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La crisi Quirinale-Meloni è come il caso di Renzi e Mancini all'autogrill. E chi è il cronista inesistente che l'ha causata? Parla l'ex Pd Carmelo Miceli

  • di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

  • Foto: Ansa

19 novembre 2025

La crisi Quirinale-Meloni è come il caso di Renzi e Mancini all'autogrill. E chi è il cronista inesistente che l'ha causata? Parla l'ex Pd Carmelo Miceli
Un giornalista fantasma firma lo scoop su La Verità e i virgolettati attribuiti al super-consigliere del Colle, Francesco Garofani, sembrano autentici. Nessuna smentita, tempismo sospetto e una partita sotterranea che punta dritta al Quirinale

Foto: Ansa

di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

Chi firma lo scoop su La Verità è un giornalista inesistente, ed evidentemente i virgolettati citati dal fantomatico Ignazio Mangrano corrispondono al vero, salvo una smentita da parte del diretto interessato e Consigliere alla Difesa del Presidente della Repubblica, Francesco Garofani. Il direttore de La Verità Maurizio Belpietro è così certo dei suoi virgolettati che viene da pensare sia in possesso di una registrazione a supporto. Francesco Garofani, va detto, è un super consigliere, non certo l’ultimo degli arrivati. Vi basti sapere che il suo ufficio è più grande e più bello di quella di Mattarella e che nella burocrazia queste cose hanno un certo peso. Inoltre, “per la prima volta nella storia questo ruolo non è coperto da un militare, ma addirittura da un ex politico”. Che vi sia la volontà di sottolineare questa dinamica attaccando il presidente della Repubblica? Chi può dirlo, certamente è curiosa pure la tempistica. Se il giorno seguente alla riunione di questo organismo esce sul quotidiano degli Angelucci il virgolettato di quanto detto in privato, in vino veritas oppure “ad cazzum”, significa che qualcuno ha registrato il buon Garofani. E infatti il supremo Consigliere non ha smentito quanto riferito in aula da Galeazzo Bignami, perché evidentemente sa che i virgolettati riportati da Belpietro sono corretti. Secondo l’ex deputato del Pd Carmelo Miceli e consigliere comunale a Palermo, questa storia “ricorda molto quella dell’autogrill di Renzi e Mancini”.

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All’epoca si parlava di un conflitto interno agli apparati perché pareva così strano che una signora finita lì per caso, avesse riconosciuto e fotografato il buon Renzi in compagnia dell’ex agente segreto Marco Mancini, ma “che ad oggi vi sia qualcuno che avverta l'esigenza di seguire nei momenti di vita privata il consigliere per la sicurezza del Presidente della Repubblica preoccupa molto e fa pensare a momenti bui di questo Paese. E’ inquietante. Mi pare strano più di quanto non sembrò fuori luogo la professoressa del famoso autogrill. Oggi un giornalista che in realtà non esiste, o che scrive sotto pseudonimo, è clamoroso. Ma soprattutto, è pazzesco che riguardi proprio un tema che oggettivamente potrebbe mettere in difficoltà la maggioranza di centrodestra, ovvero l'idea di un nuovo soggetto politico, sia esso civico o per rinforzare il centrosinistra. Insomma, pare quasi una minaccia”. All’epoca di Renzi i servizi avevano un obiettivo, ancora peraltro poco chiaro, ma ad oggi, se di servizi si tratta, il punto qual'è? “Credo che la partita vera, giocata dagli alti papaveri e dai soggetti di maggior influenza in questo Paese, sia l’elezione del Presidente della Repubblica, da cui dipenderà tutto il resto. La politica tutta ne è subordinata. E l’operazione in questione è la classica con la quale si vanno a centrare più obiettivi: minare la credibilità del Presidente, colpire un soggetto che non ha provenienza militare come a sottolineare che Garofani non è adeguato in quel ruolo. Inoltre, ripeto, colpire il Presidente della Repubblica, secondo me, è palesemente orientato a fermare un progetto politico moderato all’interno del centrosinistra. Io lo parlo da coordinatore del progetto Civico Italia in Sicilia, quindi da un punto di vista politico. Ho aderito al progetto Civico nell’intenzione di dare una mano al centrosinistra, nella creazione di un soggetto che affianchi i partiti già presenti al fine di dare un nuovo peso politico a quest’area e andare a vincere le elezioni politiche del 2027. Non a caso Fdi attacca Prodi”.

Francesco Garofani Ansa
Francesco Garofani at his best Foto Ansa

Romano Prodi, che ancora una volta, viene scelto per ricomporre i cocci del centro-sinistra, quale grande architetto ed eminenza grigia dietro le quinte. Belpietro, poi, risponde alla bagarre. “Inutile cercare la talpa”. Lo fa peraltro dalle colonne di un giornale edito da un senatore del governo, ma questo è un dettaglio trascurabile. Quel che conta è che vi sono due guerre in corso, una è quella in Ucraina, l’altra è tutta interna al nostro paese. Inviare o no soldi e armi a Zelensky? Sta tutto lì. Dunque, chi è lo spione? Un militare? Un uomo dei servizi, se sì, di quale cordata? Chissà, questi sono dubbi che solleva in chi scrive la posizione dell’ex deputato. Si tratta dunque di un “pizzino di stato?”. “Come cittadino io le rispondo di sì, perché se qualcuno si permette il lusso di ascoltare e registrare i discorsi privati del consigliere, per la sicurezza del Presidente della Repubblica, non mi sento al sicuro nemmeno io”. risponde Miceli. “Quando si mette in discussione la libertà di opinioni, anche private, di soggetti che per quanto rivestano una certa posizione, allora proprio non ci siamo”. Al tempo stesso, però, colpisce l’intervista di Garofani al Corriere della Sera in risposta all’appello di Bignami - ha invocato le sue dimissioni - in Parlamento.

Galeazzo Bignami alla camera Ansa
Galeazzo Bignami alla camera Foto Ansa

Qui il super-consigliere non ha saputo giocare, dichiarando pubblicamente che il Mattarella gli avrebbe detto, in soldoni, di non agitarsi. Non sarebbe stato meglio dire che a proposito del “complotto”, il Capo di Stato non ne sapeva niente? Forse è proprio così. Per Miceli, infatti, “come istituzione la Presidenza della Repubblica non ha da smentire proprio nulla. Non credo che rientri nelle sue prerogative, data la sua ‘sacralità’, mi si passi il termine”. Effettivamente Garofani, con l’intervista rilasciata al Corriere, da questo punto di vista, la mette in difficoltà. Ad ogni modo, se è vero che Belpietro ha in mano la registrazione di quanto detto da Garofani in un momento di convivialità, però, c’è da capire se quelle parole corrispondano solamente ad un’opinione personale, oppure ad un vero e proprio “complotto”. Se della seconda si tratta, ça va sans dire, complotto rivelato, complotto sventato. Tra sei mesi, o giù di lì si capirà, quando distratti come al solito saremo da qualche altro scandalo, Garofani verrà magicamente “promosso” chissà in quale altra posizione. Anche perché Mattarella, tutto sommato, ha concesso il voto democratico che ha portato al potere Giorgia Meloni con due guerre in corso, appena finito il covid, nel mese di settembre e non ad ottobre, mettendo in crisi i partiti più in difficoltà e vicini ideologicamente ai "tecnici", obbligandoli ad una complessa campagna elettorale sotto il sole cocente di agosto. Forse Mattarella è davvero al di sopra delle parti, ma questo forse non è sufficiente, perché è davvero strana questa storia. Sarebbe bastata una smentita e ora saremmo tutti un po’ più tranquilli.

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