Le conseguenze delle elezioni si fanno già sentire sui leader politici: Enrico Letta, dopo la débâcle del Partito Democratico alle urne, ha annunciato la convocazione del congresso e ufficializzato il fatto che non correrà per la segreteria. E mentre Giorgia Meloni gode (e si prepara a formare il governo) c’è chi non solo ha perso ma rischia di sparire dalla politica (Di Maio è fuori) e chi fino a poco tempo fa voleva guidare il centrodestra e ora si ritrova con un pugno di mosche (Salvini). Intanto Berlusconi si conferma il solito highlander e al centro ha ribadito che non c’è posto per nessuno (capito Calenda-Renzi?). Ecco il pagellone di MOW
Giorgia Meloni 88: il 28 ottobre sarà già premier e ho detto tutto (cit.). Inevitabile darle 10, è partita 8 anni fa come una Di Maio qualsiasi, una costola missina (sì, a chi si scandalizza per la superstite Fiamma Tricolore ricordiamo che all'atto della fondazione c'era nel simbolo anche la dicitura MSI), ora è il primo partito italiano che da solo pareggia tutta la coalizione del centrosinistra. "Abbiamo fatto 'a storia, ora è er tempo daaa responsabbbilità" dice molto del fatto che sa che ora il gioco delle tre carte non lo può più fare. Da premier, da leader della coalizione non potrà più presentarsi in una coalizione alle elezioni per poi andare all'opposizione nel momento più conveniente. Risultato comunque eccezionale il suo, in cui Giorgia ha creduto anche quando gli altri la deridevano, segno che la politica alla vecchia maniera, la coerenza e il fascismo dalle nostre parti funzionano sempre. La domanda ora è: i fari saranno Orban, Le Pen, Alba Dorata e Vox oppure scopriremo una Meloni moderata? C'è anche una terza via, la sindrome Alemanno: dover mettere talmente tanti camerata e sodali nei posti di governo e su poltrone assortite da autodistruggersi. Direi che aver candidato (e vinto) a Sesto San Giovanni, l'ex Stalingrado d'Italia, Isabella Rauti (peraltro ex di Alemanno) indichi la prima come via maestra. Se possibile mandatemi al confino a La Maddalena, grazie.
Giuseppe Conte 9: meravigliosa Italia che ha bisogno di eroi cialtroni, di quelli che trasformano il piombo (una lunga sequela di errori) in oro (un risultato decente, divenuto successo straordinario per merito di PD, Di Maio e giornalisti smemorati). Prende la metà del 2018, ma aveva fatto così tanti danni prima, che la mancata disfatta si trasforma in trionfo. Si perde in pochi mesi Di Maio, credibilità e pure Grillo, provoca Draghi e si prende la responsabilità di una crisi che neanche voleva, poi il PD lo snobba. Fino a due giorni fa, da Formigli, ancora recriminava con gli occhi lucidi per il mancato matrimonio. Ma in Italia tutto questo ti fa recuperare voti. Insieme al reddito di cittadinanza (merito di Di Maio, peraltro, che lo annunciò col mitico "abbiamo abolito la povertà") che tutti gli altri per far contenta Confindustria (che porta meno voti di Adinolfi - 0,06% - in una riunione di condominio) hanno snobbato e vilipeso. Ma che al Sud gli ha fatto fare jackpot. Giuseppe Conte è lo Steven Bradbury della politica.
Silvio Berlusconi 8: immortale. Domenica mattina diceva che la Meloni gli faceva paura e che voleva superare Salvini. Risate di tutti. Non ci è riuscito per poco più di mezzo punto percentuale. Forza Italia non esiste più, ma lui da solo, con la forza del suo consenso personale e una campagna elettorale risibile (ma diventando comunque icona, persino su TikTok) porta a casa l'8 per cento e rende ancora più disastroso e ridicolo il risultato di Matteo Salvini (l'Italia è quel paese in cui quest'ultimo prende la metà dei voti del 2018 e fallisce miseramente, Conte ottiene lo stesso risultato ed è un campione). Chi l'avrebbe mai detto che un giorno lo avremmo visto come unico realistico argine a una deriva autoritaria e antidemocratica. Da zio matto a nonno saggio (ma sempre sporcaccione) in un paese da operetta come il nostro, una democrazia a responsabilità limitata, il passo è breve. Tik Tok Tak.
Carlo Calenda e Matteo Renzi 7: noti come i perculatori di Enrico Letta - uno lo bacia e poi lo tradisce, l'altro gli dice stai sereno e poi lo pugnala alle spalle (Enrì, non saresti neanche malaccio, ma Fantozzi in confronto a te è uno rispettato e fortunato - portano a casa poco più della somma dei fattori e nel paese in cui le alleanze a freddo vanno malissimo non è poco. Ma ruba tutto al PD, come già successo in passato a Monti. Tutti nelle analisi si disperano per la mancata alleanza con Letta, pochi notano che con loro il centrodestra governerebbe con la maggioranza assoluta pure in caso di modifica della Costituzione (e sul presidenzialismo c'è da giurare che succederà). E i due, lo sappiamo bene al di là delle ipocrisie di facciata, sono di destra. In doppiopetto, per carità, ma siamo sicuri che un braccio non lo tenderanno verso Meloni e soci? E sappiamo quanto Giorgia sia sensibile alle braccia tese.
Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli 6: Alleanza Verdi e Sinistra Italiana merita un bel dieci per l'elezione al Senato di Ilaria Cucchi, un'insufficienza per la sconfitta onorevole per Aboubakar Soumahoro (collegio sbagliato?), ma ha un merito: i cartelli di sinistra, più o meno radicali, dal 14 aprile 2008 hanno avuto il compito di esaurire il serbatoio di voti di tutto ciò che era a sinistra del PD, spesso sfiorando beffardamente le soglie di sbarramento, perché comunisti e soci quando perdono sanno farlo alla grande. Non gli basta la disfatta, vogliono anche la beffa. Un po' come le sei sostituzioni di Fonseca in Roma-Spezia della Coppa Italia 2020-2021. Qui la soglia viene superata con un risultato accettabile, nulla di entusiasmante, ma almeno interrompono una tendenza disastrosa.
Emma Bonino 5: data a lungo sotto il 2%, la preferita da giornalisti e salotti liberal-liberisti allunga negli ultimi giorni ma non riesce nell'ultimo scatto di reni. Un po' è avvilente: l'attacco al diritto all'aborto e diritti civili maltrattati negli ultimi anni evidentemente per gli italiani non sono una priorità. Un po' è giusto così: si continua, in una certa parte politica, a decidere candidature, programmi e orizzonti politici senza l'oste, l'elettorato, che isterico e vendicativo, nonché un po' ubriaco, ti punisce. Certo Emma fuori dal Parlamento non è una bella notizia, anzi è l'ennesimo mattone di un'emergenza democratica.
Luigi De Magistris 4: mi colpisce molto che il partito che di volta in volta decide di votare la mia bolla venga regolarmente spazzato via da una sconfitta imbarazzante. Questa volta è toccato a De Magistris. Mi chiedo: sono invaso da amanti di cause perse, quello che vedo sui miei social ma anche al lavoro o nel tempo libero è un mondo totalmente non rappresentativo del paese oppure, ancora peggio, quest'ultimo ci odia così tanto che quando dichiariamo un voto rendiamo il servizio opposto al nostro beniamino? Togliete gli endorsement ai radical chic (non lo sono, o almeno lo spero, ma frequento l'ambiente culturale e lì sono presenti in maniera endemica), sono la polpetta avvelenata della politica italiana, il bacio della morte dei salotti buoni è più letale del Covid. Gigi diceva cose giuste, le diceva bene, lo confermava persino Melenchon. Ma poi sono arrivati i borghesi illuminati, lo hanno adottato e lo hanno polverizzato. Per farvi capire con UP (che dentro aveva anche Potere Operaio e Rifondazione Comunista, ecco un altro cartello che ha ucciso ideali e voti più di quelli dei narcos) ha preso quasi 60.000 voti in meno delle preferenze che conquistò da solo alle Europee, in Calabria è passato dal 17% al 4%. Lasciate ogni speranza o voi che entrate nel cuore delle terrazze capitoline e meneghine.
Enrico Letta 3: è pure tornato, per perdere ancora. Prodi non gli ha insegnato nulla. Ok la lotta al populismo, ma con il carisma di Ciccio di Nonna Papera non vai da nessuna parte. Letta è talmente grigio che nessuno ha notato la campagna elettorale con le proposte più di sinistra degli ultimi anni, né l'attenzione ai giovani e neanche alcune candidature vagamente meritocratiche. Letta teneva troppo a ricordare quanto amasse Draghi e la sua agenda, che in questa campagna elettorare era come dichiarare la propria simpatia per Uno in Stranger Things, solo perché il dottore era più stronzo. A ogni sconfitta si invoca la rinascita, ma il PD sa scavare benissimo e affonda alla grande e sempre peggio ogni volta. Ora date il Partito Democratico a Elly Schlein, cambiategli nome (pure uno dadaista, che so, Limoncello e Libertà) e se non serve neanche questo, chiudiamolo. Asfaltiamolo, perché se nun ce serve, na bella colata di cemento è la soluzione. Letta, dispiace dirlo, se ne sta bene a Parigi (e capisci perché da Veltroni e Zingaretti quelli più intelligenti sono scappati subito, senza che nessuno glielo chiedesse). Se lo meritavano Matteo Renzi.
Matteo Salvini 2: dopo il Papeete non ne ha azzeccata una. Non si salva un tweet, un augurio a campioni dello sport, un endorsement (vedi Putin), ci si è messo pure Luca Morisi a farlo diventare un Re Mida al contrario. Se aggiungi Covid, guerra e Draghi a sbugiardarne e denudarne la demagogia un tanto al chilo (di mortadella che mangiava a ogni comizio)... Se vuoi avere successo nella vita, pensa a cosa farebbe il leader della Lega da agosto 2019 a oggi, e fai il contrario. Comunque interessante caso di autolesionismo inconsapevole: non ha saputo essere abbastanza fascista per contrastare Meloni, non ha saputo sembrare abbastanza credibile come soggetto democratico e moderato nonostante l'appoggio a Draghi per "uccidere" Berlusconi. Insomma, è servito solo a farci vergognare tra blocchi navali e decreti sicurezza e sindaci all'estero che lo ridicolizzano.
Gianluigi Paragone 2: un miracolato. Lui non ha talento nel giornalismo e tanto meno nella politica ma non lo sa e continua a fare entrambi. Un calabrone, ma di rara antipatia. Fortunatamente serve a impaurirci con le sue tesi folli e poi a farci ridere forte con i suoi risultati. Fuori da tutto a Milano per una manciata di voti, in queste politiche riesce anche a farti amare la soglia di sbarramento, a farti pensare che non sia una violenta e antidemocratica barriera contro la necessità di essere rappresentati da parte di tutti i cittadini, ma come uno strumento utile di bonifica e differenziazione dei rifiuti. Italexit non è un partito, ma un consiglio. A Paragone: di uscire dal giornalismo, dalla politica e perché no pure dal paese.
Luigi Di Maio 1: ora potete dircelo, è sempre rimasto nel M5S, ma ha voluto fare l'eroe, come gli agenti sotto copertura talmente tanto infiltrati tra i criminali da dover decidere se fare la cosa giusta e uscirne puliti o perdere la possibilità di tornare dalla parte degli onesti ma sgominare la criminalità organizzata. Lui si è sacrificato. Prende una bella manciata di senatori e deputati che potevano chiedere ai pentastellati la rielezione e li porta via a Conte, togliendogli un problema. Si prende il ruolo del Giuda, così da restituire al M5S una verginità: non è che hanno fatto i voltagabbana carpiati per una legislatura intera, alleandosi con tutti coloro che dicevano di odiare (Salvini, il partito di Bibbbbbiano, Draghi 1!!1!!). No, eccolo l'uovo di Colombo, era tutta colpa di Di Maio! Infine non contento ha pure perso nel collegio di Napoli Fuorigrotta 2, contro un ex ministro grillino. Eroe vero. Il tutto prendendo meno di Sud Chiama Nord e Vita, facendosi doppiare da Italia Sovrana e Popolare. In confronto quella di Adinolfi a Ventotene è una storia vincente. Uno così rischia di non tornare neanche a fare il bibitaro.