Di solito, quando sente parlare di ambientalismo, Jeremy Clarkson reagisce come un toro davanti a un drappo rosso sventolatogli davanti a una corrida. E non un toro qualsiasi: un toro con il motore truccato, scarichi aperti e una feroce intolleranza per le alternative al V8. Ma, incredibilmente, qualcosa è cambiato. O, per essere più precisi, qualcuno è riuscito a fargli drizzare le antenne senza che partisse immediatamente la sua consueta litania sugli "eco-mentalisti" che vorrebbero tutti in bicicletta con attaccata una turbina per creare energia per illuminare una piccola capanna di argilla in cui sono vietate le docce.
Quel qualcuno è un olandese di nome Peter van Wingerden. Un ingegnere, prima di tutto. Uno che non ti dice di "vivere in una caverna e diventare un vegetariano radicale", ma che ha semplicemente deciso di rivoluzionare l’agricoltura con un’idea tanto folle quanto brillante: una fattoria galleggiante nel porto di Rotterdam. Sì, avete letto bene. Mucche. Su una chiatta. Tra le navi cargo, i container e l’odore pungente di idrocarburi.
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Clarkson racconta sul Sunday Times di essere arrivato con il suo solito scetticismo, accompagnato dall’inseparabile Kaleb della Fattoria. Il cartello all’ingresso prometteva un’agricoltura "circolare e adattiva al clima", il che normalmente gli avrebbe fatto alzare gli occhi al cielo. Ma poi ha incontrato Peter e ha visto la sua creazione: "Sopra il ponte superiore di questa chiatta di cemento da 3 milioni di sterline ci sono circa trenta mucche da latte. Le senti prima di vederle, questo è certo. È un odore di campagna. E, tra i rimorchiatori, le navi da crociera e le gru, è… disorientante". Tutto è automatizzato. Un robot munge le mucche, un altro aspira i loro rifiuti, trasformandoli in pellet per fertilizzanti o, in un colpo di genio ingegneristico, in mattoni. "Non sto scherzando. Peter sta facendo mattoni di merda", assicura Jeremy. Ma non finisce qui: parte di quei rifiuti viene usata per alimentare uno scambiatore di calore, che a sua volta fornisce energia per un impianto di desalinizzazione che trasforma l’acqua del porto in una bevanda fresca e pulita per le mucche. Il tutto alimentato da pannelli solari galleggianti (che, di tanto in tanto, vengono allegramente speronati dai capitani di rimorchiatori infastiditi dalla sua presenza).
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E il mangime? Peter ha trovato il modo di nutrire le sue mucche con quello che gli altri buttano via. Raccoglie pane raffermo dai negozi locali, bucce d’arancia, scarti dei birrifici della zona e persino l’erba tagliata dello stadio del Feyenoord. Clarkson, che pensava di aver visto tutto con la sua Diddly Squat Farm, è rimasto senza parole.
Ma il vero colpo di scena è stato alla cassa. Un litro di latte prodotto dalla fattoria galleggiante costa esattamente quanto un litro di latte biologico del supermercato. Quindi, nessuna rinuncia, nessun prezzo esorbitante, nessun sacrificio da monaco buddista per salvare il pianeta. Solo una fattoria che si autoalimenta, che riduce le emissioni di trasporto e che, sorprendentemente, funziona.
A quel punto, Clarkson ha lasciato Rotterdam con un’idea che gli frullava in testa. E se questa trovata fosse esportabile? "Abbiamo porti inutilizzati a Liverpool, Manchester, Hull, Bristol, Southampton, Londra. Qualcuno sta pensando quello che sto pensando io?"
Forse, per la prima volta, Clarkson e un ambientalista hanno davvero qualcosa in comune.