quella chiesa. Se fosse accaduto altrove probabilmente non avremmo dovuto attendere diciassette anni.
Le istituzioni ti sono state vicino?
Sono stati anni difficilissimi, fatti di scontri terribili.
Quanti depistaggi ci sono stati negli anni?
Infiniti. Per un anno hanno messo in piedi questo teatrino secondo cui Elisa si trovasse in Albania. Ma il più grande depistaggio lo mise in piedi Restivo stesso.
Cosa fece?
Nel 1998 mandò una e-mail da un Internet cafè, spacciandosi per Elisa, in cui scrisse che lei si trovava in Brasile. Questa e-mail arrivò su un sito che avevo fatto fare da un mio amico per ricordare Elisa, per avere la possibilità di raccogliere informazioni anche in forma anonima. Mi chiamò e mi disse che il messaggio era stato inviato da Potenza, dandomi l’indirizzo. Io mi precipitai lì e lessi sul registro di chi aveva utilizzato il computer il nome di Danilo Restivo. Portai tutto in questura ma anche in quel caso mi fu detto che non era abbastanza per riaprire le indagini, che in quel momento erano state chiuse.
I servizi segreti sono stati mai tirati in ballo?
Sì, sono stati chiamati in causa anche loro. Ci fu questa informativa incredibile in cui si assumeva che Elisa fosse stata uccisa, ovviamente da Danilo Restivo, e che il suo corpo si trovasse in un luogo centralissimo ma poco frequentato. Un’indicazione che avrebbe dovuto subito far pensare alla chiesa.
Com’è stato vederti interpretare nella fiction?
Sicuramente estraniante, rivedere la propria vita in una fiction non è semplicissimo. Ma in un certo senso anche catartico. Gli attori poi sono stati straordinari, un prodotto molto introspettivo e delicato. Sono riusciti a entrare nei nostri sentimenti di quei momenti.
Una serie che merita di essere vista.
In un momento in cui si dice che nel nostro paese non si vuole pensare molto, questa fiction ha il grande merito di far riflettere le persone. Una battaglia contro tutto e tutti, la ricerca della verità e della giustizia ad ogni costo.
Hai partecipato alle riprese?
Sì, sono andato sul set. Mi hanno coinvolto anche nella stesura della sceneggiatura, hanno accolto tanti miei suggerimenti. Sono stati estremamente disponibili. Ci tenevano che dal punto di vista umano la serie riflettesse quello che abbiamo vissuto davvero.