Il giornalista investigativo Christo Godrev ha sganciato un'altra delle sue bombe. Lo rende noto il canale telegram Parabellum, dell'esperto Mirko Campochiari. Nel documento scovato dal giornalista investigativo bulgaro vi sono alcune disposizioni distribuite agli agenti segreti russi in cui si spiega che l'Italia è de-facto un paese filo-russo. Non tanto per le posizioni formali della diplomazia italiana, ma piuttosto per la sua permeabilità securitaria e per le sue disposizioni in quanto al rilascio dei visti. L’Italia in sostanza li rilascerebbe con grande rapidità e semplicità, senza controlli particolarmente approfonditi dunque, nel documento, si raccomanda di presentarne domanda presso le rappresentanze italiane. "L'Italia è fondamentalmente filo-Russa e il controspionaggio è quasi inesistente (passato dal servizio di intelligence estero al servizio interno Aisi nel 2008)". Dopodiché agli agenti di Mosca viene spiegato che evitando banalmente gli aeroporti più grandi e organizzati, come quello di Malpensa (Silvio Berlusconi) si possono evitare tranquillamente tutti i controlli più approfonditi e che rendono problematico il passaggio ai personaggi più ambigui.
Una volta atterrati nella penisola è sufficiente evitare il trasporto ferroviario e servirsi più che altro di corriere e tram. Qualora vi fosse, poi, l'esigenza di sconfinare nello spazio di Schengen è sufficiente utilizzare un qualsiasi flixbus o eurobus per non avere alcun tipo di problema e rimanere sottotraccia. Da questo documento si evince una cosa già nota a tutti. L'Italia è un crocevia di servizi segreti non soltanto americani, israeliani e chissà quanti altri, ma anche russi, evidentemente diffusi quanto gli altri, eppure, sotto la lente d’ingrandimento dell’Unione Europeo dati i sempre più frequenti attacchi ibridi da parte della Russia in Europa. In questo momento storico, per altro, il triangolo diplomatico tra Usa, Russia e Israele è quanto mai più allineato e l'Italia che, a pensarci bene, non ha mai subito un attentato di matrice islamica (supponiamo perché vi sia il Papa o perché comunque l’Italia è un paese strategico per il mondo mediorientale), ne ha subiti molti più nel periodo della strategia della tensione, quando lo scontro tra i due mondi, quello degli Usa e dell’Urss era al suo apice. Ad oggi non siamo ancora ripiombati in quegli anni, ma sono molti i casi che confermano la permeabilità (voluta o meno) dell'Italia ai servizi segreti russi. Quello più eclatante è forse il caso di Walter Biot, quando Luigi Di Maio allora ministro degli esteri in una dimostrazione di grande zelo filo-atlantista fece sfoggio dell’arresto dell’agente segreto italiano Biot, accusato di vendere informazioni ai colleghi d’oltrecortina e condannato a pubblica gogna, oltre che a più di vent’anni di carcere per alto tradimento. Oppure per aver svolto il suo lavoro. Chi siamo noi per dire questo? Nessuno, ma il controspionaggio, si sa, consiste nel mantenere contatti con i servizi segreti avversari e, dunque, qualunque agente che operi in questo settore potrebbe essere arrestato in flagranza di reato, qualora lo si volesse incastrare per altri scopi.
Altra vicenda particolare è quella di Artem Uss, l'oligarca russo ai domiciliari nell'hinterland milanese magicamente scomparso e ricomparso in Serbia poco tempo dopo, in barba ad ogni tipo di controllo. Sempre per restare in tema, ma spostandoci in un campo più “atlantista”, potremmo citare i ventuno agenti segreti, tra Aisi e Mossad, morti in una sfortunata tempesta abbattutasi sul battello ancorato nel centro del Lago Maggiore su cui si erano incontrati chissà per quale ragione. Potremmo rimanere qui fino a domani ad elencare vicende di questo tipo. L'Italia rimane una terra di passaggio per le retrovie di eserciti e apparati securitari praticamente da sempre. L’ultimo esempio, svelato sempre dal buon Godrev e rilanciato dal Messaggero parla di una certa Maria Kolobova, spacciatasi per gioielliera peruviana, ma in realtà spia russa (come nessuno se ne sia accorto rimane un sintomatico mistero), che avrebbe vissuto per mesi a Napoli, stringendo amicizia con le mogli dei generali Nato nel quartier generale partenopeo e accedendo così a informazioni sensibili sull’Alleanza Atlantica per poi sparire nel nulla. L’unico modo in cui Godrev è riuscito a smascherarla è stato il suo gatto, l’unico elemento che, tramite il suo microchip, poteva ricondurla alla sua vera identità russa. Insomma, come mai tutta questa leggerezza nei confronti dei servizi segreti moscoviti? Una mancanza oppure una scelta voluta?