Che presente ha il vino? E quale futuro? Ne parliamo con Francesco Bastianelli, punto di riferimento dell’azienda marchigiana Bastianelli. Una cantina gestita in famiglia, dove la passione per il vino affonda le radici in un passato di tradizione e amore per la terra, quella stessa passione che ha unito i nonni di Francesco e che ora sta unendo lui e suo padre Egidio.
Francesco, come nasce la passione per il vino?
La nostra è la storia del ritorno dalle scarpe alla campagna. Mio padre Egidio era un modellista di scarpe che è tornato al suo vecchio amore, che era appunto la campagna. Campagna classica: grano, girasole, barbabietole, le classiche coltivazioni della nostra zona. Poi da lì c’è stata anche la concretizzazione del suo amore per il vino: dal vino sfuso che faceva per gli amici si è arrivati alla nostra realtà strutturata.
E com’è vivere in una famiglia di vignaioli?
Diciamo che vivere in una famiglia di vignaioli, con principi legati alla nostra cultura contadina, è un bel vivere se si paragona ad altre situazioni, perché c’è quella passione che ti deriva dall’amore verso i campi e verso ciò che la natura produce, una passione che ti fa fare tante belle cose. Certo è anche una vita molto dura, perché un vignaiolo non ha momenti di tregua, perché un’azienda che segue la filiera tra i vigneti, i lavori in cantina e la parte commerciale non ha mai un attimo di tempo libero. A mia moglie dicevo “vedrai quando avrò l’azienda mia…” e invece il tempo libero è sempre meno… Il vigneto e la cantina diventano altri figli, oltre ai miei due figli veri in carne e ossa. Se non c’è la passione per questo lavoro, oltre magari a non riuscire a esprimere in bottiglia quello che vorresti, diventa veramente troppo pesante. Se invece la passione c’è, come nel nostro caso, poi magari arrivano i risultati e allora c’è ancora più spinta per andare avanti e per vivere tutto in maniera diversa.
Che ne pensi delle etichette informative (per alcuni terroristiche) che qualcuno in Europa spinge per applicare sulle bottiglie di vino come per le sigarette?
Sono assolutamente contrario. Io vengo da generazioni in cui i nostri nonni si bevevano 3-4 litri di vino al giorno, in epoche in cui ci sono stati anche scandali importanti come quello del metanolo. Eppure (io ho una nonna di 94 anni) sono riusciti ad avere una vita lunga e magari più sana di quelle che abbiamo noi oggi. Quindi non penso che sia il vino il problema… Anche perché è uno dei prodotti più storici che esistano al mondo e non vedo il motivo di iniziare a criminalizzarlo.
Il vino è ancora un punto di forza del made in Italy?
Ci sono diversi pareri anche dentro di me. Sicuramente il vino e l’agroalimentare sono un must che l’Italia difficilmente perderà, salvo sconvolgimenti climatici. Sicuramente le aziende italiane stanno producendo prodotti ottimi e con un rapporto qualità-prezzo secondo me importantissimo anche nei confronti di competitor storici come la Francia. C’è però la paura di questi nuovi mercati che, avendo costi più bassi stanno introducendo nuovi prodotti nel mercato internazionale, con un notevole rapporto qualità-prezzo (anche se la qualità deve tendere sempre a migliorare), che piano piano potrebbero fare breccia. Quindi l’Italia avrà tantissime possibilità per il vino all’estero, ma ci saranno questi mercati che irrompono con vini degni di essere bevuti e magari a prezzi più bassi che potrebbero dare quindi qualche problema.
Il punto di forza di un’azienda come Bastianelli? Su cosa puntate?
La nostra azienda punta molto sul discorso ristorazione. A oggi lavoriamo moltissimo con il nazionale, dal centro al nord battiamo quasi tutta Italia. L’export purtroppo è ancora basso per quelli che sono i nostri gusti, ma siamo un’azienda giovane e con il Covid delle cose che si erano messe in movimento verso determinati lidi hanno subito delle (speriamo temporanee) battute d’arresto. Però abbiamo delle ottime basi che contiamo ci possano permettere di arrivare dove vogliamo arrivare.
Quali sono le peculiarità della vostra zona?
Le Marche sono una zona vocata per il vino, soprattutto per il bianco. Oggi si stanno facendo anche dei diversi rossi molto importanti si sta valorizzando la nostra regione anche dal punto di vista turistico. Una regione che ha grandissimi margini di miglioramento ma che sta già prendendo una buona strada per far conoscere anche al mondo intero i nostri prodotti. Come azienda abbiamo un impegno forte sul fronte dei bianchi, perché sono quelli a cui le nostre colline danno una speciale peculiarità. La nostra azienda sorge sul confine tra le province di Fermo e Macerata. Due province e due territori differenti. Zone climatiche differenti che conferiscono caratteristiche diverse a ogni vigneto. L’azienda si basa sostanzialmente su nove appezzamenti principali da cui cerchiamo di trarre il meglio. Il primo appezzamento è adiacente alla cantina, dove sono impiantate le maggiori varietà dei vitigni della zona: Lacrima, Sangiovese, Merlot, Montepulciano, Cabernet e Cannonau per quanto riguarda i rossi e Pecorino, Passerina, Trebbiano, Verdicchio e Malvasia di Candia per i bianchi. Tra i nostri vigneti si possono trovare vigne che vanno da 6 anni di età fino ai 40 anni circa delle vigne più vecchie. Essendo un’azienda giovane, per crescere e svilupparci siamo andati a recuperare molti vigneti che gli anziani lasciavano, con appezzamenti anche piccoli che ci consentono di fare un vino particolare, diverso e meno conformato.
A proposito di giovani, che rapporto hanno con la viticoltura? Ci può essere un futuro o si faticherà a trovare chi porti avanti la tradizione?
Questo è uno dei tasti dolenti. Vedo un ritorno dei giovani alla campagna, ma vedo anche che purtroppo in questo tipo di comparto manca la forza lavoro e sta venendo meno la possibilità di tramandare le conoscenze e le competenze storiche: un po’ per Covid un po’ per anagrafe, non ci sono più o ci stanno lasciando tanti di coloro che i campi li “masticavano” a dovere, e soprattutto masticavano il lavoro nei campi, cioè sapevano come organizzare e organizzarsi. Le nuove generazioni avrebbero bisogno di entrare in questo contesto: spero col tutto il cuore che i ragazzi, anche attraverso gli stage delle scuole, possano conoscere e appassionarsi a questo mondo. Poi tra il volerlo fare e il farlo c’è ancora una distanza da colmare, però le possibilità ci sarebbero. Anche perché le aziende in cui sono entrati i giovani, soprattutto quelle che hanno la fortuna di avere ancora anche dei “vecchi”, si distinguono per dinamismo sul mercato e per la capacità di innovazione.