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Quali spie russe e Steve bannon. L'affaire Garofani è molto più banale, ma dà il via alla corsa al Quirinale, ecco i nomi in ballo per l'esperto di intelligence Andrea Muratore

  • di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

  • Foto: Ansa

21 novembre 2025

Quali spie russe e Steve bannon? L'affaire Garofani è molto più banale, ma dà il via alla corsa al Quirinale, ecco i nomi in ballo per l'esperto Andrea Muratore
Tra “odor di Russia”, email attribuite a Bannon e fantasie su spie alla Terrazza Borromini, il caso Garofani sembra più semplice del romanzo che ci raccontano. Con l'esperto di intelligence Andrea Muratore capiamo perché, e come mai c’entri molto più Crosetto che Mosca, l'unico quirinabile tra le file di Fdi

Foto: Ansa

di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

Oggi si titola sui giornali che l’affaire Garofani sarebbe in “odor di Russia”. Qualche giorno fa qualcuno scriveva che dietro la mail di [email protected] potesse esserci Steve Bannon. Insomma, si è detto un po’ di tutto e pure noi, da queste colonne, ci siamo interrogati sulla contiguità dell’ambasciata del Brasile alla Terrazza Borromini, entrambi situate in Palazzo Pamphili, a Roma. Forse le cose sono più semplici di quanto non si voglia credere, perché la suggestione che certi temi infondono in chi legge sono oro per chi scrive. Certo è che questo pasticciaccio partito dal nom de plume di Ignazio Mangrano apre ufficialmente le danze per la corsa al Colle nel 2029, che si sa, parte da lontano. Un incipit perfetto per il grande Romanzo Quirinale, dove gli equilibri politici che abbiamo attraversato insieme ai due mandati di Sergio Mattarella ormai sono cambiati, e secondo Andrea Muratore, mente raffinata dell’analisi geopolitica e dell’intelligence - pupillo di Aldo Giannuli ormai divenuto guida per gli addetti ai lavori - uno che avrebbe tutte le carte in regola, tra le file di Fdi, per ambire alla Presidenza della Repubblica sarebbe l’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto. Non è un postfascista, ma un democristiano, e da poco ha scritto un documento strategico non ufficiale presentato, indovinate dove? Al Consiglio Supremo di Difesa, a cui partecipa solitamente anche il buon Garofani. Il documento traccia una strategia concreta di contrasto verso le minacce di guerra ibrida poste in essere dalla Russia e prevede l’attivazione di una serie di strumenti. Che tutto questo casino della Terrazza Borromini sia un’ottima scusa per parlare d’altro?

Francesco Garofani Ansa
Francesco Garofani at his best Foto Ansa

De facto stiamo parlando di altro, quindi che sia voluto, oppure no, le cose stanno così. Ed è dunque molto probabile che la storia qui sia molto più banale di quanto si voglia credere. E’ molto più plausibile che (secondo chi scrive, dunque è un’opinione personale) Francesco De Dominicis, giornalista di Libero (e juventino, dunque ancora più sospetto) presente alla cena e molto vicino a Francesco Garofani nella tavolata, abbia registrato le parole di Garofani e ad oggi smentisca le accuse nei suoi confronti scaricando il barile sui misteriosi uomini di Mosca che si nascondono in bella vista un po’ ovunque in questa povera Italia. Non si vuole negare il fatto che la minaccia ibrida russa non esista, anzi, il documento informale presentato da Crosetto è quanto meno una prova del livello di allarme a proposito nelle alte sfere del governo, ma al tempo stesso offrirebbe un’ottima scusa a personaggi come De Dominicis di cogliere al balzo l’antifona e sfruttare a proprio vantaggio questa condizione. A proposito di tutto questo abbiamo chiacchierato con Andrea Muratore che per altro di recente ha pubblicato un libro con New Compton Edizioni, “I confini più pericolosi del mondo” che, pur non essendo focalizzato sul tema che abbiamo trattato in questa intervista, aiuta a dare un quadro completo dei rapporti di forza tra i paesi con cui dialoga quotidianamente la diplomazia italiana. Ed è appunto da quei rapporti di forza che deriva, in ultima analisi, la politica interna del nostro Paese che, se non interpretata attraverso questa chiave di lettura, risulterebbe completamente priva di senso. Dunque, Andrea, si dice che la vicenda di Garofani sia legata a dei presunti spioni legati a Mosca, ma tu che ne pensi?

Non capisco perché chiamare in ballo la Russia senza prove o certezze esplicite. Non abbiamo letto il documento di Crosetto? Se siamo in situazione di guerra ibrida con gli avversari, chiamare a richiamo l'ipertrofia dello spionaggio russo significa dar corda e esagerare la loro potenza. Usiamo il rasoio di Occam e concentriamoci su ciò che c'è di evidente, che parla di una Russia incapace di esercitare reale influenza sul Paese e che al massimo può crogiolarsi nelle esternazioni della portavoce del ministero degli Esteri o sulle polemiche stantie dell'ambasciata a Roma. Ma l'idea pasoliniana del sapere senza avere le prove può permettersela, appunto, Pasolini, e da alunno del professor Giannuli già di per sé la ritengo fuorviante a monte. Avere sospetti è un conto, sparare sentenze un altro.

Guido Crosetto Ansa
Guido Crosetto e il suo ghigno mefistofelico Foto Ansa

La mail che avrebbe scatenato questa crisi appartiene al dominio [email protected]. C’è chi dice che dietro questo Stefano Marini potrebbe esserci in realtà Steve Bannon, tu che ne pensi?

Ritengo difficile questa ipotesi. Bannon, da un lato, è un personaggio da tempo in ridimensionamento in termini di influenza e al pari di altri grandi ispiratori dei movimenti sovranisti, come Aleksandr Dugin, che gode in Italia di una nomea e di una presunta percezione d’influenza superiore alla realtà. A maggior ragione se pensiamo al fatto che una figura non priva di entrature avrebbe metodi ben più sofisticati di una singola mail.

Chi è che può aver registrato Garofani e con quale scopo?

La tesi della cena aperta dopo l’evento in ricordo di Agostino Di Bartolomeni a cui anche Garofani avrebbe partecipato è una traccia. Va detto, in certi ambienti tutti ascoltano tutto. E quando parla un consigliere del Quirinale, è inevitabile che per il grande pubblico sembra che a parlare sia il Quirinale

Perché la velina viene raccolta da La Verità e non da ilGiornale, che comunque l’ha ricevuta?

Perché Il Giornale si tiene nell’alveo istituzionale, non vedo Alessandro Sallusti o uno della direzione costruire uno scoop sulla base di tali indiscrezioni. Con il quotidiano di Via dell’Aprica poi abbiamo un esempio di testata che mantiene un diverso approccio alle istituzioni rispetto a quello condotto da un quotidiano “antisistema”. L’interlocuzione con il Quirinale per una testata istituzionale è importante, e Sallusti ha una storia di attenzione nell’approccio al Colle. La Verità si è potuta permettere anche maggiori libertà, che certamente in una parte di destra non avranno trovato un terreno inospitale…

Giovan Battista Fazzolari, ad esempio, nel suo profilo Twitter, ad ora cancellato, scriveva che Mattarella era un aspirante demonio…

Ognuno è responsabile delle sue dichiarazioni e delle proprie parole. Fazzolari secondo molti osservatori ha pagato con l’uscita di queste sue dichiarazioni, nel 2022, le ambizioni di un ruolo di governo ma il suo modo di pensare resta tipico di una destra rimasta fuori a lungo dal governo e che si è abbeverata pienamente alla sorgente del populismo, del bannonismo, della guerra di potere. Meloni ha dovuto lavorare duramente per condurre questa destra verso il potere e le istituzioni. Significativamente, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, regista della governance del Paese, dal 2022 non è il meloniano doc Fazzolari, ma un uomo della vecchia guardia, Mantovano, sicuramente ben più gradito per continuità istituzionale al Colle e al potere profondo del Paese.

Giorgia Meloni Ansa
Giorgia Meloni at her best Foto Ansa

E’ plausibile la tesi del “complotto”? O quelle di Garofani erano solo chiacchiere?

Ritengo difficile pensare che il Colle possa ragionare così a viso aperto su un’alternativa a Meloni. Il potere del Quirinale è di definizione del campo da gioco ed è un’istituzione schmittiana, sovrana nello Stato d’emergenza (vedi i casi della nascita dei governi Monti e Draghi) che però non può permettersi di entrare nel gioco politico contingente senza venir meno a questa sua eccezionalità. Garofani ha le sue opinioni personali, e mi stupisco che faccia scalpore l’idea che un figlio della sinistra DC veda favorevolmente la nascita di un sistema politico capace di dar voce ai progressisti moderati. Ma certamente, con il voto tra due anni e molte partite ancora aperte, se anche una fetta di establishment pensasse a ciò, ad oggi una manovra del genere fa più scalpore che altro.

C’è anche da dire che prima di Garofani ci sono stati solo militari a coprire il ruolo di Consigliere alla Difesa della Presidenza del Consiglio. Cosa è cambiato con Garofani? C’è forse una volontà di riportare un militare a coprire quel ruolo in vista di una nuova fase del rapporto Italia Ucraina?

La dottrina Mattarella di leadership delle istituzioni repubblicane ha sempre visto con grande attenzione l’idea di dare spazio agli apparati evitando eccessive separazioni tra “politica” e “tecnica”. La nomina avvenne a Mattarella rieletto, in pieno governo Draghi, dunque nel contesto di un sistema di unità nazionale e divenne effettiva il giorno del Csd convocato per parlare dell’invasione dell’Ucraina. Garofani è infatti in carica dal 24 febbraio 2022. Il dibattito sul sostegno all’Ucraina è stato, fin dall’inizio del governo Draghi, un atto politico prima ancora che militare, dato che istituzionalmente le forze armate hanno sempre avuto le idee chiare sul sistema dell’appoggio a Kiev. E poi la scelta di Garofani non va vista come restrittiva del ruolo: parliamo di un parlamentare di lungo corso, presidente della Commissione Difesa alla Camera, esperto di questioni di sicurezza nazionale. Dunque una “riserva della Repubblica” che sa bene ciò di cui si parla. Sul prossimo futuro mi auguro che la continuità dell’ibridazione di competenze si rafforzi: un sistema con interscambi è un sistema virtuoso.

Fratelli d’Italia è in qualche modo in rapporto con qualche cordata dei servizi segreti? Quali sono gli uomini di Meloni negli apparati?

Sulla carta è auspicabile che nessun partito abbia cordate interne ai servizi. Sappiamo poi come va il mondo. Possiamo dire, certamente, che Meloni sta muovendosi sui servizi con grande cautela anche grazie agli attenti consigli di Alfredo Mantovano. Una cautela che mostra anche l’altra faccia della medaglia: il sistema Meloni non si è ancora radicato nello Stato. Ed è comprensibile pensando alla repentina crescita di Fratelli d’Italia nel sistema politico cristallizzato dal voto del 2022. Nessuna scelta nei servizi di Meloni è stata di rottura: non lo è stata la scelta di Vittorio Rizzi per il Dis, non lo è stata quella di Bruno Valensise all’Aisi e, men che meno, si sono fatti errori terremotando l’Aise dove l’ottimo Giovanni Caravelli fa un lavoro encomiabile. Meloni tende ad affidarsi all’apparato che già esiste: questo lo vediamo anche sulle partecipate pubbliche, dove peraltro nel 2026 è tempo di nomine e si pensa a una sostanziale continuità..

In che modo la partita sull’invio delle armi in Ucraina interseca questa crisi tra Quirinale e Meloni?

Meloni, come Draghi, capisce la dottrina Mattarella, che poi è figlia della proiezione geopolitica del Quirinale, la cui visione di politica estera fa della garanzia del legame euroatlantico il presupposto della politica di sicurezza nazionale. Meloni e Mattarella giocano nello stesso campo, e così anche i vertici della Difesa, come Guido Crosetto, e della Farnesina, con Antonio Tajani. Sicuramente su questo fronte difficilmente ci sarà frattura, il tema è da analizzare con attenzione in Parlamento soprattutto a causa dei malumori leghisti.

Sergio Mattarella Ansa
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella Foto Ansa

E la riforma della giustizia può avere a che fare con questa storia?

Bisognerà evitare che queste frizioni tocchino altri temi. Ci sono in ballo giustizia, premierato, autonomia differenziata: riforme che toccano la carne viva dello Stato e su cui un conflitto di poteri può esser deleterio.

Si può dire che, ad ogni modo, questo scoop de La Verità crea grossi problemi all'architettura voluta da Prodi...

Prodi ha sempre parlato molto ultimamente, ma fatico a vederlo come “regista” di una coalizione che è profondamente diversa da quella che lo ha eletto due volte. Pensiamo solo a quanto complesso possa essere contare Prodi come regista di una coalizione includente il Movimento Cinque Stelle, che nasce e cresce proprio come alternativa a quell’establishment che il Professore incarna.

Complotto rivelato, complotto sventato?

Oppure grande distrazione compiuta. Tutti parlano del caso del segretario del Consiglio Supremo di Difesa. Nessuno di ciò che bisognerebbe veramente commentare: il “non paper” del ministro Crosetto sulla guerra ibrida. Un vero e proprio cambio di paradigma.

Come sai ci sono ambizioni quirinalizie di Crosetto, non pensiamo sarà messo in imbarazzo lui in primis?

Personalmente ritengo Crosetto l’unico potenziale “quirinabile” di Fratelli d’Italia. Ha struttura politica, visione strategica ed esperienza, oltre che accreditamento legato alla sua storica provenienza non dalla destra postfascista ma dal mondo democristiano. Crosetto è uomo di sistema e tutti ben ricordiamo come fu sana per la Difesa italiana la trasmissione di consegne tra Lorenzo Guerini, oggi valido presidente del Copasir, e l’ex presidente dell’AIAD. Uno scontro frontale tra FDI, inteso come partito, e Quirinale sarebbe deleterio per lui in primis e potrebbe essere messo nel novero di quei conti che al momento dell’elezione presidenziale si fanno pesare ai partiti. Chiaramente, da qui al 2029 passa ancora molto tempo: siamo quasi egualmente vicini alla vecchia elezione del Colle che alla prossima. Certamente, le ambizioni vere si paleseranno solo dopo le elezioni del 2027.

In questo modo, Mattarella è fuori dai giochi per la prossima corsa al Quirinale?

Mattarella nel 2029 avrà 88 anni e sarà presidente dal 2015, avendo attraversato quattro legislature di cui due interamente coperte dal suo mandato. Non ne faccio una questione anagrafica - Enrico Dandolo a 97 anni ha conquistato Costantinopoli! - ma di continuità dei sistemi politici. Mattarella è stato eletto con equilibri di due stagioni politiche fa e riconfermato per le tensioni della scorsa. Un’anche remota ipotesi di un suo terzo mandato sarebbe la palese manifestazione del totale fallimento del rinnovamento della classe politica nazionale e della nostra incapacità di trovare figure autorevoli a cui affidare il potere strutturato e profondo del Quirinale. Il fatto stesso che nessuna figura nata dopo la fine della Seconda guerra mondiale sia mai stato eletto al Colle nonostante negli ultimi vent’anni si sia votato quattro volte per il Quirinale è emblematico del vuoto che due generazioni amministranti lo Stato dopo la fine della Prima Repubblica hanno lasciato a livello di leadership e visione.

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