La visione comica del mondo rende lo spigolo tondo? Forse sì, forse no. Da Trump che lancia le sue battutacce nei colloqui di pace fino ai corridoi del Vaticano, sembra che il senso del ridicolo non conosca confini. Forse stiamo vivendo un’allucinazione in questo Natale. Al pranzo con i parenti, le conversazioni sono passate rapidamente dalla “rosa nel c**o” di Signorini, sputt**o da Corona, a discussioni più generali sulle stranezze del potere e della cronaca, mentre pochi hanno riflettuto su quanto era accaduto pochi giorni prima in Vaticano, in occasione della celebrazione natalizia. Una scena che sembrerebbe uscita da un film di Verdone: nell’Aula della Benedizione della Città del Vaticano, ricolma di papaline di cardinali, vescovi e arcivescovi del Sacro Collegio, tutti hanno ascoltato Papa Leone XIV pronunciare il suo discorso di Natale. Il momento più significativo, come riportato da Silere Non Possum, è stato quando il Pontefice ha rivolto alla Curia una domanda apparentemente semplice ma di grande peso: “È possibile essere amici nella Curia Romana? Avere rapporti di amichevole fraternità?”.
Non sarebbe divertente se, poco prima dell’inizio del discorso, il cerimoniere mons. Marco Agostini – presbitero della diocesi di Verona, cerimoniere pontificio dal 2009, figura di grande prestigio liturgico e culturale – avesse commentato sottovoce, vicino al microfono aperto, riferendosi a tutti i porporati riuniti: “i culattoni, tutti insieme”. Una battuta sorprendente, che in qualche modo riecheggia la stessa ironia talvolta riconosciuta a Papa Francesco in contesti informali. Monsignor Agostini non è certo un personaggio qualunque. Laureato in lettere all’Università di Padova nel 1999 – una delle più goliardiche università italiane – era già sacerdote della diocesi di Verona da sette anni. Dal 2000 ha lavorato nella Segreteria di Stato, occupandosi dei rapporti con gli stati esteri, e ad oggi continua a interfacciarsi con i media vaticani per spiegare il significato simbolico e spirituale di riti e celebrazioni liturgiche. Spesso fa le veci del Papa quando questi non può presenziare, mostrando una preparazione e una levatura intellettuale di tutto rispetto.
Insomma, un uomo di grande spessore canonico e culturale, da cui nessuno si sarebbe aspettato una frase del genere. Ma chi siamo noi per giudicare? D’altronde, tutta questa storia è incredibilmente divertente e in un certo senso perfettamente umana in un Natale trascorso da tutti noi tra il sacro ed il profano. Ma la riflessione è davvero importante? Forse no, il cinema che non ci fa più ridere nei cinema con i vari Checco Zalone e cinepanettoni vari dovrebbe smetterla, forse di ispirarsi al passato, di essere autoreferenziale, ma tornare ad osservare il reale e trarre ispirazione per le opere future. Non c’è da disperarsi oppure esaltarsi, c’è soltanto da ridere. Non c’è più da riflettere, da trovare una risposta, cercare la verità nelle cose. Dobbiamo solo lasciare che questa valanga di risate sguaiate e cafonissime ci travolgano, ci sommergano e magari ci soffochino pure.