“I nostri Governi hanno firmato una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia. A questa si aggiunge l’accordo tra Eni e Sonatrach per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia”. Questo l’annuncio del presidente del Consiglio Mario Draghi dopo la firma dell’accordo sull’energia con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune. L’obiettivo della missione era proprio questo: incrementare le forniture di gas dal paese africano (che già rappresenta il 31% del nostro import) e ridurre la dipendenza dalla Russia. La domanda che però adesso sorge spontanea è: ci possiamo fidare dell’Algeria? E non è proprio un dubbio campato in aria, visto che a ben vedere gli equilibri di potere che regolano quel Paese non sembrano così diversi dall’oligarchia guidata da Vladimir Putin e, infatti, c’è chi pensa che si rischi di finire dalla padella alla brace.
E siccome in Italia, ma in generale in Occidente, ci si accorge di avere partner commerciali discutibili soltanto quando è ormai scoppiata una crisi, abbiamo provato a chiedere a chi da anni studia quei Paesi. Si tratta del professor Francesco Tamburini, docente del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pisa, esperto in storia e diritto dei paesi islamici, storia del Medio Oriente e delle relazioni internazionali. Nell’intervista che ci ha concesso, nonostante sia evidente che le alternative erano pressoché nulle per staccarsi dal gas di Mosca in tempi brevi, emerge che le differenze fra l’Algeria e la Russia non sono poi così tante. Anzi, da anni lo Stato del Maghreb si rifornisce di armi russe con rapporti più che consolidati e che le tensioni con il Marocco somigliano tanto a quelle che hanno fatto scoppiare la guerra in Ucraina.
Professore, è appena stato siglato un accordo fra Italia e Algeria per sopperire al gas russo. Ma è un Paese di cui possiamo fidarci?
Se è un accordo in funzione anti-russa sì e no. Non è noto al grande pubblico che l’Algeria farà manovre militari nel Mediterraneo proprio con la Russia, per cui da questo punto di vista non è così affidabile. In più, dagli anni ‘60, acquista armi dalla Russia. Però al momento è l’unica carta disponibile nel panorama delle forniture energetiche, se si escludono le Repubbliche centro asiatiche e la Libia, sulla quale è meglio stendere un velo pietoso. L’Algeria non è una democrazia compiuta, ma un regime ibrido di democrazia esteriore, ma che sostanzialmente non la è.
Alcuni osservatori lo descrivono come un Paese controllato da una dittatura militare corrotta dal petrolio, le sembra una definizione esagerata?
Non parlerei di dittatura, ma di regime autoritario. Governa una élite politico-militare, che alcuni definiscono anche “mafioso-militare-energetica”, sostanzialmente clientelare, che si basa sulla triade partito-Stato- esercito. Anche se dal 1989 è presente un sistema multipartitico il tutto è annacquato da una gestione “allegra” del partito che dal ‘62 all’89 era l’unico presente e ancora oggi si spartisce il potere in tante forme che sono rimaste intatte alle Primavere arabe.
Come mai in Algeria non hanno intaccato il potere?
Perché la popolazione algerina non ha desiderato entrare in un processo di cambiamento di potere violento, come in Libia, o meno violento come in Tunisia. È ancora spaventata dalla guerra civile degli anni ‘90 contro il fondamentalismo islamico. Per cui, prima di cambiare, ci pensa due volte.
Un’altra similitudine con la Russia è la mancanza di una informazione libera.
Questo da sempre e la situazione sotto questo punto di vista è peggiorata perché il regime ha sfruttato la pandemia per eliminare ogni forma di assembramento, anche quello che fino al gennaio del 2020 era rappresentato dalle riunioni dell’Hirak, il movimento formato da giovani, disoccupati e dissenzienti rispetto al regime. Inoltre il controllo dell’informazione è capillare, anche se esistono pubblicazioni libere ma sono molto penalizzate. Non è certo una democrazia Occidentale, come però non lo è neppure la Tunisia che è il migliore prodotto delle Primavere arabe. In quella zona c’è davvero poco da scegliere.
Sembra davvero la Russia di Putin…
I punti di contatto sono molti. L’oligarchia che viene chiamata Pouvoir domina totalmente la politica. Dal 1999 al 2019, è bene ricordarlo, il Paese ha avuto un solo presidente, Abdelaziz Bouteflika, che è stato mantenuto anche quando era in stato di salute precaria, il tutto per non creare tensioni, con la Costituzione cambiata per aumentarne i mandati presidenziali.
Non è che per caso anche l’Algeria ha delle questioni militari irrisolte di cui potremmo pentirci in futuro?
Solo contro il Marocco, con il quale i rapporti sono rotti dal ‘94. Così come per il mare territoriale, visto che ha esteso unilateralmente i i propri limiti. Ma tensioni ulteriori per ora non ce ne sono.
E se per caso i due Paesi dovessero entrare nuovamente in conflitto?
È vero che sono ai ferri corti, perché l’Algeria è un sostenitore della libertà del Saharawi, il popolo del Sahara occidentale, occupato per l’80% dal Marocco. È una tregua che dura dal 1991, per ora, ma è chiaro che le tensioni possono riesplodere da un momento all’altro.
Sembra quasi di sentir parlare del Donbass fra Russia e Ucraina.
Le analogie, purtroppo, ci sono eccome. Ma per adesso geopoliticamente non interessano all’Occidente per cui in pochi si pongono la questione seriamente.