Non è uno scherzo, ma una cosa molto seria. Secondo il giornalista ucraino Vladislav Maistrouk la telefonata dei due comici russi, Vovan e Lexus, alla Presidente Giorgia Meloni dimostra la pervasività della propaganda russa: “Loro non fanno mai domande a caso per divertirsi: volevano arrivare a una risposta per poi usarla per mettere nei guai l'Italia come nazione”. Senza dubbio, una mancanza di attenzione della segreteria di Giorgia Meloni c’è stata, ma non è l’unica ragione. Anche perché, spiega Maistrouk, i due non sarebbero davvero dei comici: “Vanno chiamati agenti”. Qual era il loro obiettivo, dunque? Insinuare il dubbio, promuovere la causa russa sfruttando la debolezza italiana. Tra caro bollette, la guerra in Medioriente e un futuro incerto, è facile dare la colpa alla “stanchezza” e sospendere l’aiuto all’Ucraina. “È sbagliato dare spazio ai propagandisti”, ha detto Maistrouk. Da rivedere, quindi, la scelta di Lilli Gruber, che a Otto e mezzo ha invitato proprio Lexus, uno dei due comici-agenti. In un’epoca così complessa e in tempo di guerra i giornalisti hanno una responsabilità ancora maggiore, verso se stessi e verso il pubblico: “Non possiamo legittimare personaggi come quelli. Specialmente se lo si fa per fare audience”. Al tempo delle immagini della violenza, dell’estetizzazione del dolore, chi fa informazione diventa un filtro necessario, una difesa preventiva nei confronti della falsità. Poi i Toni Capuozzo, i Francesco Borgonovo e tutti gli altri che commentano in televisione: “Non si può parlare di guerra come se fosse un programma di Barbara D’Urso”. Maistrouk ne ha per tutti e vista la gravità del conflitto tra Israele e Palestina ci saranno ancora molte situazioni di cui discutere. Ciò che conta è la forza di resistere alla semplicità, all’informazione veloce e fuori contesto, alle analisi superficiali: non basta sventolare lo stendardo della libertà di parola per dimenticarci che non tutte le opinioni sono uguali.
Vladislav Maistrouk, lei ha scritto un tweet molto severo a proposito della telefonata dei due comici alla premier Giorgia Meloni?
Il fatto è che state sbagliando all'inizio: questi non sono comici. Quelli che fanno gli scherzi telefonici sono dei disturbatori seriali. Quelli dello Zoo di 105 erano scherzi. Qui la situazione è diversa perché in queste telefonate loro si presentano sempre con il nome di personaggi noti, a volte sono Petro Poroshenko, altre sono Emmanuel Macron e così via. Quindi loro ogni volta si presentano come qualcun altro per parlare con capi di Stato oppure con persone che hanno a che fare direttamente con le decisioni politiche. Loro non fanno mai domande a caso per divertirsi. Alla Meloni hanno chiesto del sostegno all'Ucraina e notizie sul Niger. Loro volevano arrivare a una risposta per poi usarla per mettere nei guai l'Italia come nazione.
Secondo lei come hanno avuto quei contatti?
Loro hanno chiamato la segreteria, poi sono stati richiamati. A questo punto o la segreteria del Presidente del Consiglio è altamente incompetente e mette a repentaglio la sicurezza nazionale, perché chissà chi altro può chiamare e fare la stessa cosa, oppure loro sono stati dotati di mezzi talmente sofisticati che hanno potuto fare quest'operazione. Non è spionaggio e neanche infiltrazione: è un'operazione di influenza attraverso i media, è un'operazione di uno Stato, ossia la Russia, contro lo Stato italiano. Perché io capisco che ora c'è chi sbeffeggia Meloni e così via. Per carità, se fossimo in altri tempi magari sì, ci potremmo anche fare quattro risate, ma non è più il tempo.
Alcune mancanze sono comunque state ammesse dalla segreteria.
È probabile, questo io non lo posso sapere. A dire la verità non ho mai cercato di contattare la segreteria del Presidente del Consiglio italiano quindi non lo so… Ma sta di fatto che questi due agenti, che si fanno chiamare Vòvan e Lexus, non è la prima volta che fanno queste cose.
Perché li chiama agenti?
Perché ogni volta che chiamano qualcuno pongono delle domande che servono poi alla propaganda russa. In questo caso volevano avere da Meloni la risposta della stanchezza per dire: “Ah, vedete? Tutti stanchi dell'Ucraina”. O la domanda sul Niger: volevano mettere in difficoltà la Francia e l'Italia che sono già in tensione tra di loro per via dei migranti e di tante altre cose.
In quali altre occasioni è evidente la loro funzione per il governo russo?
Quando, per esempio, questi due si sono presentati come un deputato ucraino a Pramila Patten delle Nazioni Unite, che è la rappresentante speciale della segreteria che si occupa delle violenze sessuali nei conflitti. Anche lì le domande che ponevano erano fatte in tal modo da provocare una risposta che aderisse alla propaganda russa: in quel caso, volevano farle dire che le violenze sessuali da parte dei soldati russi verso le donne in Ucraina non c'erano state. Per questo dico che invitare certi personaggi in un programma televisivo è sbagliato. Ma questo lo rimetto alla coscienza di Lilli Gruber…
Cosa intende?
A Otto e mezzo si è dato spazio ai propagandisti. Quando chiami delle persone del genere tu sai che diranno delle cose pazzesche come, per esempio, che le vittime civili di Bucha sono dei manichini oppure degli attori, come era successo l’estate dell’anno scorso. Stiamo cercando di legittimare la voce dei giornalisti russi, per poi contrapporli ai giornalisti italiani, che magari sono sul luogo. Così lo spettatore può trarre le sue conclusioni. Questo, però, è assurdo: non si può fare una media fra la falsità e la verità, perché non ne viene fuori niente. È l’esempio del panino con la mer*a: se spalmi il pane con la mer*a non puoi dire che è Nutella. Quando tu fai finta che tutte le posizioni abbiano lo stesso peso diventa ambiguo per lo spettatore. Infatti, si vede come ha deciso lo spettatore: alcuni sono convinti che a Bucha non sia mai successo niente.
L’hanno sostenuto anche alcuni giornalisti, no?
Certo, ci sono anche personaggi come Toni Capuozzo che da casa iniziano a fare ragionamenti strani mettendo in dubbio che siano morte delle persone. Ecco, Capuozzo è da due anni che lo aspettiamo a Bucha perché faccia le sue indagini, ma lui lasciamolo stare…
Tornando a Lilli Gruber, in cosa lei ha sbagliato?
Perché ha cercato solo di fare audience, soldi con la pubblicità. Quindi in quel caso smetti di fare informazione e inizi a fare qualcos'altro. Quando tu chiami qualcuno che per mestiere mente e continuerà a mentirti durante la trasmissione, cosa ti aspetti?
Anche l’immagine della Russia, quindi, si modifica?
Si sa che la Russia si è trasformata, soprattutto negli ultimi due anni, in una vera e propria dittatura, cioè non c’è più, come dicevano i russi la democrazia sovrana, qualsiasi cosa voglia dire. Si dice che non c'è bisogno di altri candidati eccetto Putin per la presidenza. Quando una persona esce con un cartello, anche bianco, in qualsiasi piazza russa viene imprigionato. Se scrivi “stop alla guerra” ti danno anche qualche anno di galera. Poi ci sono delle domande che io trovo incomprensibili.
Tipo?
Era già successo diverse volte: Margarita Simonyan su Russia Today intervistava quei due agenti della Gru (l’intelligence russa ndr) che sono accusati di aver avvelenato in Inghilterra un cittadino russo ormai diventato britannico. Gli hanno fatto chiedere: “Voi siete agenti della Gru?”. Loro, ovviamente, hanno risposto di no. Vi sembra una cosa seria? Che risposta si aspettavano? No, anche qui con la Gruber non è una cosa seria, non puoi sdoganare personaggi del genere.
Alcuni parlerebbero di libertà di stampa, lei non è d’accordo?
Quelli come Vòvan e Lexus vanno tenuti alla lontana. C'è la libertà di stampa ed è bellissima, c'è la libertà di parola, di pensiero e così via. Però tu giornalista sei il primo filtro: quando dai platea ai propagandisti russi tu li hai sdoganati, li hai messi sullo stesso livello degli altri tuoi ospiti in studio, che poi vengono anche derisi.
Si riferisce al gesto con la mano fatto da Lexus durante l’intervento di Mario Sechi?
Sì, io mi chiedo cosa sia venuto in mente al regista di La7 che lo ha inquadrato mentre faceva quel gesto. Qui non siamo di fronte a uno scherzo telefonico, ma a un agente dei servizi russi che ha fatto un'operazione di propaganda.
Sul nostro giornale abbiamo parlato di come si sta gestendo l’informazione e l’eccesso nel mostrare immagini violente fini a se stesse. Lei cosa pensa di questo?
Diciamo che è cambiato tutto rispetto a prima. Sono cambiate prima di tutto le possibilità tecnologiche e quindi le immagini di guerra ti arrivano da sole perché vengono filmate da quelli che le vivono. Non c'è neanche bisogno di mandare l'inviato di guerra. L'unica cosa è che tu, standotene a casa, pure in redazione, non sai se quella cosa che stai vedendo è vera o meno. Perché se cade un missile finché non arrivano gli esperti è difficile che qualcuno ne verifichi l’appartenenza. Il primo che dice, “è stato un missile ucraino", avrà ragione. Ormai quell'idea è entrata in rete e tutti si papperanno quella storia. Non serve poi ripetere che non era un missile ucraino. La tecnologia sprona tutti noi che ci occupiamo di informazioni a essere veloci. Il problema è che la tecnologia è molto più veloce delle possibilità umane: molto spesso incappiamo in errori perché dobbiamo cavalcare l'onda o arrivare prima degli altri.
Una situazione come quella dell’ospedale a Gaza.
Sì, che poi il missile non era israeliano. L'altro problema è che tutti noi rappresentanti dell'informazione siamo stati ridotti a dei venditori. Noi vendiamo notizie: per sopravvivere dobbiamo avere un certo numero di follower e di iscritti che mi danno uno share. Perché la guerra in Ucraina veniva trattata come fosse il Grande Fratello? Perché faceva scena. Perché era uno show che vendeva. Per trattare la guerra in Ucraina in modo serio non devi invitare quelli come Francesco Borgonovo, che è vicino a Casa Pound.
A cosa si riferisce?
Una volta nella trasmissione di Myrta Merlino su La7 Borgonovo fece una domanda a Katia Procopenk, la moglie di un comandante del battaglione Azov. Lui le chiese semplicemente se il marito era un neonazista: qual era lo scopo? Fare tv sensazionalista. Perché quando tu discuti la guerra come se fosse un programma su Canale 5 di Barbara D’Urso perde tutto di senso, stai al gioco di Vladimir Putin.
Alcuni hanno spesso ricordato la vicinanza tra Berlusconi, e quindi Mediaset, e Putin.
Non lo so se Mediaset faceva certe trasmissioni perché sono amici intimi di Putin, questo non lo posso dire. Penso sia una questione di rating per fare ascolti. Nessun sentimento, niente di personale, “just business”. E quando il just business arriva a questi livelli diventa pericoloso.
La questione della guerra tra Israele e Palestina è stata affrontata nello stesso modo…
Sì, la situazione è stata inquadrata con gli stessi identici schemi. Poi c’è da dire che quel conflitto è comunque sentito più vicino: ci sono tanti rappresentanti anche del mondo arabo che vivono in Italia e in altri paesi del mondo che si sentono comunque coinvolti in questa situazione.
Qual è la cosa più importante per un giornalista in queste situazioni?
Noi giornalisti abbiamo una responsabilità verso noi stessi, come essere umani. Perché il giornalista che soltanto va lì, fotografa, fa le domande, però non analizza che senso ha? Ora, soprattutto adesso che ci sono i social, tutti i leader mondiali, ma anche non leader, possono esprimere il loro punto di vista tranquillamente, postandolo su un social che potenzialmente può fare milioni di visualizzazioni. Il giornalismo è essere rispettosi di se stessi e del proprio pubblico. Io credo che ieri a 8 e mezzo, la Gruber sia stata irrispettosa verso il pubblico e verso l'Italia in genere.
Tornando a quello che ha detto Meloni: l’idea della stanchezza rispetto al sostegno in Ucraina è molto diffusa?
Sento parlare di stanchezza da un anno ormai. Anche se è una stanchezza solo a parole. Intendiamoci, l'Italia ha dato all'Ucraina lo 0,02% del budget militare. Per questo va detto grazie. Ma né Meloni né Draghi hanno tolto il pane agli italiani per darli all’Ucraina, non è successo questo. Quindi la stanchezza è stata molto strumentalizzata dai media in tutto il mondo, in Italia specialmente, perché come si è detto prima gli agenti di informazioni russe sono penetrati nell'informazione italiana. E se non sono penetrati vengono comunque chiamati dalla stampa italiana per dire la loro…
Un esempio di questa strumentalizzazione?
Una volta Michele Santoro ha detto che invece di dare 250 miliardi all'Ucraina dovremmo costruire infrastrutture nel Nord Africa così da risolvere il problema dell’immigrazione. Allora io voglio dire a Santoro che lui non è più un giornalista, ma un politico: nessuno Stato, tantomeno l'Italia, ha dato all'Ucraina 250 miliardi di euro. Cioè neanche tutto l'aiuto che ha ricevuto l'Ucraina dall'Unione Europea equivale a 250 miliardi di euro, questo per essere chiaro. Però, sempre dalla Gruber, Santoro lo dice e lei non controbatte. Un giornalista dovrebbe dire stop, fermi, forse si è sbagliato, forse milioni e non miliardi. La gente ha sentito miliardi, vede le bollette e tutti gli altri problemi ed è normale che dica basta al sostegno all’Ucraina. Poi la telefonata-scherzo è avvenuta a settembre: dopo quella data sia l'Italia, che la Gran Bretagna e la Germania hanno continuato a dare all'Ucraina ingenti aiuti militari e finanziari. Parlare di stanchezza non credo sia appropriato. Gli Stati Uniti stanno adesso discutendo questa tranche di oltre 100 miliardi in aiuti militari e finanziari sia per Israele che per l’Ucraina. Se poi c'è stanchezza dal punto di vista mediatico è da vedere
Con Donald Trump alla Casa Bianca le cose cambierebbero?
L'incognita più grossa resta quella, perché se lì gli americani decideranno di eleggere Trump, che ci piaccia o no, nessuno aiuterà l'Ucraina. Le conseguenze saranno catastrofiche. In primo luogo, per l'Unione Europea perché ci saranno come minimo 10 milioni di profughi, perché i russi a questo punto non si fermeranno certo a quello che hanno già preso. Ci sarà chi opporrà resistenza e chi vorrà salvarsi andando verso l’Unione Europea. Quindi l'Unione Europea deve pensare molto bene se non vuole trovarsi con 10 milioni di ucraini in più rispetto a quelli che già ci sono.
I giornali stanno sottovalutando il pericolo dell'infiltrazione russa oppure è un modo per indebolire il governo Meloni?
Che tutti i giornali nei paesi democratici, dove c'è una concorrenza delle idee, seguono delle politiche di redazione è certo. In Italia, come in tutti gli altri paesi, ci sono giornali di destra e giornali di sinistra. È logico che un giornale di sinistra coglie l'occasione per tirare un sasso metaforico verso il proprio opponente politico. E lo hanno fatto. Però è stata sottovalutata la situazione perché quella telefonata non era un attacco della Russia contro la Meloni. Perché se cambiasse premier non cambierebbe di una virgola la politica internazionale italiana. Forse se ci fosse Giuseppe Conte anche se, una volta insediato, una volta parlato con gli altri leader europei e mondiali, probabilmente potrebbe anche cambiare idea. Anche perché il Movimento 5 Stelle ha sempre votato per gli emendamenti in favore dell'Ucraina. Magari non in toto, ma anche la Lega ha votato. Non possiamo più permetterci il lusso di sentire i conflitti lontani da noi, perché poi in un modo o nell'altro ritornano: quello ucraino con i profughi, quello in Medio Oriente con le contestazioni e le varie dimostrazioni.
Come giudica il tono di quelle manifestazioni?
Sono fatte di anti-islamismo, antisemitismo: una cosa davvero brutta. Io non credevo di rivedere cose del genere. In Francia disegnano stelle di David, fanno la caccia all'ebreo, strappano le fotografie dei bambini prigionieri di Hamas. Dopo il ’45 non pensavo che potessero succedere di nuovo certe cose: invece siamo punto e a capo a quanto pare.
Il mondo ormai è diviso in due?
Noi vediamo effettivamente formarsi dei blocchi molto grossi dove ci sono rappresentanti di paesi dittatoriali con grossi capitali e grosse risorse. Poi vediamo le democrazie che hanno grossi capitali e grosse finanze. Di risorse ne hanno meno: sia l'Europa che gli Stati Uniti non possono competere né con la Russia né con l'Arabia Saudita né con l'Africa per risorse naturali. Adesso vediamo attaccare Hamas e poi scopriamo che il cervello del computer, quello che gestisce il software di Hamas, si trova a Mosca, che i rappresentanti di Hamas vanno sempre a Mosca, che per esempio delle armi leggere in dotazione dell'esercito ucraino, prese dall'esercito russo come trofeo, sono finite prima in Iran e poi sono finite a Gaza. Come lo spieghiamo tutto questo? Siamo in un momento, mi sembra, abbastanza chiaro: c'è una lotta fra le democrazie, con i loro difetti e con tanti scheletri nell'armadio, contro delle vere e proprie dittature. In Iran si sa che cosa succede alle donne. La Russia sta perpetrando un genocidio contro l'Ucraina.
La questione della disinformazione è centrale in questo scenario, no?
L’Unione Europea sta cercando di adottare una legislatura tale da poter contrattaccare o quantomeno limitare la disinformazione. Il problema è l'implementazione di queste leggi e di come i singoli paesi la interpretano.
Una pace in Medioriente sarebbe il primo passo verso una pace in Ucraina?
Non credo sia così diretta la cosa. Se succede un miracolo e tutti si metteranno d’accordo, non so come, fra di loro, io non credo che la Russia si fermerà. Il problema della Russia e dell'Ucraina è che loro sono convinti di poter spingere fino all'ultimo. Se non sarà Gaza ci sarà qualcos’altro che può distrarre l'attenzione e ampliare il raggio del conflitto.
Cioè se anche a Gaza si arrivasse alla pace si aprirebbe un altro fronte da qualche parte del mondo?
È probabile, ci sono tantissimi luoghi in cui la tensione è elevatissima. Un ulteriore conflitto non è da escludere.