Bisogna essere Jeremy Clarkson per essere la “gallina dalle uova d’oro” della Bbc e nonostante questo essere licenziati. Eravamo delle caricature in quei programmi di auto” continua, “James non era così noioso come lo dipingevamo; Hammond non era così stupido; io non ero così pomposo”. Molto meglio, comunque, Clarkson’s Farm su Prime, dove può davvero fare quel che vuole senza dover esagerare: “Sono il vero me nel programma di fattoria. Non ci sono sciocchezze alla Top Gear . È molto più rilassante non recitare una parte”. I tempi stavano cambiando? Quasi sicuramente, per lui, per la tv ma anche per il mercato delle auto. Due di questi tre stavano diventato più puliti, politicamente corretti… più woke. Indovinate chi è rimasto sempre lo stesso? Jezza, ovviamente, che intervistato dal Telegraph sceglie di parlarne chiaramente. “La gente pensa che Top Gear e The Grand Tour fossero dei saloni dell'auto. Non lo erano. Eravamo in macchina mentre parlavamo d'altro. Era uno stato d'animo, in realtà, e avere quello stato d'animo nel clima odierno sarebbe estremamente difficile. Sarebbe ancora più difficile realizzare un salone dell'auto, perché la stragrande maggioranza delle auto oggi è catastroficamente noiosa. Sarebbe come recensire un forno a microonde o una lavatrice”. C’era di più, anche se in molti non se ne sono accorti (nel caso in cui se ne fossero accorti avrebbero potuto tenerselo per altro, magari spingendo il pubblico a non cambiare canale per via dei soliti programmi da chierichetti). “

Certo, non sarebbe durata. Come abbiamo detto, il woke si mangia tutto, come le tarme: “C'era una persona in particolare alla Bbc che era proto-woke, credo che a quei tempi lo chiamassimo politicamente corretto. Sapevamo che, quando pensavamo a cosa dire e fare, potevamo farlo arrabbiare, ma non facevamo arrabbiare nessun altro. Gli spettatori erano in tantissimi e solo lui era arrabbiato con noi. Eravamo ribelli senza esserlo affatto. Molta della comicità moderna è la stessa cosa. Molti comici dicono cose che si potevano dire benissimo dieci anni fa, ma le dicono perché ora non si possono dire. Ma quando sei in un programma televisivo è difficile perché la cultura della cancellazione è viva e vegeta”. Poi parla del suo lavoro come editorialista, il più cattivo del giornalismo inglese probabilmente. Mai pentito? “A volte pensi 'Oh Dio', ma quelli di cui mi pento di più sono quelli che non sono scritti molto bene. A volte semplicemente non vengono, o non si incastrano. Ti ritrovi a lucidare una merda quando quello che dovresti fare è ricominciare da capo. Certe [rubriche, scandali] durano per sempre, altre no, e non sai mai quale rimarrà impresso. Ma non soffermartici, perché probabilmente non hai più quell'opinione”. E intanto pensa al futuro, che ora, dopo l’intervento d’urgenza, si sente che potrà affrontare (o almeno vedere…): “Chissà cosa mi riserveranno i prossimi 10 anni. Ho sempre progetti televisivi in testa”.
