Le indagini si sono sviluppate in breve tempo e ora abbiamo un presunto colpevole per il triplice omicidio in zona Prati, a Roma. Le tre vittime sono una colombiana di 65 anni, Martha Castano, e due donne cinesi non ancora identificate; tre escort (la prima delle quali sembra abbia iniziato per tamponare una condizione economica critica). Tutte uccise con un’arma da taglio a lama lunga non ancora trovata, ma sembrerebbe la stessa per tutti e tre i corpi. In tutti i casi l’assassino stava consumando un rapporto sessuale concordato, finito però in modo tragico. Le condizioni dei casi e l’impeto sulla scena hanno fatto sì che l’uomo lasciasse impronte, materiale biologico, e altre prove sulle scene del delitto, tra cui anche i telefoni delle vittime grazie alle quali la scientifica è potuta risalire alle chat a cui il soggetto si era iscritto, seppur con falso nome. Si tratta di Giandavide De Pau, un cinquantenne romano, l’ex autista del boss Michele Senese, pregiudicato e con precedenti per droga. Abbiamo seguito in questi giorni la vicenda grazie all’aiuto della criminologa e psicologa Flaminia Bolzan, la nostra “mosca bianca” per via della sua professionalità e del modo in cui tratta, senza sensazionalismi, vicende di cui troppo spesso si dà un’immagine caricaturale.
Muoiono tre prostitute nell’arco di una nottata. Quale potrebbe essere il movente?
In relazione alle informazioni che abbiamo e a quanto è trapelato relativamente ai riscontri sulle scene del crimine è presto per ipotizzare un movente. Dobbiamo tener conto di due cose però: la localizzazione geografica e la categoria vittimologica. Stiamo parlando infatti di prostitute che “esercitavano” in appartamenti poco distanti l’uno dall’altro. Nazionalità e età differenti. Probabilmente anche le modalità di aggressione. In ogni caso l’elemento importante da chiarire è se le stesse “lavorassero” in autonomia o dovessero rispondere ad una organizzazione. Questo ci permetterebbe di orientare le ipotesi ragionando anche nei termini di un’aggressione maturata in un contesto che nulla avrebbe a che fare con quanto campeggia sui titoli dei giornali, ovvero un “serial killer”.
Si parla di “vendetta sessuale”. Quanto è frequenta che si uccida il o la partner prima, durante o dopo un rapporto?
Qui non si parla di partner, ma eventualmente di un rapporto prostituta/cliente. Non è frequente che si uccida nell’ambito di un rapporto sessuale a meno che non ci si imbatta in una casistica particolare in cui vi è un’associazione, nella mente dell’assassino, tra il sesso e la morte, una problematica psichiatrica o non si tratti di giochi erotici che finiscono in tragedia.
Il paragone che viene subito in mente è Jack lo squartatore. Possiamo parlare anche in questo caso di serial killer o sono sì tre casi concatenati ma che non suggeriscono nessun seguito?
Non ho elementi sufficienti per poter fare un’operazione di “case linkage” ovvero di individuazione di similarità tali da far ipotizzare possa trattarsi di un assassino seriale. Mi spiego meglio, tra l’altro, se dovessimo ipotizzare che si tratta di un serial killer non dovremmo immaginare qualcuno alla “jack lo squartatore”, ma piuttosto un soggetto che secondo la letteratura potrebbe essere classificato come “spree killer”, cioè un “assassino compulsivo” che uccide più di due vittime, ma a distanza temporale ravvicinata, in assenza di quel periodo di raffreddamento emotivo che caratterizza invece il serial killer così come siamo abituati a rappresentarcelo anche nell’immaginario comune.
Le scene del delitto sono molto diverse tra loro e sembra che l’assassino abbia agito senza metodo. Questo cosa ci dice del soggetto?
Che l’assassino è un soggetto classificabile come “disorganizzato”. Bisogna capire se l’arma da punta e taglio utilizzata possa essere non solo la stessa per entrambi i delitti, ma prima ancora un’arma reperita “in loco” o meno, per comprendere se l’intento eventualmente fosse preordinato o legato magari ad eventi accaduti al momento e quindi classificabile come un delitto d’impeto.
Crede vi sia di mezzo qualche malattia o qualche trauma alla base dell'accaduto?
Non ho informazioni sufficienti per poter avanzare un’ipotesi in questo senso e non ritengo che bastino per tracciare un profilo così dettagliato quelle che sono reperibili attraverso i media. Avrei necessità di osservare le foto delle ferite e delle scene del crimine in prima persona.
Sembra sia stato fermato il presunto colpevole. L'informazione si è concentrata sulla serie di errori commessi, che suggerirebbero poca freddezza. Subito si è puntato sui precedenti per droga. Sono un elemento determinante o più spettacolarizzato dai media?
Non tanto i precedenti per droga, quanto la tossicodipendenza. Mi spiego meglio, un soggetto che abusa di sostanze o che magari si trova nel momento in cui agisce in una condizione di intossicazione da sostanze certamente è meno “lucido” e maggiormente cedevole agli impulsi. La poca freddezza, così come lei la definisce, potrebbe in questo senso essere interpretata alla luce di ciò. Ma ribadisco, è troppo presto per basare un ragionamento unicamente su questo dato. Molto più attendibile, al contrario, è quanto desumibile sia dai tabulati telefonici, sia dalle immagini delle telecamere.
C'è qualcosa della vicenda che l'ha colpita particolarmente, un dettaglio a cui non si sta dando attenzione?
Si, il fatto che un serial killer propriamente detto difficilmente sceglierebbe, benchè nell’ambito di una stessa categoria vittimologica, di commettere due omicidi diversi per numero delle vittime. Nel primo caso parliamo di due soggetti, due donne, una delle quali sarebbe perfino riuscita a scappare fino a giungere sul pianerottolo. Questo è un dato che a mio avviso merita una riflessione in relazione ad una domanda ben precisa. Chi ha ucciso si stava intrattenendo con entrambe le signore? Oppure non era a conoscenza del fatto che nell’appartamento vi fosse più di una donna? Lo scenario cambierebbe di molto in relazione alla risposta a questi quesiti, chiaramente ottenibile attraverso un’investigazione attenta.
Il presunto assassino ha un nome, Giandavide de Pau. Le sue prime dichiarazioni sono queste: «Ricordo di essere stato in quella casa di via Riboty con delle ragazze cinesi e di avere tamponato la ferita alla gola di una di loro ma poi ho un black out e non più nulla. Non ricordo di essere stato in via Durazzo, ho solo vagato per due giorni senza mangiare né dormire». In questo modo si dichiarerebbe colpevole solo di due dei tre omicidi, quelli delle ragazze cinesi. Crede che questo vuoto sia qualcosa di plausibile o sia piuttosto una scusa?
Sappiamo che il soggetto era già in cura psichiatrica. Questo sembrerebbe un dato oggettivo. Perció in assenza di un accertamento attuale di tipo psichiatrico non è possibile escludere un quadro di amnesia anterograda concomitante magari all’assunzione di sostanze. In un quadro simile, infatti, si potrebbe venire a innescare un qualcosa che già mi è capitato di osservare in un caso di omicidio, ovvero un soggetto che ha agito in uno stato di disinibizione comportamentale in un contesto di amnesia anterograda protratta in cui il controllo inibitorio era stato indebolito dall’abuso di benzodiazepine e alcol.