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In morte di Tinder: a cosa servono le app di dating quando hai superato i 30?

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

11 settembre 2022

In morte di Tinder: a cosa servono le app di dating quando hai superato i 30?
Sempre ammesso che sia mai servito a qualche cosa, Tinder dopo i 30 rischia di essere un'esperienza mistico-noiosa da evitare come la scabbia. Nemmeno She-Hulk (in versione figa e non verde) riesce a rimediarci alcunché nella serie Marvel. Il dating online, partito già malissimo, è oramai soltanto un nugolo di meme?

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Vietato scopare. Questo il nome di una vecchia pagina Facebook che forse esiste ancora. O si è aperta un profilo TikTok come Silvio Berlusconi. A 20 anni l'ironia sul fatto di non battere chiodo era cliché tra i più diffusi ma poco contava: avevamo letteralmente tutta la vita davanti per recuperare i due di picche ricevuti. Un decennio dopo, eccoci qua, a fare di nuovo le stesse battute. Nel frattempo, sono nate le app di dating che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto agevolare incontri fugaci o, si narra nelle leggende, vere e proprie relazioni interpersonali. Esistono sempre storie sull'amico di un cugino di secondo grado che ha matchato con una su Tinder e oggi quella tizia è sua moglie. Balle. Tinder è, e con ogni probabiltà è sempre stato, il posto più noioso dove fare nuove conoscenze. Perfino da una notte, figuriamoci per tutta la vita. Ma oggi come sta? Qualcuno lo usa ancora? Funziona? Perfino la serie She-Hulk lo sbertuccia apertamente, con la protagonista impatanata nell'abisso dello swipe right infruttuoso. Abbiamo esplorato per voi un po' di flora e fauna al momento in offerta sulla piattaforma. E la risposta è no. Soprattutto quando hai superato i 30. 

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Un post condiviso da Tinder (@tinder)

Sembra non crederci più nessuno. Lo stesso profilo ufficiale Instagram di Tinder, poco più di 400K, posta solo reel di ragazzini alle prese con gag buffo-tristanzuole vagamente legate al dating. Ora, non ci immaginavamo certo post porcini e reel ammiccanti con Je t'aime moi non plus di Gainsbourg & Birkin in sottofondo, ma nemmeno l'attacco dei meme. Tinder è, sostanzialmente, una cosa da ridere perfino per chi l'ha creato. Partiamo bene. 

In realtà, avevamo cominciato pure peggio. Quando l'app sbarcò anche qui da noi, noi databili col carbonio 14 ricordiamo bene quei tempi oscuri, i maschi impazzirono. Sulla loro personale via di Damasco, avevano ricevuto l'lluminazione fondamentale: anche le femmine avevano voglia di scopare. E allora via, appena ti intercettavano sull'app, partiva lo stalking su qualunque altro social: inviti pressanti e volgari, lusinghe che avevano più la forma di molestie se viste con gli occhi di oggi ma che anche all'epoca non è che facessero un gran piacere, rullini di povere criste che si riempivano di foto di piselli (non richiesti, ça va sans dire) da tutte le angolazioni possibili. Ti avevano vista "lì", quindi avevi voglia "di". Non importa, poi, che in quel momento ti stessero scrivendo su LinkedIn. Comunque, congratulazioni per la nuova posizione. 

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A una certa, anche il più stoico aficionado dell'"una su mille ci starà", si è fatto un paio di conti e ha compreso come il gioco non valesse la candela. Nel frattempo, di Tinder più che gli incontri fortunati, sono diventati celebri e famigerati quelli disastrosi: cominciarono a nascere interi profili social dedicati a chat improbabili e surreali, perfino libri che collezionavano aneddoti su date all'insegna del "LOL". Di sesso, stringi stringi, nemmeno l'ombra lontana. Tinder era diventato un divertissment, certo, solo come non avrebbe voluto (e dovuto). Un po' la stessa cosa che accade a quegli horror che nel disperato tentativo di spaventare il pubblico, generano in sala grasse risate decisamente non previste. E ok, bene o male, purché se ne rida. 

Oggi i ventenni, almeno all'apparenza, sembrano aver perso quella sana "voglia de scopà" che caratterizzava, spesso fin troppo, i loro predecessori del passato decennio. Le lotte alla plastica e al climate change paiono essere diventate il nuovo sesso per una generazione che si arrapa di più a catalagore ogni possibile orientamento sessuale piuttosto di dedicarsi all'accoppiamento fattuale. Non ci riferiamo solo alla distinzione tra etero e gay (+ varie sottocategorie). No no, se approcciate un ventenne oggi vi parlerà di a-sensuali (quelli che vogliono solo le coccole, non il sesso), a-romantici (allergici ai sentimentalismi), a-penici. Quest'ultima, ok, ce la siamo inventata. L'ansia da catalogazione ha ucciso il sesso e, di consegueza, forse anche Tinder. Del resto, come non prediligere la (fanta)teoria alla pratica spiccia, qaundo si tratta di eros? Ma forse è solo che siamo troppo vecchi e questi giovani saputelli sapiosessuali non li comprendiamo. Ecco, veniamo a noi, i trentenni. I vecchi di cui sopra. 

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Siamo scandalosamente in ritardo sui tempi, non importa quante pagine Instagram motivazionali cerchino di convincerci ogni giorno del contrario. Alla nostra età, dovremmo esserci levati ogni tipo di fregola e focalizzarci sul lavoro, sulla famigliia, magari pure su matrimonio e figli. Se lallero. Gli over 30 di oggi ai piccoli problemi di cuore restano affezionatissimi, non possono vivere senza come Antonella Clerici con il calcio. Sentimentalmente svezzati in un'epoca, nemmeno troppo lontana, in cui l'unica cosa "Toxic" era una canzone di Britney Spears, oggi ci ritroviamo circondati da coetanei che sfornano marmocchi, mentre le nostre vite sono all'insegna di precariato e rimpianti. Almeno, però, c'è rimasta la voglia. Almeno ai più fortunati, s'intende. 

Quindi che fai? Con l'imbarazzo in ogni ventricolo del cuore, selezioni le quattro foto più recenti (non sempre) e carucce che tieni sui social e ti butti sul mercato virtuale del sesso, magari targetizzando bene i filtri sull'età che con toy-boy o amanti degli asterischi compulsivi non avresti niente da dire. Restano, dunque, i quarantenni o giù di lì. Specie (che dovrebbe essere) protetta dall'ENPA, il 40enne o giù di lì è due cose: terribilmente emotivo, disilluso e provato dalla vita oppure wannabe playboy che manco Silvio negli Ottanta. Già allo sciagurato first date il bagaglio emotivo del primo è opprimente quanto la tracotanza del secondo. Il risultato non può che essere un nulla di fatto: si torna ognuno a casa propria con al massimo il tentativo, prontamente schivato, di un limone pigro al portone. Perché, comunque sia andata, è buona creanza almeno provarci. Ossequi. 

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Inevitabilmente, sempre che si abbia ancora il coraggio di stanarsi da casa per andare incontro all'ennesimo, deludente calcio in faccia, ci si sente fuori luogo. Forse c'è da fare i conti col fatto storico che "certe cose" appartengono a un'epoca passata, che oggi le gambe non possono più biologicamente tremare all'idea di incontrare quel gran bono di Luigi. Perché Luigi, attenzione, il discorso vale anche a generi invertiti, sarà solo una nuova opportunità per passare una serata noiosa, incolore, senza particolari guizzi. Oppure Luigi, in qualche modo, riuscirà a cogliere la nostra attenzione. E ci usciremo di nuovo. Ci usciremo di nuovo? E se poi diventasse una cosa importante? O anche solo se dovessimo ritrovarci, a una certa, a controllare compulsivamente il telefono nella speranza che questo, fino a ieri, sconosciuto di Tinder ci mandi un "Come va?", un meme, una cosetta? Sarebbe intollerabile, ne abbiamo già viste troppe e sappiamo bene come andrebbe a finire. Lo anche Luigi, di sicuro. 

La vita di una over 30 eterosessuale oggi è fatta di stenti e privazioni e rassomiglia sempre più alla parabola discendente, almeno a livello erotico di Claudia Koll: da donna più sexy e bollente d'Italia a suora laica. Per quanto ci riguarda, più per necessità e, soprattutto, istinto di sopravvivenza che per scelta. Ve lo buchiamo 'sto Tinder. 

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