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Il generale Vannacci è l’oggetto di desiderio (gay) della sinistra

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

29 aprile 2024

Il generale Vannacci è l’oggetto di desiderio (gay) della sinistra
La narrazione del Roberto Vannacci reazionario è tutta sbagliata. Il generale incursore, stando ai fatti, è più legato alla cultura liberale moderna (attenzione, non postmoderna) che a qualsivoglia tradizione antica. Non cita i padri della Chiesa, ma gli psicologi americani. Il resto è pensiero irriflesso. La sinistra che lo demonizza in realtà lo considera un oggetto di desiderio omoerotico-politico. La Sinistra è molto più a Destra di Vannacci. E forse sogna di indossare le sue vestaglie

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

In realtà Roberto Vannacci non ci sembra alla fine tutto questo reazionario conservatore come lo dipinge la Sinistra. Anzi, messo a confronto con certe virago (beninteso: virago donne, virago uomini, virago Lgbtq+) ipermanicheiste da “io sono l’assoluto bene e voi siete l’assoluto male” ci sembra un morbido e tenero liberalsocialista, quasi un redivivo appartenente a quell’ala moderata della Democrazia Cristiana che fu rappresentata dalle correnti Azione Popolare (Forlani, Scalfaro, Casini, Iervolino) e Alleanza Popolare per il cambiamento (Formigoni, Buttiglione, Lupi, Fumagalli Carulli), o, per andare ancora di un po’ indietro nei tempi, Vannacci sembra un “doroteo”. Di più: queste correnti della DC – come in tutte le espressioni politiche che (ahimè) ci siamo lasciati alle spalle – avevano una base teorica solida, si rifacevano Dottrina Sociale della Chiesa, ai Padri della Chiesa, e in fin dei conti a Luigi Sturzo. Vannacci è tutto questo e in più, o in meno, è “moderno” (attenzione, non “postmoderno”, ma “moderno”). Le sue vestaglie arabesco le camicie a pois, la morbidezza dello sguardo lo rende perfino compatibile con un desiderio omoerotico/politico. In realtà Vannacci sembra il desiderio omosessuale politico represso della sinistra che, negandolo e odiandolo, diventa, ella sì, omofobica. 

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Non si riesce a distinguere Roberto Vannacci da una qualsiasi professoressa col cerchietto o professore con la tracolla in tela o professor* Lbgtq+ con il loro patriarcato

Vedete: esiste un pensiero riflesso e uno irriflesso. A volte le frasi pronunciate dagli esseri umani sono frutto di riflessioni, altre volte no, esse echeggiano dal nulla di qualcuno che disse qualcosa senza pensarci (un esempio è la convinzione corrente che “gli ebrei hanno rubato la terra ai palestinesi” quando quel territorio non era dei palestinesi bensì era un mandato britannico che si decise di dividere in due). Bene: quello 'militare' è il pensiero irriflesso par excellence; il militare è un uomo di azione, non di pensiero, ovverosia 'pratica' quel tanto di pensiero necessario all'azione (questo pensiero che ‘discende’ dall’azione ha un nome: strategia. E dato che l’uomo “come opera pensa” non c’è da stupirsi se Vannacci, a proposito della questione omosessuale, si rifaccia a Marshall Kirk (neuropsicologo) e Hunter Madsen (esperto di comunicazione e pubblicitario) che nel libro “After the ball” elaborarono appunto una “strategia” per combattere l’omofobia. I complottisti vedono quella pubblicazione come il manifesto di una “segreta agenda gay per sovvertire il mondo”, quando invece non è nulla di segreto ed una strategia come un’altra. In questo senso la lettura di Vannacci della questione omosessuale ci sembra meno estrema di chi grida al complotto del gender. Certo, Vannacci, magari, non ha approfondito quel libro, glielo hanno probabilmente riassunto, o, se lo ha letto lo ha fatto prendendo dal testo solo ciò che gli è utile alla sua, di strategia. Ma domando: sicuri sicuri che la Sinistra non abbia fatto la stessa cosa con Marx, dilaniando il suo cadavere (un morso a me uno a te) per giustificare infine la propria avidità di “Potere”?

La Sinistra è molto più a Destra di Vannacci

Mi spiego. Siamo nell’ambito del “moderno”, il mondo viaggia a diverse velocità e mentre il postmoderno approfondisce la contemporaneità rimandando sullo schermo della cultura pop gli archetipi junghiani – e mentre alcuni di noi sono già oltre il postmoderno nella pura fisica teorica dello Spazio e oltre l’orizzonte di qualsiasi evento - la politica resta ancorata al “moderno”, ossia quel mondo triste che nasce dalla fine dell’Impero come lo sognò Federico II, l’imperatore illuminato, e con la nascità dall’idea di “sovranità nazionale”: Re come piccoli e cafoni parvenu del Regno, da lì la decadenza: dopo i re i dittatori, dopo i dittatori i segretari di partito; il cafone che avanza). Ecco: nel “moderno” le frasi “politiche” non esprimono idee, esse sono segni, simboli, come le divise (dagli eserciti al calcio, per dire) o le bandiere e servono oramai a distinguere – come ha spiegato una volta per tutte Karl Schmitt ne “Le categorie del ‘politico’ (edizioni de Il Mulino, con la prefazione, guarda caso, dello splendente Gianfranco Miglio) – il mondo nella dicotomia amico-nemico, che è la stessa essenza dello “storicismo” (questo straccetto della Storia) e del materialismo dialettico (questo hegelianesimo monco) 'praticate', identicamente e identitariamente dalla 'sinistra' da quando, per così dire, dimentico la terza fase (hegeliana) del pensiero marxista ossia la "sintesi": da quel momento in poi è impossibile parlare 'comunismo' laddove sarebbe più corretto parlare di 'identitarismo'. Destra e Sinistra non si distinguono. Nella politica moderna, e Vannacci è “modernissimo” non esistono parole "pensate" bensì parole "enunciate", "mostrate", come le fotografie degli influencer, dove c'è solo l'immagine, la superficie smaltata. Non si riesce a distinguere, in altre parole, Roberto Vannacci da una qualsiasi professoressa col cerchietto o professore con la tracolla in tela o professor* Lbgtq+ con il loro patriarcato. Il primo, Vannacci, in fondo un democristiano moderato, proporzionalista e pentapartitista, contro la dittatura delle minoranze, i secondi, la Sinistra, che mandati definitivamente affanc*lo i poveri vogliono una dittatura delle minoranze, meglio se privilegiate. Io, sinceramente, non lo so se Pier Paolo Pasolini oggi – come allora a Valle Giulia – parteggerebbe per il ceto medio riflessivo (che sembra sì una malattia mentale) o per Vannacci. Per quanto riguarda, infine, la questione “disabilità”, io per primo rimasi (e sono scandalizzato) per le parole de “Il Coraggio Vince” in cui Vannacci si sentiva offeso dall’accusa di omofobia “perché la fobia è una malattia mentale e nessuno vuole parlare con i malati mentali”: frase infelicissima che notammo solo noi di MOW (in questo Vannacci ha ragione: non leggete solo i titoli, che si tratti di articoli o di libri) ammorbidita oggi dalle sue dichiarazione che vanno invece nel senso di un rafforzamento del welfare per chi ne ha bisogno. Ma se Vannacci ha dalla sua la scusa di essere una persona che si esprime con parole semplici, confinanti con lo slogan, alla Sinistra delle minoranze non mi sembra che si siano fatte mancare frasi infelici e senza la scusa di una semplicità del pensiero: mi riferisco a “tutti i maschi sono assassini” o “ogni donna viva è una donna sopravvissuta a un femminicidio”. La Sinistra, mi pare, è molto più a Destra di Vannacci. E, forse, se lo teme tanto, è perché, in fondo, lo vede come uno di loro, ma meno incartato. 

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